In Italia tra il 2011 e il 2024 sono emigrati 630mila giovani (18-34enni), il 49% dalle regioni del Nord e il 35% dal Mezzogiorno. Il saldo al netto degli immigrati è pari a -441mila. Nel 2024 i giovani che hanno lasciato il Paese sono stati 78mila. Il saldo al netto degli immigrati è pari a -61mila. Nel 2024 il numero degli expat è il 24% del numero delle nascite. Complessivamente, i giovani andati all’estero nel 2011-24 corrispondono al 7% dei giovani residenti in Italia nel 2024. Sono alcuni dei dati del primo Rapporto CNEL 2025 “L’attrattività dell’Italia per i giovani dei Paesi avanzati”.
La quota femminile dei giovani emigrati nel 2024 è il 48,1%, in aumento rispetto al 46,6% medio dell’intero periodo. I valori più alti della quota femminile si hanno nel Nord-Est con il 50,5%, cui segue il Nord-Ovest e il Centro con il 49,3% e il Mezzogiorno con il 44,9%. Tra le regioni e province autonome svettano Alto Adige (52,5%), Trentino (51,5%) e Marche (51%), con Veneto, Emilia-Romagna e Toscana sopra il 50% e Lombardia poco sotto. In fondo Campania (43,2%), Puglia (43,5%) e Sicilia (44,5%).
Ammonta a 159,5 miliardi di euro il valore del capitale umano uscito dal nostro Paese nel 2011-24, stimato sul saldo migratorio e come costo sostenuto dalle famiglie e, per la sola istruzione, dal settore pubblico, per crescere ed educare i giovani italiani emigrati. 77 miliardi per il Nord e 58 per il Mezzogiorno. Le tre regioni con il valore maggiore sono Lombardia (28,4 miliardi), Sicilia (16,7) e Veneto (14,8).
In termini di PIL il valore del capitale umano uscito nel 2011-24 è pari al 7,5%. Così misurata l’uscita più grande è quella dell’Alto Adige (17% del PIL), seguito da Calabria (16,6%) e Sicilia (15,1%). Quella più piccola è del Piemonte (2,3%), con a ruota Emilia-Romagna e Lazio (4,8%). Il peso medio annuo nel triennio 2022-24 è invece pari allo 0,8% del PIL. L’aumento del numero e del grado di istruzione dei giovani emigrati italiani ha incrementato a 16 miliardi il valore dell’uscita annua in tale periodo. In quota del PIL i picchi sono in Alto Adige (1,7%), Calabria (1,6%) e Molise (1,5%) e i minimi per Lazio (0,45%), Emilia-Romagna (0,54%) e Toscana (0,6%).
E se 9 italiani sono in uscita, lo straniero in entrata è solo 1. Nel 2011-24 si registrano 55mila arrivi in Italia di giovani cittadini delle prime dieci nazioni avanzate verso cui vanno i giovani italiani, cioè in ordine alfabetico: Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svizzera e USA. Nello stesso periodo in quegli stessi Paesi sono andati 486mila giovani italiani.
L’Indice Sintetico dei Flussi Migratori (ISFM) dell’Italia per i giovani è pari a 9. L’ISFM misura l’attrattività di un Paese o territorio ed è dato dal rapporto tra le sue uscite verso le principali nazioni avanzate e gli arrivi da quelle medesime nazioni. Più basso è l’ISFM e maggiore è l’attrattività, perché arriva un numero di giovani stranieri più vicino a quello dei giovani italiani che emigrano. Le regioni meridionali mostrano un alto ISFM e quindi una bassa attrattività. Valori elevati nel Settentrione si registrano per il Friuli-Venezia Giulia e il Veneto.
Prima destinazione dei giovani italiani emigrati è il Regno Unito, con una quota pari al 26,5%. La seconda è la Germania, con il 21,2% e a seguire Svizzera (13,0%), Francia (10,9%) e Spagna (8,2%). Le percentuali variano molto tra le diverse regioni italiane. Quasi la metà degli altoatesini vanno in Austria e oltre un quarto in Germania. Dal Meridione si parte soprattutto per la Germania (30,4%, con 39,1% dalla Sicilia) e il Regno Unito (24,5%), poi in Svizzera (12,6%). Il 20% è la percentuale di giovani europei e statunitensi che scelgono la Germania, il 16,9% opta per il Regno Unito, il 15,4% per la Spagna, il 15,1% per la Francia e il 14,7% per la Svizzera. L’Italia è scelta solo dall’1,9%, preceduta da Danimarca (3,2%) e Svezia (3,4%), che sono però molto più piccole per popolazione ed economia.
Il CNEL ha svolto anche tre sondaggi di opinione tra vari insiemi di giovani, con l’obiettivo di ascoltare la loro voce e, quindi, per cercare di comprenderne motivazioni, disagi, percezioni e aspirazioni. Il primo sondaggio è stato condotto tra i giovani in Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito riguardo al desiderio/spinta di andare all’estero (molto più elevata in Italia) e all’attrattività dell’Italia rispetto al proprio Paese (decisamente bassa ovunque, soprattutto tra i giovani tedeschi).
Il sondaggio conferma che i giovani italiani mettono sì al primo posto le migliori opportunità lavorative come motivazione per andare via, ma non molto sopra la maggiore efficienza dei sistemi pubblici, il riconoscimento dei diritti civili e la superiore qualità della vita, e per queste risposte sono simili agli spagnoli, tranne che per la percezione del rispetto dei diritti civili.
Il secondo sondaggio è stato svolto presso un sottoinsieme molto specifico, ma ugualmente interessante, di giovani italiani: quelli dei Collegi di Merito, ossia persone che per merito e condizioni economiche sono state aiutate negli studi universitari. Solo un terzo di esse vive in Italia, gli altri sono emigrati, confermando la maggiore propensione a emigrare tra chi ha ottenuto titoli di studio più elevati.
Tra le loro valutazioni e motivazioni spiccano la deficienza di meritocrazia in Italia, l’insoddisfazione per le esperienze lavorative italiane, la ricerca di opportunità di carriera migliori più che di superiore retribuzione, mentre chi ha deciso di restare o di tornare in Italia è stato guidato da motivi personali-affettivi.
Infine, la superiore attrattività del lavoro all’estero dipende certamente dalla remunerazione (meritocraticamente determinata), tuttavia molto contano la libertà di scegliere il metodo di lavoro, l’orario, le condizioni fisiche dei luoghi di lavoro, la relazione con il management, la governance dell’impresa e l’ascolto dei suggerimenti avanzati.
L’ultimo sondaggio è stato realizzato presso gli italiani che sono tornati in Italia. A loro sono stati chiesti, vista la fresca esperienza estera, suggerimenti di policy, che sono stati inclusi, assieme ad altre proposte, nelle conclusioni del Rapporto CNEL. Conclusioni che non sono un semplice tirare le fila delle analisi condotte nei vari capitoli, ma soprattutto indicano l’agenda del che fare, che è una sorta di tabella a doppia entrata, perché coinvolge nelle varie azioni tutti i soggetti che formano la classe dirigente del Paese: governi nazionale e locali, università, imprese, sindacati.
Qui il Rapporto: https://www.cnel.it/Portals/0/CNEL/Comunicazione/CnelRapportoGiovani.pdf?ver=2025-12-01-142759-597.










