Il Tribunale per i crimini internazionali del Bangladesh ha condannato a morte l’ex prima ministra Sheikh Hasina e l’ex ministro degli interni Asaduzzaman Khan Kamal per crimini contro l’umanità in relazione alla repressione delle proteste dell’estate del 2024, che causò oltre 1400 morti e migliaia di feriti.

Secondo Amnesty International, condannare a morte persone imputate di gravi violazioni dei diritti umani non è una forma di giustizia ma un’altra violazione dei diritti umani.

“Le vittime della repressione del 2024 meritavano assai di meglio: un processo scrupolosamente equo e imparziale, immune a ogni sospetto di pregiudizio, che non ricorresse a un’ulteriore violazione dei diritti umani come la pena di morte – ha commentato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International – Oltretutto il processo non è stato equo. È stato celebrato da un tribunale che da tempo denunciamo per la mancanza d’indipendenza e i procedimenti irregolari e Sheikh Hasina (in foto) è stata assistita da un avvocato nominato dal tribunale e il tempo concesso per preparare la difesa è stato palesemente inadeguato”.