C’era un cielo pieno di stelle nelle prime ore del 31 ottobre di vent’anni fa, quando salimmo al Seghino, la frazione più alta di Mompantero, sulla via del Rocciamelone, il luogo scelto per l’inizio dei sondaggi geognostici funzionali al TAV.

Si aspettava l’arrivo della trivella, decisi ad impedire quello che sarebbe stato il primo, concreto atto di guerra contro il territorio.

Non eravamo in molti, una ventina di persone. Avevamo scelto di anticipare i tempi rispetto all’appuntamento dato dai sindaci, per le sette del mattino, giù in basso all’entrata del paese: immaginavamo che la trivella non sarebbe arrivata da sola, ma protetta dalle truppe della repressione e sapevamo che le operazioni repressive avvengono all’alba, quando le strade sono deserte e le case ancora immerse nel sonno.

E all’alba arrivarono… Dal nostro punto di osservazione alto sulla Valle vedemmo uscire dall’autostrada e inerpicarsi sui fianchi della montagna un’infinita fila di lampeggianti blu. Quel pulsare artificiale, quel colore elettrico, innaturale, che appariva e scompariva lungo i tornanti, non era solo una minaccia per noi, ma un’aggressione aperta al dolce lucore del primo mattino, alla fantasmagoria dei colori autunnali che a poco a poco emergevano dal buio.

Fu per rabbia e per amore che, nonostante la schiacciante sproporzione numerica, decidemmo di resistere. Sorse così la prima barricata e fioccarono le prime manganellate…

Poi la montagna si ribellò, aprì i suoi sentieri nascosti, si animò di passi, volti, voci che salivano verso di noi per le vie dei boschi. Presto la barricata di tronchi divenne barricata di corpi. Arrivarono anche i sindaci indossando la fascia tricolore. In quel mattino radioso la valle si riconobbe e ridivenne collettività resistente, famiglia di lotta. Nacque così il Movimento NO TAV.

La “battaglia del Seghino” durò un’intera giornata. A sera, dopo una laboriosa trattativa tra sindaci e prefettura, la trivella fu ritirata e vedemmo con sollievo ridiscendere a valle tutto l’apparato di truppe in assetto antisommossa, autoblindo e mezzi meccanici.

Per i resistenti il ritorno fu festante, una festa che continuò a valle, tra abbracci e canti partigiani. Solo in tarda serata arrivò la notizia che, rompendo i patti e col favore delle tenebre, la trivella era risalita ed aveva iniziato il suo sporco lavoro. Da quel momento e per un mese e mezzo il Comune di Mompantero divenne “zona rossa”, inaccessibile ai non residenti, con ben quattro posti di blocco che i residenti potevano valicare solo esibendo i documenti di identità. In quel periodo accadde di tutto: sequestrate accette e motoseghe a chi andava nei boschi per legna, controllate le cartelle agli studenti che rientravano da scuola. Arrivarono a perquisire un carro funebre.

Era la vendetta del potere, lo strumento per incutere paura e rimandare a casa chi aveva osato ribellarsi. Ottenne l’effetto opposto: sulla via dell’indignazione il movimento rifiutò l’interiorizzazione della sconfitta, crebbe di numero e in consapevolezza, imparò ad organizzarsi e a non delegare.

Da allora sono passati vent’anni: vent’anni di resistenza attiva, in Val Cenischia, in Val Clarea, lungo tutta la Valle di Susa e oltre i monti, insieme ai Movimenti francesi. Richiamato dalle ragioni di un conflitto che non è solo contro un treno di morte, ma contro il sistema guerrafondaio ed ecocida che lo genera, in Valle è transitato il mondo, si sono stretti legami con altre realtà e altre mobilitazioni.

Vent’anni e sembra ieri. In questa che per il povero consumismo del tempo di crisi è la “notte di Halloween”, ma che per noi è anniversario di lotta, siamo tornati con una fiaccolata che si è snodata lentamente per le vie di Mompantero e si è conclusa infine a Susa, davanti al Municipio.

Qualcuno di noi non c’è più, ma a ricevere l testimone sono arrivati ragazze e ragazzi giovanissimi, la conferma che il viaggio continua, che le ragioni della nostra ribellione sono giuste e vive, capaci di risarcire il passato, garantire il presente, immaginare il futuro.

L’insolita fatica del camminare e il freddo della notte che si fa pungente mi dicono che l’inverno è alle porte, ma dalle reti dei giardini si affacciano, delicate, testarde e dolcissime, le ultime rose d’autunno.

Nicoletta Dosio