Introdotta in modo esplicito la definizione di “consenso libero e attuale” nel reato di violenza sessuale.
La Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità un emendamento bipartisan che modifica l’articolo 609-bis del Codice Penale introducendo in modo esplicito la definizione di “consenso libero e attuale” nel reato di violenza sessuale. Una convergenza politica così ampia, soprattutto in un momento di forte polarizzazione, è un fatto inedito e di grande rilevanza.
L’emendamento stabilisce che è violenza sessuale qualunque atto compiuto, fatto compiere o fatto subire senza il consenso libero e attuale della persona coinvolta. Si tratta di una riforma che recepisce standard internazionali e avvicina l’Italia al modello di numerosi Paesi europei che già definiscono la violenza sessuale partendo dall’assenza di consenso e non solo da forza, minaccia o coercizione fisica.
Questo cambiamento normativo rappresenta un punto di svolta:
per la prima volta, il nostro ordinamento mette al centro la volontà della persona, la sua autodeterminazione e la sua capacità di decidere del proprio corpo. È un segnale chiaro che la giustizia italiana riconosce che il fulcro di ogni relazione sessuale deve essere la libera partecipazione.
Che cosa intendiamo per “consenso libero e attuale”?
Nel linguaggio giuridico e in quello comune, il consenso non è qualcosa di implicito o presunto. Per essere considerato “libero e attuale” deve essere:
– espresso senza pressioni, manipolazioni o minacce;
– manifestato in quel momento, non dato per scontato;
– revocabile in qualsiasi istante.
In assenza di questi elementi non si parla più di atto consensuale, ma di violenza.
Questa chiarezza evita zone grigie, rafforza la tutela delle persone più vulnerabili e fornisce strumenti più adeguati al lavoro delle procure e dei tribunali. Per le associazioni, i centri antiviolenza e le giuriste che da anni chiedevano questo passaggio, si tratta di una conquista che valorizza il lavoro fatto sul campo a partire dalle esperienze delle sopravvissute.
Un traguardo per la giustizia e per il Paese
L’approvazione unanime ha un valore politico: mostra che, almeno su questo tema, è stato possibile superare gli schieramenti e riconoscere la centralità del corpo, del consenso e dell’autodeterminazione. È una legge che parla di dignità, di libertà e di responsabilità.
Questo emendamento non risolve tutto, ma corregge una lacuna storica del nostro ordinamento: l’idea che la violenza sessuale esista solo quando c’è forza fisica o quando la vittima resiste in modo evidente. Oggi, finalmente, la legge dice che non serve dimostrare di essersi “difese”; basta dimostrare che non c’era consenso.
È un cambiamento che potrà avere effetti profondi sulla giurisprudenza, sulla formazione delle forze dell’ordine, sulle indagini e sulla percezione sociale della violenza.
Le sfide che restano: oltre la legge, la cultura
Eppure, come sempre accade quando una legge avanza più rapidamente del contesto culturale, rimane una criticità: la trasformazione sociale non può dipendere solo da un articolo di codice. L’emendamento è uno strumento fondamentale, ma non può sostituire il lavoro quotidiano contro la normalizzazione della violenza e contro quelle narrazioni che minimizzano, ironizzano o confondono.
Serve che questa conquista politica sia accompagnata da un cambiamento più ampio: educazione nelle scuole, formazione professionale, comunicazione responsabile. Altrimenti continueremo a sentire battute su “contratti per provarci con una donna” o a vedere relazioni in cui il consenso è ancora percepito come un dettaglio, non come la condizione minima della libertà.
Conclusione
L’Italia ha compiuto un passo storico: riconoscere che senza consenso libero e attuale c’è violenza sessuale significa mettere al centro la volontà e la libertà delle persone.
Ma ogni legge vive solo se trova una società capace di sostenerla.
Per questo oggi celebriamo un traguardo importante, sapendo che il lavoro non finisce qui: perché la giustizia penale può punire la violenza, ma solo una comunità consapevole può prevenirla.










