Durante la quindicesima edizione di Orticolario (evento culturale che si é tenuto a Villa Erba, sul Lago di Como) grandi protagoniste sono state le piante alimurgiche. Nome sconosciuto e misterioso, il termine “alimurgia” deriva dal latino “alimenta urgentia “(“alimenti in caso di necessità”) e l’arte di raccogliere e consumare queste erbe spontanee è stata studiata ufficialmente nel XVIII secolo dal medico e naturalista Giovanni Targioni Tozzetti nel suo trattato.
La loro conoscenza si traduce nella capacità di distinguere le specie e nel saperne individuare le parti commestibili, fa parte di un sapere da salvaguardare. Foglie, radici, bulbi, bacche, germogli e cortecce di tali piante hanno definito l’alimentazione originaria su cui si sono fondate le civiltà e rappresentano un legame antico fra l’uomo e la natura, oltre a essere considerate un prezioso patrimonio per l’ecosistema. Ce ne parla Marco Gramaglia (quarta generazioni di vivaisti a Collegno, guida esperta durante una passeggiata tra i boschi durante Orticolario) “Sono piante che si possono mangiare. Sono centinaia e commestibili, ma non è semplicissimo individuarle, tanto più che sono che hanno comportamenti diversi in base alle stagioni e nell’anno cambiano forme e fioriture. Tutte hanno proprietà importanti e specifiche”
Per facilitare la digestione, con effetti depurativi, c’è il soffione, che tutti conosciamo e fa parte della tradizione del nord Italia. A parte le classiche come la borragine che hanno sempre grande spazio nei nostri piatti, oggi c’è grande attenzione anche per la piantaggine che la si utilizza molto nelle insalate e nei ripieni e ha un gusto leggermente amarognolo. Ma la faccenda si complica con l’etnobotanica, perché esistono rapporti diversi tra le diverse etnie e le diverse piante: non è detto che quello che consuma una popolazione venga consumato da un’altra. Ogni parte del mondo ha le sue preferenze e le sue tradizioni.
Importante la conoscenza perché senza non c’è modo per riconoscerle. La tossicità non è legata ad aspetti estetici né c’è una colorazione che caratterizza inequivocabilmente le piante velenose. Ci sono alcune specie altamente tossiche che, per esempio, sono pressoché identiche al prezzemolo, che invece usiamo tutti nelle nostre cucine. Il sistema migliore è andare alla ricerca insieme a qualcuno che le conosce, magari sfogliare un buon libro, considerando però che le piante cambiano aspetto di stagione in stagione e bisogna stare attenti ad affidarsi troppo alle immagini che si vedono. Detto questo, sono facili da riconoscere il trifoglio, l’ortica, il soffione e l’amaranto: con quelle si va sul sicuro.
Quest’anno filo conduttore di Orticolario è stato il tema dell’Eden: un giardino primordiale e selvatico, a bassa manutenzione e ricco di biodiversità, che trascende la comune idea di perfezione; un luogo dove la natura non può essere incasellata e controllata. È un invito a guardare ciò che ci circonda con un nuovo senso di meraviglia. Al centro di questa dimensione selvatica, appunto le preziose piante alimurgiche.










