Ieri 4 ottobre e oggi domenica 5 ottobre anche a Lodi Vecchio (Lo) e Borgo San Giovanni (Lo) abbiamo manifestato in solidarietà con il popolo palestinese e con la Global Sumud Flotilla.
Abbiamo condiviso un’ora del nostro tempo per fermarci in silenzio ad ascoltare i nomi di 1.000 bambini morti nel genocidio che Israele sta perpetrando nei confronti del popolo palestinese.
E subito ci rendiamo conto che la litania che esce dall’altoparlante e che scandisce questi nomi, scatena un vortice di dolore: stiamo realizzando che in concreto siamo qui per una veglia funebre, perché ogni suono che sentiamo corrisponde ad una piccola persona che non esiste più, una piccola persona uguale a queste qui presenti, queste bambine e bambini coraggiosi e pazienti, nonostante il freddo e la noia, per loro, per dover restare fermi e in silenzio per un’ora intera.
Poi rimani spiazzato quando proprio questi bambini, che sono qui in piedi reggendo le bandiere della Palestina che hanno colorato, ti chiedono: “Ma vengono anche qui a ucciderci?”
Li rassicuri: loro sono fortunate e fortunati, gli dici, qui sono al sicuro e nessuno verrà a ucciderli. Ma laggiù… beh laggiù è diverso. Là c’è un inferno che non puoi neanche accennare ai bambini di Lodi Vecchio e Borgo San Giovanni, perché è un tipo di orrore che non si può raccontare, quello di Gaza…
Grazie a questi incontri per uscire dall’indifferenza, anche qui nella “Bassa Lodigiana” mettiamo i nostri corpi fuori dalle case e dagli spazi protetti per dire che quello che avviene in Palestina “non è in nostro nome”, che siamo stanche e stanchi di vedere che sono troppo poche le nazioni che hanno la dignità di mettere in atto sanzioni concrete, che condannano apertamente Israele e il potere sionista, che chiediamo la fine dell’occupazione, la fine della vendita ignobile delle armi, che venga rispettato il diritto internazionale, mille volte violato e rimarcato con semplici tirate di orecchi… Ecco, grazie a questi incontri ci siamo trovati, ieri ed oggi, mano nella mano con “gli stranieri”, “gli immigrati”, che vivono qui ma con i quali si fa ancora troppa fatica a con-vivere.
I sentimenti comuni per il popolo palestinese ci hanno fatto fare un passo importante come comunità.
Abbiamo trovato un punto d’incontro nella solidarietà e nel bisogno di pace e questo ci ha uniti e siamo stati davvero fratelli e sorelle.
Sì… c’è ancora speranza: l’umanità non è sconfitta.












