Ancora una volta i pacifisti e le pacifiste di Genova allestiranno il “presepe sulle macerie”.

Lo faranno sui gradini del palazzo Ducale (piazza De Ferrari – Genova) mercoledì 24 dicembre, nel corso della 1230ª Ora in silenzio per la pace, dalle 18 alle 19.

Il bambino Gesù sarà raffigurato in mezzo alle case, strade e strutture che possono essere sia di Gaza, sia della Palestina Cisgiordana, sia di tutti i luoghi del mondo insanguinati dalle oltre 50 guerre in corso. E le cui vittime sono in prevalenza civili.

Se osservassimo un minuto di silenzio per ciascuno dei 70˙000 assassinati a Gaza dovremmo restare in silenzio per più di 70˙000 minuti. Più di 1˙166 ore, oltre un mese e mezzo. Ma non ci risulta che durante nessun evento pubblico culturale o sportivo sia mai stato osservato il silenzio per i Palestinesi assassinati a Gaza e nella Palestina Cisgiordana da Israele. Né per le migliaia di vittime delle guerre “dimenticate” dai media, ma che produttori e commercianti di armi ricordano benissimo

I nostri governanti usano il presepe come pretesto blasfemo: nessuna persona ragionevole atea, agnostica o di qualsiasi religione potrebbe sentirsi offesa dalla rappresentazione della nascita di Gesù  (ebreo, palestinese, provvisoriamente senzatetto, figlio di madre nubile, futuro rivoluzionario, futura vittima di repressione statale e di “ragion di stato”)

Così il “presepe sulle macerie” che esporremo rappresenterà  tutti i bambini, tutte le bambine e tutte le vittime di guerra del mondo, senza alcuna distinzione. E anche la nostra ferma condanna della produzione ed al commercio di armamenti. Mentre bambini e bambine di ogni colore vengono uccisi e soffrono la fame ed il freddo i profitti delle industrie belliche ed i compensi dei loro dirigenti si impennano.

Norma Bertullacelli

pacifista praticante la settimanale ORA IN SILENZIO CONTRO LA GUERRA (PER LA PACE)

1230ª Ora in silenzio per la pace – Da tre anni in preparazione del Natale allestiamo in piazza questo presepe in cui il bambino Gesù non è nella capanna o nella grotta, come nella tradizionale raffigurazione, ma in mezzo alle macerie. Che possono essere sia di Gaza che della Palestina Cisgiordana, che di tutti i luoghi del mondo insanguinate dalle ltre 50 guerre in corso. E le cui vittime sono in prevalenza civili.

Abbiamo fatto questo nel primo anno in cui a Betleem, per la prima volta nella storia, nella Basilica della Natività non veniva celebrata la Messa del Natale. Oggi, nel momento in cui il genocidio accelerato a Gaza e nella Palestina Cisgiordana dall’8 ottobre 2023, che in realtà è incominciato nel 1948, ha esteso la portata fino ad assumere quella di una vera e propria ristrutturazione mediorientale, ci troviamo ancora una volta a fare un percorso laico di avvicinamento al Natale, un po’ come avviene nelle chiese cattoliche. Un percorso di coscienza in cui ci troviamo nelle condizioni di rovesciare la tradizione dei presepi viventi inaugurata nel Medioevo da frate Francesco. Un percorso di coscienza incominciato con questa simbolica invasione della piazza immersa nell’ubriacatura consumista del periodo natalizio. Mentre il mercato diventa sempre più una religione e sono ormai più di 20mila i bambini assassinati a Gaza, vogliamo ricordare la nascita del Bambino ambientandola fra le macerie di Gaza distrutte dall’esercito israeliano occupante e dei villaggi devastati dai coloni proprio nella zona in cui nacque 2025 anni fa.
Abbiamo deciso di dedicare ogni mercoledì senza eccezioni a ricordare che il nostro paese e soprattutto il mondo in cui viviamo è in guerra e che la pace è progressivamente sparita dagli obiettivi dei capi di stato di quello che chiamiamo Occidente.
Quando abbiamo incominciato erano in pochi a pensare che la guerra si stava progressivamente avvicinando a noi. Non eravamo consapevoli che avrebbe cambiato le nostre vite e i destini. Oggi sappiamo che le nuove generazioni sono condannate a un futuro di guerra, mentre gli sprechi e le sfavillanti illuminazioni accompagnano assurdamente la celebrazione della nascita di un bambino nato nella quasi totale indigenza.