Diffondiamo questa iniziativa portata avanti da un gruppo di giuristi che intendono agire denunciando le istituzioni italiane per complicità in genocidio 

Al termine dell’articolo è disponibile un modulo per sostenere la denuncia.
L’adesione è aperta a chiunque, indipendentemente dalla propria professione:
ogni sottoscrizione rappresenta un atto di solidarietà e di vicinanza.

La denuncia sarà trasmessa nei prossimi giorni al Procuratore presso la Corte Penale Internazionale.

Appoggiamo la denuncia alla Corte Penale Internazionale

  1. Premessa

La presente comunicazione è inviata ai sensi dell’art. 15 dello Statuto di Roma e ha lo scopo di sottoporre all’Ufficio del Procuratore elementi di fatto e di diritto che integrano la commissione di uno o più crimini rientranti nella giurisdizione della Corte, al fine di ottenere l’immediata attivazione di un procedimento di fronte alla stessa. La comunicazione ha ad oggetto fatti ed atti concernenti la situazione a Gaza, della quale la Corte è stata investita già vari anni fa e della quale essa si è da quel momento ininterrottamente occupata, specie di fronte alla tragica escalation dei crimini commessi.

La denuncia si sofferma su alcune delle complicità internazionali, in particolare quelle di membri del governo italiano, che hanno reso presumibilmente possibile la commissione dei crimini di guerra e contro l’umanità dell’indagine sui quali codesta Corte è da tempo incaricata, come pure l’attuazione del piano genocida sul quale è in corso il giudizio della Corte internazionale di giustizia. Pertanto si raccomanda a codesta Corte penale internazionale di valutare la possibilità di inserirne il trattamento nel dossier già aperto a tale proposito, valorizzando gli apporti che questa denuncia può dare all’indagine in corso.

Al tempo stesso essa si inserisce nel caso di giurisdizione contenziosa promosso dal Sudafrica e in seguito da molteplici altri Stati di fronte alla Corte internazionale di giustizia contro Israele, accusata di genocidio, dato che verte sulla complicità nello stesso da parte dell’Italia, che si concretizza nella fornitura di armamenti e in altri comportamenti volti ad agevolare la commissione del crimine in questione.

La responsabilità di Israele, e quindi dei suoi leader politici e militari, per il genocidio, è stata chiaramente affermata dalla Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui territori palestinesi occupati, istituita il 27 maggio 2021 dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel suo rapporto del 16 settembre 2025 (a-hrc-60-crp-3.pdf).Va ulteriormente sottolineato, già in questa fase introduttiva, che senza l’appoggio sostanziale proveniente da vari Stati occidentali, tra i quali per l’appunto l’Italia, non sarebbe stata possibile l’offensiva militare che ha per obiettivo anche e soprattutto la popolazione civile, che Israele ha intrapreso a partire dal 7 ottobre 2023, provocando un numero di vittime tra la stessa certamente non inferiore alle 60.000, di cui dalla metà a un terzo bambini, per non parlare di quelli che stanno morendo di fame e che hanno riportato danni irreparabili.

Sosteniamo che vi sia una presumibile complicità del governo italiano nei crimini israeliani menzionati e che la relativa responsabilità sorga presumibilmente in capo ai principali componenti del governo italiano e cioè il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli esteri nonché vicepremier Antonio Tajani, e il ministro della difesa Guido Crosetto, da ritenere presumibilmente colpevoli in quanto titolari del potere decisionale in ordine alla cooperazione militare e di sicurezza con Israele e all’autorizzazione delle forniture di armi, senza che possano opporre alcuna immunità di natura personale e funzionale, dato che le relative attività si sono svolte nel più evidente dispregio delle normative interne e internazionali.

Oltre ai tre componenti del governo appena indicati, riteniamo si debba ritenere la presumibile colpevolezza, per complicità nel genocidio e in altri gravi crimini di guerra e contro l’umanità, dell’amministratore delegato e direttore generale della principaleazienda di produzione di armamenti italiana Leonardo SpA, Roberto Cingolani , in quanto titolare del potere decisionale relativo al trasferimento di armamenti e marchingegni bellici di vario genere contro Israele, nonché all’attuazione di progetti di cooperazione con tale Stato che stanno agevolando la commissione di tali crimini.

  1. Sintesi dei fatti. Lo sterminio in atto del popolo palestinese a Gaza è entrato in una nuova e tragica fase
    contrassegnata dalla ripresa di bombardamenti massicci e indiscriminati e dall’esclusione della popolazione da ogni genere di soccorso umanitario e dall’accesso ai beni primari. Secondo quanto espressamente dichiarato dalle principali autorità politiche e militari israeliane, lo scopo di tale offensiva è costringere i Palestinesi ad abbandonare il loro territorio, dando vita ad un’operazione di vera e propria pulizia etnica, ma il suo carattere indiscriminato e il fatto innegabile che ne siano vittime in gran numero i civili palestinesi evidenzia allo stesso tempo il suo carattere genocida, derivabile dall’evidente applicabilità allo sterminio in corso dell’art. II della Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio del 1948, a norma del quale «Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:(a) uccisione di membri del gruppo;
    (b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
    (c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
    (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
    (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.»

Tali atti sono stati compiuti nella piena consapevolezza del fine perseguito, come emerge da varie dichiarazioni di responsabili politici e militari israeliani, che postulano l’eliminazione dei Palestinesi, senza distinguere tra civili e combattenti, come propria finalità ultima.

I crimini internazionali compiuti dal governo israeliano contro la popolazione palestinese a Gaza e in Cisgiordania non sarebbero possibili senza una vasta rete di complicità internazionali, che comporta a sua volta la commissione di vari crimini. Tale complicità si manifesta sia mediante azioni che mediante omissioni. Data la triste notorietà dei fatti, resi noti in diretta dai media, va presunta la piena consapevolezza da parte dei responsabili della complicità delle loro azioni e omissioni.

  1. La complicità del governo italiano nei crimini di Israele
    Col suo sostegno al governo israeliano, in particolare mediante la fornitura di armamenti micidiali, il governo italiano si è reso colpevole di complicità nel genocidio in corso e nei gravissimi crimini di guerra e contro l’umanità commessi ai danni della popolazione palestinese, sia a Gaza che in Cisgiordania, specie a partire dal 7 ottobre 2023.

A1) Fornitura di armamenti, munizioni e servizi belliciIl governo italiano in un primo tempo ha negato l’effettuazione di invio di armi ad Israele, ma in seguito, l’11 aprile 2024, l’ha ammesso in sede parlamentare con la risposta del sottosegretario Silli ad un’interrogazione parlamentare. In tale sede è stato confermato il dato emerso dalle rilevazioni dell’ISTAT secondo il quale dopo il 7 ottobre sono state effettuate 212 operazioni di esportazione per un valore complessivo di 4,3 milioni di euro. Tale ammissione è stata accompagnata da una dichiarazione secondo la quale si tratterebbe di licenze precedenti al 7 ottobre e in ogni caso le armi inviate dall’Italia non sarebbero usate per colpire la popolazione civile palestinese. Non è chiaro su quali elementi si basi tale dichiarazione. Essa probabilmente costituisce un pio desiderio o tutt’al più riflette in modo del tutto acritico una generica informazione in tal senso proveniente dalle autorità israeliane. La dichiarazione appare tuttavia smentita dai fatti e dalle dinamiche del genocidio in atto. Come sottolineato dagli esperti, infatti, fornire manutenzione e pezzi di ricambio a sistemi d’arma o munizioni a sostegno di un esercito come quello di Israele che poi effettua un continuo e massiccio attacco sulla popolazione non solo di Gaza significa sicuramente avere un impatto sui civili. Inoltre, non è chiaro chi e come si possa controllare che questo non succeda. La posizione del governo è stata sostanzialmente ribadita dal viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli in risposta a una nuova interrogazione parlamentare alla fine del mese successivo, maggio 2024. La fallacia delle fragili giustificazioni addotte dal governo italiano può del resto essere agevolmente verificata in relazione a quanto si sa delle forniture e degli aiuti da esso erogati a quello israeliano, per quanto il pesante velo di segretezza indebitamente opposto induca a ritenere che finora sia emersa solo la punta di un iceberg in larga parte ancora sommerso.

Di seguito diamo un quadro sommario, e sicuramente incompleto, del sostegno bellico fornito dall’Italia a Israele, quale esso si può desumere dalla stampa, più che altro italiana e israeliana.

a. Innanzitutto facciamo riferimento alle armi “leggere” fornite dalla Beretta, che vengono utilizzate dai coloni israeliani in Cisgiordania per la loro quotidiana caccia al palestinese.
b. Bisogna inoltre attirare l’attenzione sulla fornitura di ordigni esplosivi ad alto potenziale prodotti sul suolo italiano, nonché sulla concessione del diritto di passaggio ad armamenti di vario tipo indubbiamente suscettibili di contribuire in misura non trascurabile all’uccisione delle almeno sessantamila vittime, in gran parte civili, che si è realizzata a Gaza e in Cisgiordania.
c. Ulteriore elemento interessante è costituito dall’ammissione della società pubblica Leonardo che continuerà il suo programma di assistenza tecnica da remoto, di riparazione materiali e di fornitura di ricambi per la flotta di velivoli M-346 per Israele anche nel corso del 2025. Occorre ricordare che i velivoli M-346 sono utilizzati per l’addestramento dall’aviazione israeliana, principale protagonista dei bombardamenti indiscriminati che costituiscono il tassello principale della strategia genocida in atto.
d. Va poi segnalato il ruolo svolto da alcune basi ed aeroporti italiani ove sono presenti anche truppe statunitensi. Il ruolo è rivelato dai dati sui voli militari effettuati su Palestina e Libano dall’ottobre 2023 all’ottobre 2024, che hanno permesso ad Israele di ricevere assistenza in termini di forniture militari che di intelligence. Tali dati evidenziano infatti il ruolo svolto dalla base di Sigonella e dagli aeroporti militari di Ancona, Bari, Brindisi, Ciampino e Napoli. Il ruolo delle infrastrutture militari italiane è risultato cruciale nell’ambito più vasto della strutturazione di un ponte aereo continuo, con oltre seimila voli in un anno, che ha consentito ad Israele di ricevere forniture aeree ed intelligence da parte delle Potenze alleate. 1.900 delle missioni aeree effettuate in tale contesto riguardavano direttamente la fornitura di attrezzature militari. Dei seimila voli effettuati nel complesso 631 hanno avuto come origine e destinazione, secondo l’inchiesta pubblicata dalla giornalista Stefania Maurizi sul Fatto Quotidiano, il territorio italiano e fra questi 34 voli dell’aereo Shadow 31 dotato di speciali sensori ed apparati per la raccolta di intelligence utilizzata nel corso delle operazioni militari israeliane. Particolarmente rilevante il ruolo della base di Sigonella, dalla quale sono partiti 101 voli militari e 65 dei 73 voli effettuati dal drone MQ-4C Triton, destinato a sorvegliare l’area delle operazioni militari israeliane. Sempre dalla base di Sigonella sono partiti almeno 13 voli dell’United States Transportation Command, addetto al trasporto di personale ed equipaggiamento militare, perla base israeliana di Nevatim. Va infine accennato al ruolo svolto dalla base militare di Niscemi, sede di una quarantina di antenne (MUOS) che forniscono servizi di telecomunicazione agli Stati Uniti e ai loro alleati, tra i quali Israele.
e. Ancora, si vedano le forniture di cannoni 76/62 Super Rapido MF 76/62 in grado di sparare fino a 120 colpi al minuto e utilizzati per bombardare Gaza dal mare, venduti dalla Oto-Melara alla Marina militare israeliana per un importo di 440 milioni di dollari.
f. Si aggiungano le recenti rivelazioni della stampa riguardo alla consegna, da parte degli stabilimenti della controllata Leonardo Helicopters, con sede negli Stati Uniti degli elicotteri AW119Kx alla Flight Training School “Vihiys Latisah” dell’Aeronautica militare israeliana, ospitata nella base aerea di Hatzerim, nel deserto del Negev.
g. Sempre Leonardo ha prestato a Israele, in particolare mediante l’azienda israeliana Rada, peraltro acquistata dalla stessa Leonardo, un’assistenza decisiva per la trasformazione dei bulldozer in armi micidiali destinate a demolire le case e a schiacciare o seppellire sotto le macerie i loro abitanti. Tale circostanza si evince anche dal Rapporto della Relatrice speciale sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, dal titolo “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”, dedicato alle responsabilità delle imprese private nello sterminio in atto.
h. Sempre dal Rapporto di Francesca Albanese emerge come Leonardo sia parte integrante del programma internazionale che ha per obiettivo lo sviluppo del velivolo bellico F-35, fornito a Israele, che se ne è avvalso per i bombardamenti intensi e indiscriminati avvenuti in particolare a partire dall’8 ottobre 2023.
i. Ancora Leonardo fa parte insieme ad altre note aziende del settore, quali la britannica AE Systems e la francese Airbus, del raggruppamento europeo MBDA, che produce la micidiale bomba GBU-39, impiegata nei micidiali bombardamenti a tappeto che hanno costituito il principale strumento del genocidio.
j. Il fitto intreccio esistente a livello internazionale tra le aziende che fanno parte del complesso militare-industriale, consente peraltro a Israele non solo di acquistare armamenti ma di produrne ed esportarne a sua volta, col significativo valore aggiunto dell’avvenuta sperimentazione degli stessi sui Palestinesi. Il rapporto Milex sui fornitori stranieri di armi all’Italia evidenzia l’incremento degli acquisti proprio da aziende israeliane, con un impegno finanziario pluriennale di almeno mezzo miliardo e in realtà tra 600 e 700 milioni di euro. Dalla verifica incrociata dei dati presenti in tale Rapporto con quelli contenuti in quello di Francesca Albanese appena citato, emerge come Israele sia attualmente l’ottavo esportatore di armi al mondo che da un lato vende armamenti di avanguardia, testati sul terreno appunto sulla pelle dei Palestinesi a vari Stati, tra cui l’Italia e dall’altra produce, grazie a questa fitta rete di cooperazione tecnica internazionale, armamenti specificamente dedicati all’attuazione del genocidio in corso.
k. Ulteriori elementi sono emersi da ultimo a seguito della mobilitazione dei lavoratori portuali in Italia, Francia ed altri Paesi europei, che hanno temporaneamente bloccato il trasferimento di materiale militare verso Israele. Recenti mobilitazioni avvenute in città portuali come Genova, Livorno e Ravenna hanno consentito di smascherare e in qualche caso anche bloccare l’invio a Israele degli armamenti, munizioni, esplosivi e altri strumenti del genocidio.
l. Un’analisi effettuata dall’Istituto IRIAD dell’Archivio Disarmo, inoltre, ha stabilito incrociando dati provenienti da varie fonti italiane e internazionali (Sipri, Istat portale Coeweb per le statistiche sul commercio estero) Relazione del governo sull’export di armamenti) e smentendo le dichiarazioni dei ministri Crosetto e Tajani, che nel 2024 l’Italia ha esportato armi e munizioni (cat. 93) per circa 5,8 milioni di euro, dei quali esplicita solo l’11% come appartenenti alle sottocategorie “armi non letali” (cat. 9304), “parti e accessori” 8cat. 9305) e “bombe, granate e siluri” (cat. 9306) e, solo nei primi due mesi del 2025, sotto la categoria generica di “armi, munizioni e loro parti e accessori” sono partite dall’Italia armi dirette a Israele per oltre 128mila euro di cui solo 47.249 rilevate dall’ISTAT. Il documento mette in fila non solo le autorizzazioni all’esportazione di grandi sistemi d’arma a Israele tra il 2019 e il 2023 per 26,7 milioni di dollari(23,4 milioni di euro) – nel dettaglio si tratta di 12 elicotteriAW 119 Koala della Leonardo SpA e 44 cannoni navali da 76 mm Super Rapid, prodotti rispettivamente a Vergiate (VA) e La Spezia, cui si aggiunge una cooperazione stabile nel programma degli aerei F-35, con componentistica prodotta in Italia e destinata ai velivoli israeliani- ma evidenzia anche le esportazioni più recenti, che “mostrano una cooperazione ancora più strutturata tra Italia e Israele”. Particolarmente rilevante è il capitolo delle tecnologie per “navigazione aerea e spaziale” (cat. 88), che comprende aerei, droni, radar per un valore di 34 milioni di euro. Di questi ben 31 milioni non sono inseriti in sottocategorie dal Coeweb, rendendone difficile la tracciabilità. Rientra probabilmente in questa categoria anche la vendita del jet M346 Master, impiegato per l’addestramento militare avanzato, ma suscettibile, con lievi modifiche, di essere utilizzato anche per bombardamenti e per il quale la stessa Leonardo ha preannunciato la trasformazione in aerei da combattimento con la sigla M-346 FA, con l’installazione di un cannone Nexter da 20 mm.

m. Va sottolineata poi l’esportazione di macchine per l’elaborazione automatica dell’informazione (cat. 8471). Come si legge nel Coeweb, nel 2024 l’Italia ha esportato in Israele 2,7 milioni di euro in computer industriali, lettori ottici e dispositivi per l’inserimento e l’elaborazione codificata delle informazioni, strumenti fondamentali per le infrastrutture militari, la logistica e l’intelligenza artificiale. Tecnologie che possono essere utilizzate per funzioni dual use quali il controllo dei droni, il targeting automatizzato e il comando delle operazioni militari.

n. Nel 2024 l’Italia autorizzava, secondo i dati Coeweb, esportazioni di “armi, munizioni e loro parti ed accessori” per circa 5,8 milioni di euro, dei quali solo l’11% classificati. Il resto, “cioè la quasi totalità dell’export” di armi e munizioni avviene “senza dettaglio pubblico”. Vale a dire, spesso sotto le clausole di segretezza consentite dalla legge 185/990 che disciplina le autorizzazioni al traffico di armi ed armamenti
verso Paesi in guerra.
o. Dall’elaborazione compiuta dall’istituto IRIAD emerge che la voce più significativa tra le spedizioni è quella di “navigazione aerea e spaziale”, vale a dire aeromobili, droni, radar e componenti per uso bellico, proprio quegli armamenti cioè di cui il governo aveva escluso la spedizione verso Israele. In questa categoria l’Italia ha inviato pezzi per oltre 34 milioni di euro, anche se solo 3 milioni sono classificati dal Coeweb con precisione. Si tratta di motori per droni, elicotteri leggeri, componenti radar, mentre ben 31 milioni di euro risultano inseriti in sottocategorie generiche e non specificate. E’ in questa categoria che secondo IRIAD si colloca la vendita del jet per addestramento avanzato M-34 Master.
p. Rilevanti anche le rivelazioni del deputato di opposizione, capogruppo dei Cinquestelle in Commissione Difesa, Bruno Marton, che ha accusato il ministro degli Esteri Antonio Tajani di aver mentito riguardo all’esportazione di materiali bellici ad Israele. Marton ha preso spunto dal sequestro, da parte della Procura di Ravenna, di oltre tredici tonnellate di “lavori in ferro e fucinati”, destinate ad Israele. Marton ha fatto riferimento anche all’esportazione verso Israele di “cordoni detonanti”, di quantitativi senza precedenti di nitrato d’ammonio, utile per la produzione di esplosivi, e perfino di ingenti quantitativi di trizio, utile per la produzione di bombe nucleari. A tale riguardo va segnalato anche il sequestro effettuato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli su mandato della Procura di Ravenna. Dall’inchiesta è emersa l’effettuazione di consistenti esportazioni avvenute in precedenza nei confronti di Israele.
q. La reticenza del ministro Tajani si inserisce quindi in un quadro molto propizio all’occultamento dei trasferimenti di armi, munizioni e servizi di vario tipo a favore di Israele. Occorre ricordare al riguardo che su molti di tali trasferimenti grava il segreto politico, diplomatico e militare che rende oltremodo arduo l’accertamento della loro effettiva natura e che è in sostanza preordinato a impedire l’accertamento dell’effettivacompatibilità di tali trasferimenti col diritto, sia interno che internazionale. Tale segretezza risulta tanto più inaccettabile nell’attuale situazione di violazione quotidiana del diritto alla vita della popolazione palestinese della quale costituisce a ben vedere un meccanismo essenziale che opera nella piena consapevolezza delle autorità governative competenti.
r. Il Memorandum d’intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa, sottoscritto a Parigi il 16 giugno 2003, rappresenta al riguardo una vera e propria pistola fumante, dato che fra l’altro non era stato possibile venire a conoscenza del suo contenuto, data l’esistenza di un Accordo segreto tra Italia e Israele. L’istanza di accesso agli atti amministrativi presentata da alcuni giuristi ha alfine consentito di venire a conoscenza del contenuto di tale Accordo, che in sostanza consiste nellaprevisione dell’apposizione del segreto sui contenuti concreti della cooperazione in atto, su richiesta di una o entrambe le Parti, riproponendo un insormontabile velo di inconoscibilità su tali contenuti.
s. Ribadendo in sede parlamentare, a nome del governo italiano, il suo diniego a porre in essere le procedure necessarie a impedire il rinnovo automatico di tale Memorandum, il ministro per i rapporti col Parlamento Luca Ciriani ha confermatol’esistenza di una folta rete di complicità nel settore militare, attinente alla ricerca, produzione e distribuzione di ordigni a fini bellici, assistenza nel settore della formazione del personale militare, fornitura di informazioni utili per l’intelligence che costituiscono tutti parte sostanziale del meccanismo genocida in atto, imperniato sul governo israeliano, consentendo inoltre a quest’ultimo il compimento dei crimini di guerra e contro l’umanità di cui suoi importanti esponenti sono accusati di fronte a questa Corte.
t. Anche il citato Rapporto della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, mette bene in luce il ruolo svolto da Leonardo, che non è solo la principale azienda italiana nel settore delle armi, ma anche un’impresa privata con preponderante partecipazione pubblica e quindi controllata dalle autorità governative italiane. Nel Rapporto, dedicato com’è noto al ruolo delle aziende nel genocidio, viene stigmatizzato il contributo di Leonardo alla fornitura degli aerei da combattimento: “Israele beneficia del più grande programma di approvvigionamento della difesa mai realizzato, quello per il jet da combattimento F-35, guidato dalla statunitense Lockheed Martin], insieme ad almeno altre 1600 aziende, tra cui il produttore italiano Leonardo S.p.A, e otto Stati”. Il Rapporto sottolinea al riguardo come, dopo l’ottobre 2023, gli F-35 e gli F-16 sono stati fondamentali per dotare Israele di una potenza aerea senza precedenti, in grado di sganciare circa 85.000 tonnellate di bombe uccidere e ferire più di 179.411 palestinesi e distruggere Gaza.
u. Di particolare rilievo, date le caratteristiche particolarmente avanzate dal punto di vista tecnologico delle operazioni militari israeliane in corso e dei connessi criminidi guerra, contro l’umanità e di genocidio, sono poi le rigogliose attività di cooperazione nel settore informatico ed elettronico aventi per oggetto diretto o indiretto la messa a punto di attrezzature suscettibili di essere usate in questo contesto.
All’interno di tali attività assume ruolo determinante la maggiore istituzione finanziaria italiana, direttamente dipendente dal governo, la Cassa Depositi e Prestiti. Infatti la Cassa Depositi e Prestiti, attraverso CdP Venture Capital, ha partecipato a un round di finanziamento per la società tecnologica israeliana Classiq, una delle aziende leader nelle piattaforme software quantistiche, nella quale peraltro la Cassa depositi aveva già messo soldi tramite Neva, il fondo di Venture Capital di Banca Intesa. La notizia, diffusa lunedì 11 agosto 2025 dal quotidiano finanziario israeliano Globes, è però che la pubblica CdP – con la benedizione del governo- ha intenzione di investire decine di milioni di euro nelle aziende tech israeliane, a partire da quelle che si occupano di intelligenza artificiale. “ Giorgia Meloni è ben consapevole dell’attività del fondo, che è considerato un importante strumento di politica governativa e un mezzo per promuovere i suoi obiettivi, come un programma da miliardi di euro a favore dell’IA”, ha spiegato una esperta fonte israeliana al giornale di Tel Aviv. Va detto che questo non è il primo investimento di CdP in aziende israeliane i cui prodotti orbitano nell’area della sicurezza. Anche attraverso Neva, ad esempio, l’ente che gestisce il risparmio postale degli Italiani, ha messo soldi in Cyberint, che si occupa di cybersicurezza. E ancora: investimenti in Israele sono nel portafoglio di Indaco Bio, partecipato da CdP Venture Capital, attraverso Terra Venture Partners, un fondo basato a Tel Aviv e specializzato nel finanziamento di aziende tecnologiche israeliane.
v. Nel suo recente Rapporto contenuto nel numero luglio-agosto 2025, la rivista Altreconomia pubblica una serie di dati inediti che attestano fra l’altro l’invio ad Israele dall’Italia, a partire dal 2024 di cordoni detonanti (140 tonnellate per un valore di 2.078. 458 euro), nitrato d’ammonio (5.980 tonnellate), trizio ed altri materiali chiave per esplosivi e armi nucleari.
w. Date le caratteristiche delle operazioni di sterminio condotte da Israele contro la popolazione palestinese di Gaza, che vedono un ruolo di enorme importanza della tecnologia e delle attrezzature informatiche, va dato il dovuto rilievo, infine, all’Accordo tra Italia e Israele sulla cosiddetta cybersecurity, che ha dato il via a numerose collaborazioni nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico con vari enti accademici e di ricerca italiana, che concernono anche tecnologie suscettibili di uso militare.
x. Le recenti aggressioni alla Flottilla condotte con droni sembrerebbero, secondo alcuni rapporti, aver coinvolto anche il territorio italiano e le acque sulle quali lo Stato italiano esercita diritti di sovranità e di controllo. In particolare un dossier elaborato dal Global movement su Gaza, organizzatore della spedizione umanitaria afferma che almeno taluni di tali droni sarebbero partiti dalla Sicilia.
y. Ultimo ma non meno importante, occorre fare riferimento alla cosiddetta “decompressione”, ovvero al periodo di vacanze trascorse da gruppi di militari israeliani, presumibilmente coinvolti nel genocidio e nei crimini di guerra, in amene località italiane, quali ad esempio Porto San Giorgio, il Conero e le grotte di Frasassi nelle Marche e varie altre in Sardegna. Che non si sia trattato di iniziative spontanee è dimostrato dal fatto che le comitive di militari in questione erano costantemente vigilate dalle unità della Polizia di Stato italiano addette alle questioni politiche (Direzioni generali informazioni generali e operazioni speciali-DIGOS), il che lascia presumere l’esistenza di accordi quadro o anche più specifici tra Stato italiano e autorità israeliane. La letteratura scientifica e tecnica in materia afferma peraltro senza mezzi termini come tali operazioni “di decompressione” siano parte integrante della strategia e dell’attività bellica, e quindi, in un caso come questo, della strategia e dell’attività del genocidio
z. Siamo quindi di fronte a un’impressionante mole di dati che dimostrano il diretto coinvolgimento dello Stato italiano nelle strategie e attività di genocidio condotte dal regime israeliano a Gaza e in Cisgiordania. Giova ribadire come la segretezza degli accordi relativi alla cooperazione militare e di “sicurezza” fra Italia e Israele impedisca di cogliere a pieno la portata di tale coinvolgimento, ma gli elementi che emergono sono nondimeno estremamente significativi e il loro esame induce a ritenere chiaramente la responsabilità dell’Italia e quindi di coloro che presiedono alla sua politica estera e di difesa.

A2) Ruolo dell’Italia nell’interruzione del soccorso umanitario alla popolazione palestinese e prese di posizioni sui mandati di cattura della Corte penale internazionale

Il piano israeliano di pulizia etnica e genocidio si avvale anche del blocco di ogni fornitura di beni essenziali, che ha già determinato la morte per inedia di migliaia di Palestinesi, soprattutto bambini. Per realizzare tale piano Israele ha tolto di mezzo le agenzie umanitarie internazionali, in particolare quelle facenti capo alle Nazioni Unite. Su tale piano va evidenziata la cessazione dei finanziamenti italiani all’UNRWA, che non è ripresa, al contrario che per altri Stati. La liquidazione delle attività svolte da tale agenzia delle Nazioni Unite rappresenta infatti un fattore importante della crisi alimentare in corso che vede oggi, secondo i dati dell’Integrated food security phase classification, il 22 per cento dei 2,4 milioni di abitanti di Gaza in una situazione di catastrofe umanitaria, mentre l’intera popolazione rischia una crisi alimentare o peggio.

Dall’insieme degli elementi indicati risulta presumibile certezza del notevole contributo italiano al genocidio in atto, nonché alla commissione dei crimini di guerra e contro l’umanità che sono attualmente all’attenzione di codesta Corte, che ha emesso al riguardo due mandati di cattura contro il primo ministro israeliano Netanyahu e l’ex ministro della difesa Gallant. Ulteriore elemento probatorio della presumibile complicità del governo italiano rispetto a tali misfatti può peraltro desumersi proprio dall’intenzione, esternata da vari componenti del governo stesso, di non dare esecuzione a tali mandati di cattura. Tali dichiarazioni, oltre a tradursi in un
inammissibile insulto a un’istituzione come la Corte penale internazionale, istituita proprio a Roma ventisette anni fa, si inseriscono in un contesto di forte ed omertosa solidarietà politica col governo israeliano, confermata tra l’altro dai voti effettuati negli organismi principali delle Nazioni Unite, come pure dalla continua opposizione dell’Italia alla richiesta, formulata dalla grande maggioranza degli Stati dell’Unione Europea, di rivedere gli accordi commerciali con Israele. Ma inoltre, se letta nel contesto dei rapporti esistenti tra Italia e Israele, tale ingiustificata ritrosia a dare attuazione a quanto stabilito da codesta Corte, si atteggia a ulteriore pesante indizio di colpevolezza nella complicità con Israele nei crimini di cui quest’ultimo Stato e i suoi governanti sono accusati.

Giova ricordare che questi ed altri elementi giustificativi dell’accusa nei confronti del governo italiano per complicità nel genocidio del popolo palestinese ad opera del governo israeliano sono stati da tempo presentati alla Procura di Roma, organo giurisdizionale competente, con un formale esposto-denuncia che però non ha ricevuto finora alcuna risposta. I comportamenti incriminati cui si fa riferimento in tale denuncia, che è focalizzata sulla violazione dell’art. III lett. E della Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio, che punisce la complicità nel genocidio, possono peraltro risultare costitutivi di complicità anche nella commissione di altri crimini previsti nello Statuto di codesta Corte, in particolare crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

  1. Qualificazione giuridica dei fattia. I crimini di IsraeleLe condotte criminali realizzate negli ultimi anni dallo Stato di Israele, che hanno portato alla soppressione violenta o alla morte per inedia, secondo le stime più prudenti, di oltre sessantamila Palestinesi, in buona parte bambini, sono punibili ai sensi di vari articoli dello Statuto di codesta Corte. Facciamo in particolare riferimento specifico all’art. 6 – Genocidio, all’art. 7 – Crimini contro l’umanità e all’art. 8 – Crimini di guerra. Le giurisdizioni internazionali sono intervenute in merito con significative pronunce nel corso degli ultimi anni, specie dopo il 7 ottobre 2023.La Corte internazionale di giustizia ha affrontato il tema delle conseguenze dell’illegittima occupazione dei Territori palestinesi da parte di Israele nel Parere dettato su richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 luglio 2024. Tale Parere si conclude affermando tra l’altro che le politiche e pratiche israeliane nei territori palestinesi costituiscono una violazione del diritto internazionale e che la continuazione della presenza di Israele in tali territori è illegale.Il 26 gennaio 2024 tale Corte ha adottato un’Ordinanza che stabilisce misure provvisorie d’urgenza in materia, affermando in linea di massima (prima facie) la propria giurisdizione in materia e obbligando Israele a prendere tutte le misure che rientrino nella sua potestà per prevenire la commissione degli atti di cui all’art. II della Convenzione sul genocidio sopracitata e in particolare l’uccisione di membri del
    gruppo, l’inflizione di seri danni fisici e mentali ai suoi membri, la deliberata inflizione al gruppo di condizioni di vita tali da determinarne la distruzione totale o parziale, e l’imposizione di misure volte a prevenire le nascite al suo interno. A tale fine Israele avrebbe dovuto assicurare, con effetto immediato, che le sue Forze armate non commettessero atti del genere. Israele avrebbe dovuto inoltre adottare tutte le misure nella sua potestà per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica al genocidio, allestire i servizi essenziali d’urgenza e l’assistenza umanitaria per affrontare le condizioni di vita improbe in cui si trovano i Palestinesi nella Striscia di Gaza, nonché adottare misure efficaci per prevenire la distruzione e assicurare la conservazione delle prove relative agli atti previsti dagli artt. II e III della Convenzione sul genocidio. Israele si è finora ben guardata dall’ottemperare a tali richieste e il complice sostegno di altri Stati, tra cui l’Italia, è risultato determinante in tale senso.

    Come ricorda la Corte in tale Ordinanza, citando testualmente la Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 96/1 dell’11 dicembre 1946, “Il genocidio è la negazione del diritto all’esistenza di interi gruppi umani, come l’omicidio è la negazione del diritto alla vita dei singoli esseri umani; tale negazione del diritto all’esistenza scuote la coscienza dell’umanità, si traduce in grandi perdite per l’umanità sotto forma di contributi culturali e di altro tipo rappresentati da questi gruppi umani, ed è contraria alla legge morale e allo spirito e agli scopi delle Nazioni Unite”.

    Il 28 marzo 2024 la Corte ha ribadito che la situazione pericolosa esistente nella Striscia, alla luce degli sviluppi più recenti, richiede l’attuazione immediata ed effettiva delle misure indicate nell’Ordinanza del 26 gennaio. Nessuna delle misure richieste è stata finora adottata.

    L’esistenza di un genocidio condotto mediante ricorso ai mezzi richiamati dalla Convenzione internazionale è stata da ultimo ribadita dall’accennato rapporto della Commissione internazionale indipendente di esperti sui territori palestinesi occupati del 16 settembre 2025, che ha ravvisato nel paragrafo 242, la violazione da parte di Israele di quattro delle ipotesi criminose previste dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 e in particolare

    “(i) killing members of the group; (ii) causing serious bodily or mental harm to members of the group; (iii) deliberately inflicting on the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part; and (iv) imposing measures intended to prevent births within the group”.

    La Corte penale internazionale dal canto suo ha emesso, il 21 novembre 2024, due mandati di cattura aventi per destinatari il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa protempore Yoav Gallant, unitamente a tre dirigenti di Hamas, tutti nel frattempo uccisi da Israele. Il testo del mandato di cattura per Netanyahu e Gallant è al momento coperto da segreto. Notizie relative al suo contenuto possono peraltro desumersi dalla risposta data dalla Camera per le indagini preliminari di codesta Corte al reclamo presentato al riguardo da Israele. Da tale testo si evince che l’accusa è quella di “crimini di guerra e in particolare dell’uso della fame e della sete (starvation) come metodi di guerra, e di indirizzare intenzionalmente l’attacco contro la popolazione civile, nonché di crimini contro l’umanità, di assassinii, persecuzioni ed altri atti”.

  1. La presumibile complicità dell’Italia nei crimini di IsraeleIl tema della partecipazione di altri Stati ai crimini commessi è coerentemente. affrontato dai vari testi giuridici fondamentali applicabili a tali crimini.Dato il carattere fondamentale della norma relativa al divieto di genocidio, che riveste indubbiamente la natura di norma di jus cogens, diritto imperativo da cui non è possibile alcuna deroga e che si impone in quanto tale in modo generale e incondizionato, senza se e senza ma, a tutti gli Stati, i soggetti internazionali diversi dagli Stati e qualsiasi altra entità giuridica, il citato art. III della Convenzione in materia ha previsto in modo puntuale e articolato una serie di divieti collegati a quello
    principale. Sì tratta come affermato del divieto della cospirazione per commettere genocidio, dell’istigazione diretta e pubblica a commettere genocidio; del tentativo di commettere genocidio; della complicità nel genocidio.Grava inoltre su tutti gli Stati firmatari di tale Convenzione, ma occorre ritenere che si tratti anche di obbligo consuetudinario dotato dei requisiti di imperatività e cogenza propri dello jus cogens, l’obbligo di prevenire e punire il genocidio di cui all’art. ! della Convenzione in materia. Al riguardo giova riprendere brevemente le conclusioni raggiunte dal Comitato consultivo sul diritto internazionale pubblico del governo olandese il quale ha stabilito che:
  1. Every third state that is a party to the Genocide Convention has an individual obligation to prevent genocide, wherever in the world there is a serious risk that genocide will be committed.
  2. A third state has a duty to act, even if, on its own, it does not have the capacity to prevent genocide from taking place.
  3. A third state may be held responsible for breaching the obligation to prevent genocide only if genocide actually takes place. The state incurs responsibility if it manifestly fails to take measures to prevent genocide.
  4. The obligation to prevent genocide arises at the instant that the third state learns of, or should normally have learned of, the existence of a serious risk that genocide will be committed. If the ICJ determines that there is a real and imminent risk that rights under the Genocide Convention will be irreparably
    prejudiced, it may be assumed that a ‘serious risk of genocide’ exists.
  5. The obligation to prevent genocide has a certain ‘gravity’. This has implications for how the obligation to prevent genocide is fulfilled and for accountability for the measures taken. The third state can be expected to publicly render account for the way in which it has discharged its obligation to prevent genocide.
  6. The duty that rests on the third state is a due diligence obligation and is dependent on its capacity to exert influence on persons likely to commit, or already committing, genocide. The state is required to employ all means reasonably available to it to prevent genocide. This will vary from state to state
    and from case to case.
  7. Third states are required to take measures that are likely to have a deterrent effect on those suspected of committing or preparing to commit genocide. The capacity to exert influence depends on multiple factors. An assessment in concreto must be made in each case. As a rule, more can be expected of a third state that has strong ties and a good relationship with the state that is the source of the risk of genocide.
  8. International law has no clear or fixed rules prescribing which measures should be taken to prevent genocide. Third states must assess on a case-by-case basis the adequacy and effectiveness of the measures to be taken. Measures of increasing severity can be taken, ranging from mild (diplomatic measures) to severe (retorsion and reprisals). If certain measures appear to lack a deterrent effect, the state concerned is required to take more far-reaching measures, provided it has the capability to do so.
  9. Third states, when faced with comparable situations involving a serious risk of genocide, must be consistent in speaking out and taking measures”.

Il tema del ruolo degli Stati terzi è stato ripetutamente affrontato dai competenti organi internazionali. Facciamo qui riferimento a quanto affermato dal Parere della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 (paragrafi 273-279) e da quello più volte menzionato della Commissione internazionale indipendente di esperti sui territori palestinesi occupati, di cui riprendiamo le raccomandazioni finali rivolte a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite:

The Commission recommends that all Member States: (a) Employ all means reasonably available to them to prevent the commission of genocide in the Gaza Strip; (b) Cease the transfer of arms and other equipment or items, including jet fuel, to the State of Israel or third States where there is reason to suspect their use in military operations that have involved or could involve the commission of genocide; (c) Ensure individuals and corporations in their territories and within their jurisdiction are not involved in the commission of genocide, aiding and assisting the commission of genocide or incitement to commit genocide and investigate and prosecute those who may be implicated in these crimes under  international law; (d) Facilitate the investigations and domestic proceedings and take action (including imposing sanctions) against the State of Israel and against individuals or corporations that are involved in or facilitating the commission of genocide or incitement to commit genocide; (e) Cooperate with the investigation of the Office of the Prosecutor of the International Criminal Court. 258. The Commission recommends that the Prosecutor of the International Criminal Court: (a) Examine, within its continuing investigation in the Situation in the State of Palestine, the crime of genocide for amendment to existing arrest warrants and addition to future application for arrest warrants; (b) Examine the involvement of officials mentioned in this report for inclusion as those most
responsible for international crimes committed in the occupied Palestinian territory.

Il governo italiano non solo non ha adempiuto agli obblighi internazionali in questione ma, pur essendo indubbiamente e pienamente in condizione di influire sul genocidio in atto, dato che da essa dipende, come argomentato, parte non trascurabile dello strumentario bellico a disposizione di Israele, non solo si è finora totalmente astenuto dall’adottare ogni misura preventiva del genocidio, ma anzi ha ostinatamente continuato ad alimentarlo. Tale innegabile circostanza costituisce a nostro avviso presumibilmente l’altrettanto innegabile base di una responsabilità penale personale di coloro che dispongono del relativo potere decisionale, in quanto membri del governo italiano o alti dirigenti di aziende presumibilmente direttamente coinvolte nei crimini
di cui si parla.

Lo Statuto della Corte penale internazionale, al suo Art. 25,3, lettera c afferma che sono perseguibili coloro che, allo scopo di agevolare la commissione di un reato rientrante nella giurisdizione della Corte, aiuta, è complice o comunque favorisce la commissione o il tentativo di commissione di tale reato, ivi compresa la fornitura dei mezzi per la sua commissione. E alla successiva lettera d aggiunge che sono perseguibili coloro che contribuiscono in ogni altro modo alla commissione o al tentativo di commissione del crimine da parte di un gruppo di persone che agiscono per uno scopo comune.

La prassi internazionale in genere e in particolare la giurisprudenza di codesta Corte offrono numerosi casi e precedenti per i quali è stata considerata sufficiente, al fine di ritenere la corresponsabilità nella commissione di crimini internazionali, la prestazione di contributi causali quali ad esempio la fornitura di armi e munizioni. Si veda il caso di Charles Taylor, all’epoca presidente della Liberia, condannato dalla Corte penale internazionale a cinquant’anni di reclusione per il sostegno fornito al Revolutionary United Front della Sierra Leone, per aver consapevolmente agevolato quest’ultimo nella commissione dei suoi crimini.

La consapevolezza da parte del governo italiano del carattere criminale e genocida delle operazioni militari avviate da Israele contro la popolazione palestinese, sia a Gaza che in Cisgiordania, deriva ipso facto dalla notorietà generale degli eventi in questione. Le recenti ammissioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul carattere illecito delle azioni intraprese da Israele, peraltro molto tardive, confermano l’esistenza
di tale consapevolezza e, per altri versi, non rappresentano alcun ravvedimento effettivo, dato che non sono state accompagnate da alcuna decisione effettiva riguardo al trasferimento di materiali bellici verso Israele o all’interruzione della cooperazione militare con tale Stato.

Sia la fornitura di armi, munizioni ed altri materiali e servizi a carattere militare ad Israele che l’interruzione del sostegno all’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite UNRWA, rientrano chiaramente in entrambe tali fattispecie e costituiscono quindi violazione evidente sia dell’art. III lett. e della Convenzione sul genocidio sia dell’art. 25, comma 3, dello Statuto di codesta Corte.

Importanti chiarimenti relativi agli obblighi degli Stati terzi sono inoltre forniti dal Parere della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024, summenzionato, ai sensi del quale gli Stati sono tenuti a cooperare con le Nazioni Unite al fine di ottenere il ristabilimento del diritto internazionale violato da Israele e a non cooperare con quest’ultima, specie in relazione alle attività illegittime poste in essere nei Territori
occupati.

Nell’ordinanza del 30 aprile 2024 relativa al caso Nicaragua c. Germania, la Corte internazionale di giustizia ha ribadito, a punto 23, che, in base all’art.1 delle Convenzioni di Ginevra, tutti gli Stati parte sono obbligati a rispettare e far rispettare tali Convenzioni in ogni circostanza. Al punto 24 la Corte ha precisato che ritiene di particolare importanza ricordare agli Stati i loro obblighi relativamente al trasferimento di armi a Stati ch siano parti di conflitti internazionali, al fine di evitare il rischio che le armi possano essere usate per violare le Convenzioni in questione.

In termini generali, d’altronde, la responsabilità di uno Stato per complicità in crimini commessi da altri Stati è chiaramente affermata dall’art. 16 del Progetto di articoli approvato nel 2001 dalla Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite secondo il quale

“Uno Stato che aiuti o assista un altro Stato nella commissione di un atto internazionalmente illecito da parte di quest’ultimo è internazionalmente responsabile per siffatto comportamento se: a) quello Stato agisce così con la consapevolezza delle circostanze dell’atto internazionalmente illecito; e b) l’atto sarebbe internazionalmente illecito se commesso da quello Stato”.

Occorre aggiungere che il silenzio finora mantenuto dalla giurisdizione penale italiana competente rende a sua volta applicabile l’art. 17 dello Statuto di codesta Corte, rendendo necessaria l’applicazione del principio di sussidiarietà nei rapporti tra Corte penale internazionale e giurisdizioni nazionali, nel senso che tale fin de non recevoir evidenzia l’assenza di ogni volontà da parte dello Stato italiano di “svolgere veramente
le indagini o l’azione penale”.

  1. Responsabili. Le varie attività di sostegno ad Israele nell’attuazione del suo disegno criminoso volto alla violazione dei diritti della popolazione palestinese fino alla sua soppressione totale e parziale implicano indubbiamente il ruolo decisionale del governo italiano che presiede all’ effettuazione delle scelte di politica estera e alla loro applicazione esecutiva. Affermare che tale sfera decisionale sia sottratta allo scrutinio giudiziario in quanto espressione di poteri sovrani indiscutibili equivarrebbe a decretare l’assoluta inutilità di codesta Corte come anche di qualsiasi altro meccanismo giudiziario di controllo. In termini più generali, ciò equivarrebbe ad affermare l’esistenza di una sfera politica libera e discrezionale esente da qualsiasi condizionamento ed obbligo, anche qualora, come nella tragica vicenda in esame, siano gravemente colpiti e violati in modo massiccio i diritti umani delle popolazioni coinvolte e quindi minerebbe in modo irrimediabile alla radice l’idea stessa di un ordinamento giuridico internazionaleIn particolare ciò vale per quanto riguarda le scelte relative all’autorizzazione del trasferimento di armamenti, che la legge italiana riserva alla presidenza del Consiglio dei ministri e ai ministri della Difesa e degli Esteri, nonché dell’Economia. La legge italiana in materia di trasferimento di armamenti, n. 185 del 1990, attribuisce infatti le relative attribuzioni al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri della Difesa e degli Esteri, la cui responsabilità si presenta quindi come assolutamente
    fondamentale. Si aggiungano le competenze relative al controllo di aziende pubbliche come Leonardo, la quale, pur costituendo una Società per azioni, vede al proprio interno una presenza decisiva della partecipazione pubblica. Con riferimento a Leonardo vanno peraltro sottolineate anche le presumibili responsabilità, concorrenti con quelle dei membri del governo, dell’amministratore delegato e direttore generale Roberto Cingolani, il quale assomma nella sua persona importanti poteri decisionali attinenti alle scelte qui messe sotto accusa.Occorre ricordare, inoltre, che, nell’autorizzare il trasferimento di armamenti ad Israele il governo italiano ha violato, oltre al diritto internazionale, la sua stessa legge nazionale e in particolare la legislazione relativa al trasferimento delle armi, che ne esclude a chiare lettere la legittimità qualora gli Stati destinatari siano implicati in conflitti o si rendano colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani.

    Tale violazione di precise disposizioni di legge, nonché quella, se possibile più grave delle norme di diritto internazionale di carattere consuetudinario o pattizio che definiscono i crimini internazionali, tra le quali quelle contenute nello Statuto di codesta Corte, determina tra l’altro l’impossibilità di invocare, per escludere la responsabilità personale dei ministri coinvolti, l’immedesimazione tra le persone
    fisiche e gli organi alla cui attività esse sono preposte.

    Tra le figure istituzionali da perseguire occorre senz’altro includere quelle apicali che intervengono in sede di autorizzazione al trasferimento dei materiali bellici e delle altre attività che costituiscono un contributo concreto ed effettivo ai massacri in corso, compresa la decisione di interrompere i finanziamenti all’UNRWA. Facciamo quindi riferimento alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e a quello della Difesa Guido Crosetto. I primi due in quanto
    responsabili in solido delle scelte internazionali compiute dal governo, il terzo per le sue specifiche competenze in materia di esportazione di armamenti e di cooperazione militare in genere.

    La qualifica da essi rivestita non impedisce ovviamente che sia avviata l’azione penale nei loro confronti, dato l’espresso disposto dell’art. 27 dello Statuto di questa Corte, secondo il quale “1. Il presente Statuto si applica a tutti in modo uguale senza qualsivoglia distinzione basata sulla qualifica ufficiale. In particolare, la qualifica ufficiale di Capo di Stato o di governo, di membro di un governo o di un parlamento, di rappresentante eletto o di agente di uno Stato non esime in alcun caso una persona
    dalla sua responsabilità penale per quanto concerne il presente Statuto e non costituisce di per sé motivo di riduzione della pena.

  1. Le immunità o le regole di procedura speciali eventualmente inerenti alla qualifica ufficiale di una persona in forza del diritto interno o del diritto internazionale non impediscono alla Corte di esercitare la propria giurisdizione nei confronti di tale persona”.Ricordiamo anche come l’art. IV della Convenzione sul genocidio affermi perentoriamente che “Le persone che commettono il genocidio o uno degli atti elencati nell’articolo III (tra cui per l’appunto gli atti di complicità) saranno punite, sia che rivestano la qualità di governanti costituzionalmente responsabili o che siano funzionari pubblici o individui privati”.Né alcuna impunità si può arguire dalla pretesa “natura politica” degli atti compiuti, dato che in uno Stato e in un ordinamento internazionale di diritto tale natura non consente il compimento di atti contrari a principi fondamentali e che violano norme di importanza assolutamente primaria, quali quelle che vietano e puniscono i crimini di guerra, contro l’umanità e il genocidio. Sostenere il contrario equivarrebbe infatti ipso facto a porre nel nulla ogni normativa internazionale volta a prevenire e reprimere i crimini più gravi.Nulla quaestio si pone ovviamente, in tale ambito, rispetto a Roberto Cingolani, che dirige un’impresa privata, sia pure a partecipazione pubblica.
  1. Elementi di provaGli elementi di prova di quanto affermato in questa denuncia sono contenuti in atti e
    rapporti delle Nazioni Unite, Rapporti di organizzazioni specializzate nell’analisi del commercio e traffico di armamenti, dichiarazioni di autorità governative italiane, interrogazioni parlamentari, e articoli di stampa, contenuti o indicati nell’allegato alla denuncia stessa insieme alla denuncia a suo tempo presentata alla Procura di Roma e dall’integrazione alla denuncia stessa.
  2. Conclusioni e richiestaAlla luce di quanto sopra esposto, si chiede all’Ufficio del Procuratore della Corte
    Penale Internazionale di:Avviare un esame preliminare ai sensi dell’art. 15 dello Statuto di Roma.
  3. Procedere a una valutazione circa la possibilità di aprire un’indagine formale.

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Appoggiamo la denuncia alla Corte Penale Internazionale