1. Sono tempi di censura sistematica delle notizie riguardanti naufragi di migranti nel Mediterraneo, frutto delle politiche di esternalizzazione delle frontiere e della sistematica omissione di soccorso delle guardie costiere dei paesi europei più vicini alle coste libiche e tunisine. Sono state nascoste all’opinione pubblica italiana, peraltro ormai assuefatta alle ricorrenti stragi sulle rotte migratorie dal nord-africa, le ultime vittime sulla rotta libica occidentalee sulla rotta greca, dalla Cirenaica verso l’isola di Gavdos, a sud di Creta, morti e dispersi che affogano ormai anche nell’indifferenza generale.In una zona nella quale operano anche untà navali ed assetti aerei di Frontex ma che sembra sempre più distante dall’Europa e dalle sue leggi, che impongono il soccorso in mare, e la salvaguardia della vita umana, con priorità rispetto alle esigenze di bloccare l’immigrazione “illegale”.
I governi e Frontex, direttamente responsabili delle politiche di contrasto che si traducono in abbandono in mare, se non in intercettazioni violente delegate alle Guardie costiere libiche e tunisina, sembrano coperti da un velo di omertà e di totale impunità. In Italia non si è riusciti neppure a sanzionare i responsabili della Strage dei bambini dell’11 ottobre 2013, dopo dodici anni di processi sul caso di nave Libra, della nostra marina militare, intervenuta con ritardo, nell’inerzia delle autorità maltesi, dopo ripetuti appelli di soccorso.
In Grecia, secondo quanto si apprende dalla BBC, sembra ad una svolta il processo per il naufragio dell’Adriana, la strage di Pylos, che nel 2023 costò la vita di centinaia di persone, uno dei naufragi più gravi verificatisi nel Mediterraneo, nel quale aveva giocato un ruolo determinante anche FRONTEX, l’Agenzia dell’Unione europea per il controllo delle frontiere esterne, uscita indenne da una indagine condotta dal Mediatore europeo, e conclusa lo scorso anno senza alcuna condanna.
Il 14 giugno 2023, l’Adriana, un’imbarcazione in partenza dalla Libia diretta in Italia con centinaia di migranti a bordo, affondava all’interno della zona di ricerca e soccorso (SAR) greca nel Mar Mediterraneo. Quando ormai era molto vicina alla zona SAR italiana. Secondo quanto rilevato dal Forensic Architecture, sembrerebbe che “la Guardia costiera greca (HCG) abbia compiuto una serie di tentativi per distorcere e manipolare le prove relative all’incidente e mettere a tacere le testimonianze”. Alle imbarcazioni commerciali vicine, inizialmente chiamate dall’HCG per fornire assistenza, è stato successivamente ordinato di allontanarsi dopo l’arrivo di una motovedetta greca sulla scena. Allo stesso modo, le ripetute offerte di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, sono state ignorate e nessuna delle numerose telecamere a bordo della motovedetta greca, né il suo sistema di tracciamento AIS, sono stati attivati quella notte come richiesto. Secondo quanto riferito dai sopravvissuti, “quando il motore della loro imbarcazione si è spento, l’imbarcazione dell’HCG si è avvicinata, toccando la prua con la poppa. Un uomo mascherato è salito sulla loro imbarcazione e ha legato una cima alla ringhiera, in posizione decentrata, sulla destra. Hanno poi tentato di trainare l’imbarcazione dei migranti due volte. Entrambi i tentativi sono durati, secondo i migranti intervistati, tra pochi secondi e qualche minuto. La prima volta, la cima si è spezzata. La seconda volta, usando la stessa cima, l’HCG si è allontanata ancora più velocemente, facendo oscillare l’imbarcazione dei migranti verso destra, poi verso sinistra, poi di nuovo verso destra, per poi capovolgersi infine a destra (dritta)”.
2. Anche nel caso dell’ultimo naufragioverificatosi pochi giorni fa a sud di Creta, alcuni testimoni racontanoche l’imbarcazione si è capovolta durante le operazioni di soccorso, attivate anche in questo caso con un ritardo ingiustificato. Le persone che hanno perso la vita nell’affondamento dell’imbarcazione avrebbero potuto raggiungere in sicurezza il porto a Creta se i soccorsi fossero stati inviati in tempo e se si fossero svolti con modalità diverse.
Secondo quanto riporta adesso la BBC, per la strage di Pylos, quattro alti funzionari della guardia costiera greca, tra cui l’attuale comandante, dovranno affrontare un procedimento penale per omicidio colposo in relazione al disastro del 2023, in cui si ritiene siano annegate circa 650 persone. Rispetto alla prime richieste della procura l’indagine si è già ristretta. Tra le accuse proposte dalla corte d’appello figurano omicidio colposo per negligenza in acque internazionali ma all’interno della zona di soccorso della Grecia, negligenza rispetto all’obbligo legale di soccorrere persone che ha causato la morte e ripetuta esposizione per omissione di altre persone al pericolo.
Il problema che si ripresenta ad ogni naufragio, oltre alla cronica inadempienza delle autorità marittime, ed in particolare di quelle maltesi, che neppure hanno sottoscritto gli ultimi emendamenti alle Convenzioni SAR e SOLAS, è però costituito dal fatto che, se si tratta di imbarcazioni destinate al trasporto di migranti, gli Stati costieri negano fino all’ultimo che ricorra una situazione di “pericolo grave” (distress). Ed anche nei rapporti tra Stati affrontano il caso come se si trattasse di un “evento migrantorio illegale” (law enforcement) e non di un caso di ricerca e salvataggio (SAR), che le autorità statali rifiutano di dichiarare.
3. Come osservava ECRE, “a un mese dal naufragio di Pylos il governo devia, i media indagano e Frontex contempla”. Anche da parte del governo italiano, il silenzio più totale, allora come oggi. Se non ci fossero in diverse parti del mondo igiornalisti di inchiesta, che non si rassegnano al silenzio imposto dai governi, di questa ennesima strage non se ne parlerebbe più, come delle altre che si continuano a verificare nel Mediterraneo centrale.
Anche in questo caso si è verificato l’ennesimo rimpallo delle resposabilità tra Frontex e gli Stati costieri. Secondo quanto dichiarato dalla parlamentare tedesca Clara Bünger, “all’avvistamento di una barca così sovraffollata, Frontex avrebbe dovuto emettere immediatamente un segnale di soccorso mayday; ancor di più se Frontex sapesse che già martedì mattina (13 giugno) a bordo c’erano due bambini morti».
Frontex opera tuttavia sotto il coordinamento delle autorità nazionali, e dei centri interforze istituiti presso i ministeri dell’interno, ed il Diritto internazionale del mare impone a qualunque Stato sia avvertito di una situazione di pericolo in mare un intervento immediato, anche al di fuori della zona SAR di propria competenza, almeno fino a quando il caso non venga preso in carico da autorità competenti che possano garantire un porto sicuro di sbarco. E tra le autorità nazionali responsabili di zone di ricerca e salvataggio (SAR) confinanti, esiste un preciso dovere di coordinamento, finalizzato non certo ad attività illegali di respingimento collettivo, ma alla salvaguardia della vita umana in mare. Dovere di coordinamento e di assistenza che vale anche per le autorità italiane avvertite degli eventi di soccorso in acque internazionali.
4. In una dichiarazione congiunta, l’Agenzia per i rifugiati UNHCR e l’Agenzia per le migrazioni OIM, hanno affermato che il dovere di soccorrere senza indugio le persone in pericolo in mare è una regola “fondamentale” del diritto marittimo internazionale, aggiungendo che l’attuale approccio alle traversate del Mar Mediterraneo – una delle rotte migratorie più pericolose e mortali del mondo – e’ “impraticabile”.
Le indagini in Grecia sono state molto sollecite nella individuazione di presunti scafisti, ma da parte del governo non sembra che ci sia alcuna intenzione di sanzionare le responsabilità di quelle autorità marittime che, con tutta probabilità, hanno causato il ribaltamento del peschereccio Adriana, in difficoltà da ore, con un maldestro tentativo di rimorchio verso le acque rientranti nella zona SAR maltese, dove come in numerose altre occasioni, si potevano attendere i soccorsi coordinati dall’Italia. Del resto ormai la Guardia costiera greca opera abitualmente respingimenti collettivi con traino dei barconi da allontanare dalle acque di competenza greca, e non esita a sparare davanti alle imbarcazioni cariche di migranti.
Se sembrano sempre più evidenti, almeno dalle indagini internazionali, le responsabilità della Guardia costiera greca, e del governo che poche settimane dopo la strage è uscito vincitore dalle elezioni politiche, non si può trascurare il ruolo delle autorità italiane, per l’intera giornata del 13 giugno, che, una volta trasmesso ai greci l’allarme, non hanno neppure tentato di collaborare nelle attività di ricerca e salvataggio dell’Adriana in evidente situazione di grave pericolo (distress) sin dal momento del primo avvistamento ben quindici ore prima del ribaltamento avvenuto attorno alle 23 del 13 giugno. Quindici ore in cui gli Stati responsabili delle zone SAR nel mare Ionio più vicine a quella greca (Italia e Malta), nella quale si è verificato il naufragio, avrebbero potuto inviare mezzi di soccorso, anche in considerazione dell’elevatissimo numero di persone imbarcate a bordo dell’Adriana, che certo non potevano essere salvate con un trasbordo su una singola motovedetta. Una operazione di soccorso che per la zona nella quale si doveva svolgere, e per il numero delle persone in pericolo, non poteva che richiedere la partecipazione di autorità marittime di diversi Stati. Le immagini diffuse di recente dal Guardian dimostrano quali fossero le condizioni di instabilità dell’Adriana già ore prima del suo ribaltamento.
Non basta dunque guardare esclusivamente alle responsabilità delle autorità greche. Come ha denunciato AlarmPhone, “se nessun paese si assume il comando del salvataggio, la responsabilità resta di tutti. “Il dovere di salvare permane”. Di certo il procedimento penale che si svolgerà in Grecia a carico dei quattro esponenti della Giardia costiera (HCG) non potrà accertare responsabilità di altri enti nazionali, o di Frontex.










