In Sardegna si respira ancora un’aria di attesa, riguardo all’autorizzazione da parte della Regione sarda agli ampliamenti abusivi e pericolosi dal punto di vista ambientale e idrogeologico, dell’industria di armamenti RWM.

Nonostante la costante pressione della società civile sarda, la presidente Alessandra Todde ha recentemente dichiarato, paradossalmente in un convegno contro il riarmo, che “ho un ruolo istituzionale e lo deve svolgere. Potrei strappare qualche applauso se dicessi no alla valutazione di impatto ambientale per la RWM. E il giorno dopo mi ritroverei i tribunali e gli uffici dello Stato che commissariano la Regione e ottengono lo stesso risultato a cui ora voi mi opponete”.

Sembra una dichiarazione preventiva, figlia di una decisione già presa, che contrasta pesantemente in un contesto, come quello proposto dall’ARCI a Cagliari, in cui si parlava di dialogo nel Mediterraneo.

Non si è fatta attendere la risposta dei comitati che si oppongono allo strapotere dell’industria bellica: in una nuova lettera aperta alla presidente Alessandra Todde, sottoscritta da numerose sigle e arricchita dalle firme di migliaia di cittadine e cittadini che continuano a far crescere questa petizione online ( reperibile cliccando su https://c.org/5M8cGyprqB ), si fa presente che la possibilità della nomina di un commissario governativo è stata prevista dal TAR solo in mancanza di una risposta da parte della giunta regionale, non in caso di una risposta, anche se questa dovesse essere negativa.

Si rende ancor più evidente la presenza di un conflitto più ampio nella società che non si identifica più nei partiti, da cui non si sente rappresentata e propone una sempre più necessaria democrazia dal basso, con una riforma radicale della consunta democrazia parlamentare.

Ci sono vari livelli in questo conflitto. Innanzitutto c’è la forte richiesta della società civile, dall’altra le istituzioni regionali, impastoiate nella burocrazia, nelle divisioni interne e nell’abitudine alla sudditanza rispetto allo stato centrale.

Poi c’è la posizione attuale contro il riarmo del Movimento Cinque Stelle, di cui fa parte la presidente, che sembra palesemente contradditoria rispetto ad un via libera agli abusi dei fabbricanti d’armi. Forse c’è un conflitto con il suo stesso elettorato.

Ma la questione principale è che se la RWM avrà l’autorizzazione produrrà immediatamente una maggiore produzione di strumenti di morte, quindi alimenterà le guerre in giro per il pianeta, a cominciare da quella che sta portando al genocidio del popolo palestinese. La casa madre Rheinmetal sembra avere ottimi rapporti con le aziende israeliane, tanto da aver portato la RWM a stringere un accordo commerciale per la produzione di droni-killer con l’israeliana Uvision.

La governatrice Todde e gli altri rappresentanti della giunta dovranno pur considerare che si sta andando verso un’economia basata sugli armamenti e i sistemi di sorveglianza: un’economia di questo genere non può che fomentare le guerre già esistenti e portare ad allargarle, in uno scontro globale. La produzione della RWM, se allargata ai nuovi impianti, produrrà più armi, più distruzione, più morti sullo scenario globale. Morti soprattutto civili, come accade sempre di più nel mondo. C’è una precisa responsabilità ed ogni decisione comporta degli effetti.

Di questo dovrebbe tenere conto chi rappresenta, per mandato del popolo, la Sardegna. Perché nell’odierno scacchiere internazionale diventa una firma pro o contro il riarmo, una firma pro o contro la guerra.