Anche a Varese, come in altre città d’Italia non si crede nella Pace proclamata da Trump tra Israele e i palestinesi.
Il Collettivo da Varese a Gaza (https://www.instagram.com/da_varese_a_gaza/) ha organizzato per venerdì 31 ottobre un presidio per mantenere alta l’attenzione su quello che sta ancora accadendo.
Da quando è stata siglata la tregua a Sharm El Sheik, in realtà Israele ha violato più volte gli accordi e ad oggi sono state uccise più di duecento persone, tra cui donne e bambini. La prevista consegna di viveri e medicinali è bloccata ai valichi, la raccolta delle olive in Cisgiordania è impedita dai coloni israeliani. Molti prigionieri palestinesi rilasciati, sono stati deportati in Egitto, senza poter fare ritorno alle loro case.
Taqua, la cui famiglia e gli amici sono ora a Gaza, ha testimoniato che si parla della tregua come una parola vuota, dato che viene vista come una pausa fragile destinata a spezzarsi perché il cibo entra a singhiozzo e con il contagocce e ci sono centinaia di migliaia di persone che non sanno dove andare perché è tutto distrutto.
Come sottolinea Michela, una degli organizzatori del Collettivo, questa non è pace, ma una menzogna. Fino a quando i palestinesi non saranno coinvolti direttamente, non si tratterà di pace, ma di colonialismo, di spartizione delle terre e degli affari per la ricostruzione tra i governi USA, Israele e i Paesi Arabi limitrofi.
In piazza non c’era tantissima gente, ma questo non ha scoraggiato gli organizzatori della serata che hanno rivolto a tutti l’invito a partecipare al presidio con corteo che si terrà sabato 8 novembre a Varese cercando di diffondere la voce e coinvolgere più gente possibile.
Davanti al monumento del Garibaldino non c’erano solo le streghe di Halloween, ma anche quelle streghe, donne comuni con cappelli appuntiti, che hanno portato la loro vicinanza a Francesca Albanese, che è stata apostrofata dal delegato di Israele all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, Danny Danon, membro del partito Likud, come una “Strega fallita”.
Letizia ha spiegato cosa succede quando una donna come Francesca Albanese viene chiamata strega: semplicemente si cerca di delegittimarne l’operato in quanto donna coraggiosa, determinata e che, nonostante le sanzioni personali che stanno condizionando pesantemente la sua vita, continua a dire quello che ha documentato, usando il linguaggio del Diritto per chiedere conto ai colpevoli di quello che stanno facendo.
La risposta di Albanese è stata pronta e concreta: “Se allora la cosa peggiore di cui mi può accusare è la stregoneria, la accetto. Ma stia certo che, se avessi il potere di fare incantesimi, non lo userei per vendetta. Lo userei per fermare i vostri crimini una volta per tutte e per assicurarmi che i responsabili finiscano dietro le sbarre”. Anche a Varese non fanno paura le streghe, ma chi le mette al rogo, come purtroppo è già accaduto nella Storia.
Durante la serata è intervenuto Nicola, che ha parlato di come in Italia ci siano circa 120 insediamenti militari USA sparsi per tutto il territorio nazionale e circa 12’000 soldati americani, così come previsto negli anni successivi al termine della Seconda Guerra Mondiale per dare un posizionamento strategico agli USA nel bacino del Mediterraneo.
Dall’ultimo rapporto dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), l’istituto internazionale indipendente dedicato alla ricerca su conflitti, armamenti pesanti e disarmo, l’Italia è passata dalla decima alla sesta posizione nella classifica dei paesi esportatori di armi, con un aumento del 138% nel quinquennio 2020-2024, rispetto a quello del 2015-2019 e l’esportazione ha riguardato principalmente il Medioriente. E nella manovra di Bilancio che il Governo Meloni sta preparando si stanno incrementando ulteriormente i fondi per le spese militari.
Per chi si chiede se le proteste servano a qualcosa, Michelangelo e Manuela hanno sottolineato come le proteste dei mesi scorsi hanno dato uno scossone alle fondamenta dei governi occidentali che si sono accorti che il consenso inizia a sgretolarsi.
Non è un caso che dopo le tante manifestazioni nel mondo, etichettate dai governi come inutili, faziose, e criticate sulla stampa mainstream, dagli USA si sia resa necessaria un’azione per ripristinare lo status quo, quel torpore della gente, quell’indifferenza che serve a silenziare le proteste, con la farsa di un accordo di Pace. Se viene attaccato il diritto a manifestare e gli attivisti che protestano vengono arrestati o silenziati, vuol dire che la protesta sta funzionando. Ed è per questo che si deve continuare a scendere in piazza per non essere complici.
Durante la serata sono stati dati anche suggerimenti per azioni concrete che ognuno di noi può fare quotidianamente con costanza e non solo durante le emergenze. Ghassan ha proposto di dare potere al proprio portafoglio, con il boicottaggio di prodotti di aziende che fanno affari con Israele e di supermercati, aiutandoci anche con l’applicazione “No Thanks!” e seguendo il movimento BDS.
Un altro atto concreto può essere la scelta consapevole della propria banca, scegliendo istituti che non finanziano l’economia di guerra, come può essere “Banca Etica” ma anche società energetiche etiche per l’energia che consumiamo. Si può essere concreti sostenitori del popolo palestinese anche informandosi, diffondendo informazioni reali, protestando, firmando petizioni, donando e sostenendo, insomma partecipando. È stato ricordato anche che a Varese sono attualmente presenti studenti e famiglie gazawi che hanno necessità di supporto materiale, legale, per la lingua, vicinanza emotiva. Si può informarsi presso le associazioni di Varese per sostenerle e portare il proprio contributo.
Un’altra testimonianza che è stata portata in piazza è stata quella di Marco che è docente presso un istituto tecnico di Gallarate e ha parlato di come recentemente le disposizioni interne negli istituti scolastici siano quelle di non parlare di Palestina, perché non è opportuno portare la politica nelle scuole, poiché ci vuole neutralità, ma la neutralità davanti ad un genocidio è complicità. La scuola dovrebbe formare esseri pensanti e una scuola che censura educa all’obbedienza e non alla libertà. L’invito di Marco è di costruire una scuola viva, ribelle e che non ha paura!
Oltre al Collettivo da Varese a Gaza ieri sera erano presenti anche rappresentanti del Comitato Varesino per la Palestina che hanno ricordato che il 2 novembre sarà l’ultima domenica di ritrovo per il “Rumore in piazza” alle 20:00 in Piazza Montegrappa e che, dall’ 8 novembre, il rumore verrà spostato al sabato sera dalle 18:00 alle 20:00 in Piazza Podestà.
L’invito è a resistere e continuare a partecipare per cui l’appuntamento è per sabato 8 novembre alle 15:00 a Varese e per restare informati seguire le pagine Instagram e Facebook del Collettivo “Da Varese a Gaza”.











