Iniziando ad affrontare le cause della sconfitta del partito di governo alle elezioni presidenziali, l’ex-deputato di Acción Humanista Tomás Hirsch ha sottolineato che “i problemi che affliggevano o affliggono i cittadini non coincidevano con le risposte che abbiamo dato e che ha dato il governo”, anche se ha precisato che “questa sconfitta richiede un’analisi calma, approfondita e che tenga conto delle molteplici cause che possono spiegarla”. Ha sottolineato, in ogni caso, che “sarebbe estremamente ingiusto attribuire la sconfitta a qualche carenza, fallimento o debolezza della candidata, del comitato elettorale o della campagna”. E ha affermato che “a partire da marzo (quando si insedia Kast, N.d.R.) è fondamentale rimanere estremamente attivi, con capacità di organizzazione e mobilitazione”.
Dove collocheresti i fattori che hanno influito sulla sconfitta di Jeannette Jara?
Questa sconfitta richiede un’analisi calma e approfondita, che tenga conto delle molteplici cause che possono spiegarla. A prima vista, non c’è un aspetto specifico, ma un accumulo di fattori che, inoltre, si protraggono nel tempo.
Un aspetto è che non si è fermata l’avanzata dell’estrema destra?
Quello che è successo in Cile non è diverso da ciò che abbiamo visto a livello internazionale. Sono molti i Paesi, in particolare nella nostra regione, in cui si è verificata una svolta verso la destra e l’estrema destra. Inoltre, nella popolazione di diversi Paesi si tende a votare contro chi è al governo. Ciò denota una frustrazione, un disincanto, un divario tra le aspettative dei cittadini e ciò che i governi progressisti o di sinistra riescono a realizzare. Nel caso del Cile, senza dubbio c’è stato un disillusione da parte di una parte importante dei cittadini rispetto alle aspettative che avevano riposto nel governo di Gabriel Boric.
Si parla anche di non aver risposto alle richieste o alle sensibilità della gente.
Il fatto è che i problemi che affliggevano o affliggono i cittadini non coincidevano con le risposte che abbiamo dato noi e che ha dato il governo. Mi riferisco al fatto che i problemi più gravi dei cittadini erano legati alla sicurezza pubblica, alla criminalità organizzata e a questioni relative alla situazione economica personale e familiare, all’occupazione, ai salari e all’accesso alla sanità. Si tratta di aspetti che non erano stati presi in considerazione, almeno non con la priorità che i cittadini si aspettavano.
E per quanto riguarda la performance della candidata Jeannette Jara e del suo comitato elettorale?
Sarebbe estremamente ingiusto attribuire la sconfitta a qualche carenza, fallimento o debolezza della candidata, del comitato elettorale o della campagna. Credo che sia stata una campagna in cui la nostra candidata ha dato il massimo. Era una candidata che aveva molto da mostrare in termini di risposte, soluzioni e accordi che ha ottenuto come Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, su temi rilevanti per la gente. Escludo totalmente qualsiasi mancanza o debolezza della candidata e della campagna. Credo che quanto accaduto debba essere visto come una questione più strutturale.
Condividi quindi la tesi secondo cui l’estrema destra avanza perché il progressismo e la sinistra non rispondono alle richieste dei cittadini?
È importante che la sinistra e il progressismo facciano un’autocritica sul modo in cui hanno agito negli ultimi trent’anni, almeno. Perché la metto in questi termini? Perché quando si esamina la terza via della socialdemocrazia, con la quale in qualche modo si finisce per accettare e convalidare il modello neoliberista, cercando di ritoccarlo, umanizzarlo, renderlo un po’ più digeribile, già con questo in quel momento si perde una battaglia, si iniziano a dissolvere le proposte, i progetti, gli obiettivi che la sinistra ha storicamente proposto e che hanno a che fare con un cambiamento strutturale orientato a migliorare le condizioni di vita dei popoli. Già in quel momento si comincia a vedere come si accetta la diminuzione delle dimensioni dello Stato, la riduzione dei programmi sociali, l’avanzata dei processi di privatizzazione, e questo diventa parte del mondo progressista. Quello che stiamo vedendo è come, in definitiva, il grande capitale stia prendendo il controllo diretto del futuro dei Paesi, avanzando verso un para-Stato, con la minima espressione dello Stato. Si tratta quindi di una situazione molto ingannevole, perché lo Stato viene drasticamente ridotto, gli vengono tolte le risorse per rispondere alle esigenze dei cittadini, e questi ultimi iniziano a sentirsi angosciati per la mancanza di soluzioni, e allora avanza una destra che è responsabile della riduzione delle dimensioni dello Stato e fa un’offerta semplicistica e, bene, la gente, nell’angoscia, finisce per sostenerla.
Come vedi il quadro che si prospetta, pericoloso, di incertezza, simile a quello che sta vivendo Javier “il pazzo” Milei in Argentina?
Si prospetta un periodo complesso in cui sarà fondamentale approfondire i progressi in materia di diritti sociali e avanzare verso una maggiore democrazia, difendere i risultati raggiunti e lavorare in modo unitario per impedire passi indietro che potrebbero danneggiare le persone. A partire da marzo sarà fondamentale rimanere estremamente attivi, con la capacità di organizzarci e mobilitarci quando necessario, di far valere i diritti conquistati, di muovere tutte le forze politiche e sociali per impedire arretramenti che possano danneggiare i cittadini. In tutto questo è importante lavorare in modo unito, senza esclusioni di alcun tipo e, al contrario, coinvolgendo altri settori.
In questo senso, ritieni che si debba mantenere questa unità, coordinamento o addirittura coalizione dalla Democrazia Cristiana alla sinistra?
Possiamo lavorare in modo unitario se abbiamo obiettivi comuni. Questo non può essere una semplice formalità, non può essere una questione discorsiva. E devo dirti che mentre si parla di unità, vedo settori politici del nostro mondo, vedo persone del Partito Socialista, del Partito per la Democrazia che, ad esempio, stanno promuovendo una legislazione del sistema politico, dei partiti politici, che mette un lucchetto all’interno del sistema impedendo la creazione e lo sviluppo di nuovi partiti, cosa che mi sembra grave e tremendamente pericolosa per una vera democrazia. Del resto, significa dimenticare l’origine dei partiti, che nascono sempre piccoli, come una forza nuova, e poi riescono a incorporare più persone. Cercare di mettere un lucchetto al sistema politico, come promosso dal governo, è una cosa di enorme gravità e può impedire la costruzione di un progetto unitario del nostro mondo se c’è l’intenzione di esclusione da parte di alcuni.
In questi giorni si è parlato del fatto che, con l’arrivo di un governo di estrema destra, il movimento sociale è in allerta. In questo settore si dice che ciò sia minaccioso ma, al di là dei partiti politici, come vedi il ruolo del movimento sociale, della società civile, nel periodo che si aprirà?
Se si ripercorre la storia dell’umanità, dei Paesi, ci si rende conto che i cambiamenti rilevanti della società sono sempre stati il risultato dell’organizzazione sociale e della mobilitazione sociale. Lo si può vedere attraverso la storia, dalla fine della schiavitù al diritto di voto delle donne, alla giornata lavorativa di otto ore e a centinaia di progressi dell’umanità. In questo momento, più che mai, ritengo fondamentale la capacità di rafforzare l’organizzazione e la mobilitazione sociale, ogni volta che sia necessario. Se rimaniamo semplici osservatori passivi, assisteremo a un arretramento che causerà molto dolore e sofferenza, soprattutto alle persone che si trovano in condizioni di maggiore vulnerabilità. Abbiamo la responsabilità storica di saper lavorare insieme, saperci organizzare, saperci mobilitare e saper difendere i diritti dei lavoratori, delle donne, degli studenti, degli anziani, delle diversità sessuali, del mondo della cultura, soprattutto quando c’è il pericolo di un arretramento di tali diritti.
Traduzione dallo spagnolo di Stella Maris Dante. Revisione di Thomas Schmid.










