Secondo giorno di navigazione e tutto procede per il meglio, sebbene l’onda lunga faccia soffrire molte persone in quasi tutti gli equipaggi. Sulla barca Zefiro si viaggia con un parlamentare dissidente della parte maggioritaria al Parlamento polacco e proprio per la fortuita coincidenza tra questa presenza e la bandiera polacca dell’imbarcazione il team legale del deputato sta valutando tutte le ripercussioni in caso di abbordaggio delle truppe scelte israeliane:  per esempio, un’imbarcazione che batte bandiera polacca può essere considerata territorio polacco a tutti gli effetti e quindi interpretare l’azione e il conseguente rapimento dei membri dell’equipaggio come un atto di guerra? Come si comporterà il governo polacco nei confronti di quello israeliano rispetto a tale azione? Sicuramente questo metterà in difficoltà il governo Netanyahu, così come gli eventuali segnali di SOS lanciati dalle barche attraverso l’EPIRB, un sistema satellitare di ricerca e soccorso previsto nelle convenzioni marittime internazionali, che obbliga ciascun Paese responsabile nella propria zona SAR a intervenire.

Anche questo fa parte della strategia di disobbedienza civile inserita nel quadro di una pressione politica contro il governo israeliano, affinché sospenda l’assedio a Gaza, interrompa il regime di apartheid e si sieda ad un tavolo per il raggiungimento di una convivenza pacifica per le prossime generazioni palestinesi ed israeliane.

Nel frattempo vediamo alla nostra poppa la nave Life Support di Emergency, una presenza rassicurante per tutta la flottiglia che ogni giorno discute su tutte le ipotesi possibili di reazione violenta dell’esercito sionista: blocco navale con fuoco di avvertimento, utilizzo di droni con sistemi avanzati di repressione, affondamento delle imbarcazioni,  abbordaggio, ecc… Ciò che può ottenere alto il morale, oltre alla nave ospedale all’orizzonte, è l’ipotesi di una reazione tutto sommato nonviolenta, perché qualsiasi atto contro la flottiglia sarebbe un boomerang insostenibile per un Paese che ormai da molti anni e soprattutto negli ultimi due, si sta isolando da tutto il contesto geopolitico internazionale, ma soprattutto dalla maggioranza delle popolazioni, che in quasi tutti i Paesi cominciano a manifestare in piazza sempre più duramente contro la cinica strategia geopolitica israelo-statunitense.

Non si tratta ovviamente di fenomeni di recrudescenza di un presunto, strisciante antisemitismo, ma semmai della presa di coscienza di che cosa realmente rappresentino il sionismo e la sua ideologia portata alle massime conseguenze nei confronti di una popolazione inerme, sottoposta a un regime di apartheid da oltre 80 anni anche grazie al supporto di un padrino facoltoso come gli Stati Uniti, senza il quale tutto ciò non sarebbe stato possibile.