Antonio Minaldi ha concluso a Firenze il suo giro di presentazioni dei suoi libri. Qui allo Spazio Tutto e Uno ha dialogato con Gloria Germani e Giuliana Mieli sul suo ultimo libro Gandhi ad Auschwitz, elogio della nonviolenza (e sue problematiche) recentemente uscito con Multimage.

Minaldi ha precisato subito che non si tratta di un testo su Gandhi ma piuttosto di quattro saggi scritti in momenti diversi che vogliono testimoniare il suo percorso biografico che lo ha portato da posizioni vicine alla lotta armata negli anni ’70 fino alla scelta etica della nonviolenza.

Il problema del movimento rivoluzionario classico (marxista-leninista) era quello della presa del potere – ha continuato Minaldi nella sua esposizione – : prendendo il potere si poteva poi occuparsi di costruire l’uomo nuovo. Questo modello entra in crisi negli anni ’70, soprattutto grazie al movimento femminista, quando la questione si sposta sull’idea di liberazione: i gruppi di autocoscienza, la contestazione delle gerarchie maschiliste, la nonviolenza come principio etico. L’essere umano deve liberarsi individualmente e collettivamente per produrre una vera rivoluzione

A partire da queste stimolazioni dell’Autore si è sviluppato un dibattito molto interessante tra i relatori e il pubblico sull’efficacia della nonviolenza, la visione dell’Essere Umano, la crisi attuale, la contrapposizione tra la visione orientale collettiva e quella occidentale individualista.