Testo della lettera/appello
Alla c.att. della Fondazione Cinema per Roma
Compito del Cinema è dare corpo alle storie e ai sogni, attraverso le immagini, i suoni e le parole, ma oggi, dinanzi a un genocidio, dinanzi a oltre 70.000 palestinesi uccisi da Israele, dinanzi a 77 anni di occupazione, colonialismo, apartheid e pulizia etnica, il cinema non può restare neutrale. La neutralità, di fronte a un GENOCIDIO significa complicità.
Il nostro compito è dare voce a chi non ce l’ha più, a chi ha perso i sogni, la casa, la propria storia.
Il nostro compito, come esseri umani, attivisti, politici, giornalisti e come operatori culturali, è quello di prendere posizione e di resistere, in tutti i modi, alla sistematica violazione del diritto internazionale da parte dello Stato di Israele.
È fondamentale che il mondo della cultura, e in particolare il cinema, non volti lo sguardo altrove.
I palestinesi hanno sempre utilizzato il cinema come forma di denuncia, come strumento politico di resistenza e memoria.
Attraverso i film, i documentari, le immagini e le parole, hanno mostrato al mondo le condizioni in cui vivono sotto occupazione.
Proprio per questo, Israele ha sempre cercato di censurare, ostacolare, mettere a tacere le voci dei registi palestinesi.
Perché ha paura della verità, ha paura della parola dei palestinesi, ha paura che il cinema palestinese smascheri le proprie responsabilità di fronte al mondo.
Israele non si limita a distruggere vite, case e sogni: tenta di cancellare la memoria, la cultura, la stessa esistenza del popolo palestinese.
Quello che stiamo vedendo non è solo un genocidio, ma anche un memoricidio e un politicidio.
Il cinema, allora, ha oggi un ruolo fondamentale: quello di smascherare, di raccontare ciò che viene taciuto, di rompere il silenzio della complicità.
Riteniamo necessario aprire un confronto pubblico sul boicottaggio culturale dello Stato israeliano e di tutte le istituzioni e aziende israeliane che non prendono formalmente posizione contro le politiche di pulizia etnica e apartheid.
Ma questo non basta: occorre boicottare Israele su ogni piano — economico, politico, accademico e culturale — affinché venga isolato a livello internazionale. Solo attraverso l’isolamento politico e culturale si può fermare un regime che da decenni calpesta ogni principio di umanità e di diritto.
Il progetto, denominato Zero Complicity, nasce proprio con questo intento: che il cinema italiano dichiari in modo inequivocabile la propria opposizione ai crimini commessi da Israele, seguendo l’esempio di un numero crescente di istituzioni culturali e accademiche che hanno scelto di recidere ogni legame con il governo israeliano e con le sue emanazioni dirette o indirette.
Cominciamo insieme da un passo concreto: Ezzaldeen Shalh, fondatore del Gaza International Festival for Women’s Cinema, dà vita domenica 26 ottobre, tra le macerie di quel che resta di Gaza, a un festival che per il mondo intero rappresenta un simbolo di resistenza, di bellezza e di sopravvivenza.
Chiediamo alla Fondazione Cinema per Roma di istituire un premio speciale da consegnare a Ezzaldeen Shalh nella giornata di sabato 25 ottobre, durante la cerimonia di chiusura della Festa. Un gesto che sia un messaggio politico e umano, un ponte reale e concreto, un passaggio di testimone, uno spunto di riflessione, un atto di coraggio.
Un anelito dell’anima del mondo che passa dai red carpet alle macerie, ma sempre sospinto dal cinema come arte capace di far sognare, evadere, resistere.
Un cinema capace di unire e non dividere, di cambiare il mondo attraverso il racconto e le immagini.
Un cinema capace di fare la rivoluzione con piccoli gesti, dall’enorme valore simbolico — come quello che vi chiediamo di compiere insieme.
Inoltre, chiediamo di poter intervenire pubblicamente, leggendo questa lettera. Riteniamo fondamentale dare spazio, visibilità e voce a chi da troppo tempo viene messo a tacere. Dare la parola ai palestinesi oggi non è un atto di concessione, ma un dovere morale e politico.
Come ha detto Elia Suleiman: “Il cinema palestinese è una forma di sopravvivenza, un modo per restare vivi nel racconto, quando tutto intorno a te tenta di cancellarti.”
E come ricorda Annmarie Jacir: “Raccontare la Palestina significa resistere.
Ogni immagine, ogni parola, è un atto politico.”
Festa del cinema di Roma per la Palestina
Per adesioni scrivere a: festacinemaromaxpalestina@gmail.com
Firmatari:
Acrobax
Anpi Roma
Artisti #NoBavaglio
Collettivo Occhi sulla Palestina
Custodi nel tempo
Disabilità Pride Italia
Federazione italiana artisti
Festival del Cinema di Napoli
GayNet
Global Movement to Gaza
In Libera Uscita
Liberi cittadini per la Palestina presidio Montecitorio
Movimento degli studenti palestinesi in Italia
Movimenti per l’abitare
Rete dei Numeri Pari
Rete del caffè sospeso
Rete #NOBAVAGLIO
Stop Rearm Europe Roma Transform Italia
Venice for Palestine
Voci per la Palestina










