San Benedetto del Tronto, 5 novembre 2025 — Novembre, negli Stati Uniti, è il Native American Heritage Month: uno spazio pubblico dedicato alla storia, alla letteratura e ai contributi dei Popoli Nativi. Per la prima volta dal 1990, nel 2025 la Casa Bianca non ha proclamato il Native American Heritage Month: un cambio di cornice che merita attenzione pubblica.
Questo comunicato è diffuso da Mauna Kea Edizioni, casa editrice indipendente con direzione editoriale di Raffaella Milandri, perché da anni lavoriamo su questi temi con un catalogo dedicato e un impegno costante a decolonizzare lo sguardo. In un anno in cui l’Heritage Month non è stato proclamato dalla Casa Bianca, chiediamo esplicitamente l’attenzione dei media italiani: non solo per dare voce al nostro lavoro, ma per aprire una conversazione pubblica sul silenziamento della letteratura nativa, sulla sua presenza nei nostri palinsesti e nelle nostre pagine culturali, e su come — anche qui, a casa — si possano costruire spazi di ascolto, racconto e relazione autentica con le comunità indigene.
Premessa — un cambio di cornice istituzionale
Per la prima volta dal 1990, nel 2025 la Casa Bianca non ha emesso una Presidential Proclamation per il Native American Heritage Month. Al suo posto, il 4 novembre 2025 è stato pubblicato un Presidential Message (una nota testuale nella sezione Briefings & Statements, non numerata e non inviata al Federal Register, a differenza delle proclamazioni formali).
Cosa contiene il Presidential Message
Il Presidential Message del 4 novembre 2025 si apre in modo cerimoniale: “In questo National Native American Heritage Month, celebriamo i contributi duraturi dei Nativi Americani alla grandezza della nostra Nazione”. Subito dopo richiama i principi fondativi — libertà, eguaglianza, rule of law — e li aggancia all’orizzonte di America 250, il percorso che porta al 250° dell’Indipendenza nel 2026.
Poi entra nel merito politico: rivendica l’impegno ad avanzare il pieno riconoscimento federale della Lumbee Tribe (richiamando il memorandum del 23 gennaio 2025 agli Interni) e spinge sull’idea di “educational freedom” per gli studenti nativi, ribadendo che abbiano diritto alle scuole del BIE (l’agenzia federale per l’istruzione nelle comunità native) e possano usare fondi pubblici per scegliere anche scuole private, religiose o ‘charter’ (pubbliche ma a gestione privata. La differenza chiave, però, è formale: non è una proclamazione. Non è un atto firmato e numerato, non finisce nel Federal Register; è un messaggio pubblicato sul sito della Casa Bianca. In altre parole, non “proclama” ufficialmente novembre, ma ne commenta il senso in termini politico-cerimoniali.
Il tutto arriva in un anno in cui la cornice istituzionale si è già ritratta: a fine gennaio la DIA ha messo in pausa le “special observances” interne. Tradotto: nel 2025 non c’è il proclama, c’è un messaggio che celebra in generale, sottolinea Lumbee e scuola, ma non ha il peso formale degli anni 1990–2024. Ed è esattamente qui che si inserisce il nostro invito: se l’istituzione arretra, alziamo noi il volume dal basso.
In questo contesto, Mauna Kea Edizioni ha voce in capitolo, contando in pochi anni circa 30 titoli dedicati alle culture indigene nordamericane, con autori come Lance Henson, Jim Yellowhawk, Francesco Spagna, Raffaella Milandri, e le prime edizioni italiane di Luther Standing Bear, Mourning Dove, Zitkala-Ša e altri fondamentali autori nativi americani pressoché sconosciuti in Italia e ignorati dai media. È da poco uscito il volume di Nativi Americani. Guida a miti, leggende e preghiere (Mauna Kea Edizioni), un volume rigoroso e accessibile che intreccia fonti accademiche e testimonianze orali, offrendo al lettore italiano una mappa chiara per decolonizzare lo sguardo su figure, canti, ritualità e linguaggi. Raffaella Milandri inoltre nella sua trasmissione “Nativi Americani ieri e oggi” su Radio Talpa trasmetterà venerdì 7 novembre una puntata speciale dedicata al Native American Heritage Month: un viaggio tra storia viva (dai Navajo Code Talkers a Ira Hayes), musica contemporanea indigena (da Frank Waln a Supaman fino a The Halluci Nation) e soprattutto pratiche concrete per celebrare — anche quando la cornice istituzionale si fa timida — “qui a casa”, sui media, nelle scuole, nelle biblioteche, nelle radio. “Se l’istituzione arretra, avanzano le relazioni”, dichiara Raffaella Milandri.
Il silenziamento mediatico: un tema editoriale necessario
Il nodo del silenziamento mediatico della cultura, storia e letteratura nativa è un canone ancora eurocentrico, con scarsa attenzione ai protocolli culturali e ai diritti dei Nativi.
“Noi celebriamo qui in Italia”: 5 gesti concreti
- Adotta una parola: sui media, una parola al giorno sui Nativi: il nome di un popolo o tribù, un saluto in lingua del territorio come Mitakuye Oyasin che in Lakota significa “Siamo tutti connessi/parenti”.
- La vetrina che orienta: in programmi di libri, in biblioteca e libreria, un percorso che intrecci storie orali, poesia contemporanea, trattati e graphic novel di autori nativi.
- Apri il microfono: radio e podcast con interventi brevi sui Nativi.
- Porta la storia sui giornali: racconta i trattati come accordi tra Nazioni; cita una poesia o un testo, ad esempio, di John Trudell.
- Sostieni il vivente: supporta progetti per le lingue indigene (corsi, “language nests”), archivi orali, editoria: condividi, dona, partecipa.
“Non servono palchi solenni: servono ascolto, relazione e scelte quotidiane.”
National American Indian Heritage Month: storia, significato e il caso 2025
Che cos’è
Il National American Indian Heritage Month (spesso chiamato Native American Heritage Month) è l’osservanza nazionale con cui, ogni novembre, negli Stati Uniti si riconoscono storia, culture, lingue e contributi dei popoli nativi d’America e dell’Alaska. Come mese nazionale nasce nel 1990, quando il Congresso approva una risoluzione congiunta e il presidente George H. W. Bush proclama per la prima volta novembre come “National American Indian Heritage Month”.
Radici storiche (1916–1975)
Le origini sono più antiche del 1990. New York, nel 1916, fu il primo Stato a istituire un’“American Indian Day” (secondo sabato di maggio), mentre altri Stati seguirono negli anni successivi con proprie date. Queste iniziative derivavano da campagne avviate nel primo Novecento da leader nativi come Arthur C. Parker (Seneca) e Red Fox James (Blackfeet).
Dalla settimana al mese (1976–1990)
Durante il bicentenario USA, il Congresso autorizza il Presidente Ford a proclamare la “Native American Awareness Week” (10–16 ottobre 1976). La cornice settimanale diventa più ricorrente negli anni Ottanta e, con la Pub. L. 99-471 (1986), il Congresso chiede formalmente di designare la settimana 23–30 novembre 1986 come “American Indian Week” (la Casa Bianca di Ronald Reagan emette la proclamazione). Il passaggio definitivo arriva nel 1990, quando H.J. Res. 577 / Pub. L. 101-343 designa il mese di novembre; il 14 novembre 1990 Bush firma la Proclamation 6230 che inaugura l’osservanza mensile.
Dopo il 1990: denominazioni e una “giornata” nazionale
Dagli anni Novanta in poi, la proclamazione presidenziale è divenuta annuale, con varianti nel nome ufficiale (“National American Indian Heritage Month”, “Native American Heritage Month”, talvolta “American Indian and Alaska Native”). Nel 2009, il Congresso istituisce anche una giornata nazionale: la “Native American Heritage Day” (il venerdì dopo il Thanksgiving), con la Pub. L. 111-33.
Cosa si celebra (e perché importa)
Il mese è occasione per:
- programmi educativi su sovranità, trattati, lingue e patrimoni culturali;
- restituzioni storiche su contributi spesso rimossi (es. code talkers navajo e di altre Nazioni, intellettuali e artisti nativi);
- iniziative di collaborazione tra enti federali, Stati e governi tribali.
A livello federale, il Department of the Interior/BIA coordina risorse e materiali divulgativi, mentre Stati, contee e città emettono proprie proclamazioni e attività.
Il 2025: assenza della proclamazione federale, ma proclamazioni statali attive
Nel 2025 non è stata pubblicata una proclamazione presidenziale per il Native American Heritage Month 2025 bensì il Presidential Message di cui abbiamo parlato prima; testate specializzate hanno evidenziato l’assenza del proclama di quest’anno, mentre il Presidente ha emesso altri proclami (ad es. Columbus Day 2025). In parallelo, diversi governatori hanno comunque proclamato novembre 2025 come mese del patrimonio nativo (es. Michigan).
Cornice politico-istituzionale
Nel 2025 il tema è divenuto più sensibile anche perché un memorandum della Defense Intelligence Agency (28 gennaio 2025) ha sospeso undici ricorrenze (tra cui il National American Indian Heritage Month), e successiva guidance del Pentagono ha limitato l’uso di risorse ufficiali per i cosiddetti “identity months”. Si tratta di direttive interne al DoD, Department of Defense (non leggi nazionali), ma con impatto simbolico e pratico nelle Forze Armate: le strutture militari non possono utilizzare risorse ufficiali — cioè tempo di servizio, fondi, materiali, canali comunicativi — per i “cultural/identity months”, i mesi identitari. Ricordiamo anche che a fine febbraio 2025 è partita una sorta di “digital content refresh”: una pulizia dei siti e dei social ufficiali per archiviare o rimuovere contenuti considerati DEI — Diversity, Equity, Inclusion, cioè iniziative pensate per valorizzare diversità, equità e inclusione.
Fonti chiave
- U.S. Senate – Art & History: timeline storica dell’osservanza. (senate.gov)
- Congress.gov: Pub. L. 99-471 (1986); Pub. L. 111-33 (2009). (Congress.gov)
- The American Presidency Project: Proclamation 6230 (1990); Proclamation 10853 (2024). (presidency.ucsb.edu)
- BIA / DOI: pagina istituzionale NNAHM con cronologia e risorse. (bia.gov)
- Esempio 2025: Proclamazione del Michigan (1 novembre 2025). (michigan.gov)
Comunicato stampa di Mauna Kea Edizioni – Gruppo Editoriale Mauna
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