Jourie Al-Masri
La lattante Jourie Al-Masri è morta a 3 mesi d’età, per fame. Giovedì sera, la neonata ha esalato l’ultimo respiro nella città di Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza centrale, dopo che la sua famiglia non era riuscita a procurarsi il tipo speciale di latte terapeutico di cui aveva bisogno. Ciò è dovuto alla carenza di forniture mediche e alimentari e alla continua chiusura dei valichi di frontiera imposta da parte di Tel Aviv, in concomitanza con il genocidio in corso contro i palestinesi.
Come tutti i bambini di Gaza, la piccola Jourie ha subito le devastazioni della guerra fin dalla nascita. La sua famiglia è stata costretta a fuggire sotto i bombardamenti israeliani e ha trascorso i suoi pochi giorni vivendo in condizioni difficili, senza cibo e cure, in un ambiente privo dei beni di prima necessità.
Nello stesso giorno è avvenuto un altro caso di neonato morto per fame. Chissà quanti altri casi sono avvenuti senza che se ne sappia nulla.
Cisgiordania
Devastazioni dei coloni armati, sostenuti dall’esercito di occupazione, nei terreni agricoli di contadini palestinesi a Massafer Yatta a sud di Al-Khalil e nei pressi di Ramallah. La tecnica è sempre la stessa: i coloni ebrei israeliani arrivano con i loro mitra, scortati dai soldati, distruggono i raccolti, devastano le strutture, sradicano gli alberi e bruciano i raccolti. Mohammed I’beid si è trovato i coloni in casa, hanno sparato in aria, distrutto i mobili, sequestrato i telefonini di tutta la famiglia per impedire la documentazione dell’accaduto e poi si sono ritirati sotto la protezione dei soldati. L’esercito di occupazione invece di arrestare gli aggressori, ha fermato I’beid che ha passato una notte sotto interrogatorio.
Lo stesso scenario si è visto a Shaqba, ad ovest di Ramallah. I coloni hanno anche sparato ferendo un giovane che aveva tentato di fermarli a mani nude.
Secondo il Comitato per la protezione delle terre, nel mese di maggio sono avvenute in Cisgiordania 631 aggressioni di coloni armati su terreni palestinesi e contro gli abitanti nativi. È una spaventosa operazione di pulizia etnica alla media di 20 aggressioni al giorno.
Libano
È stato ucciso un civile e altri 10 feriti nell’attacco dei caccia israeliani su Nabatiye, nel sud del Libano. Il ministero della Salute libanese aggiunge che l’attacco aereo è avvenuto contro una zona residenziale dove non ci sono né armi né gruppi militari. Come al solito Tel Aviv copre i suoi crimini parlando falsamente di un attacco contro una base di Hezbollah.
Il primo ministro libanese, Nawaf Salam, ha condannato fermamente l’attacco. I raid “rappresentano una flagrante violazione della sovranità nazionale e di quanto previsto dal cessate il fuoco raggiunto lo scorso novembre”, ha scritto Salam sul proprio account social, sottolineando che gli attacchi sono “una minaccia per la stabilità che vogliamo preservare”.
Aiea
Il direttore dell’Aiea (Agenzia Int. Energia Atomica), Grossi, insiste in modo sospetto nel voler visitare i siti iraniani colpiti dagli attacchi israeliani e statunitensi. Il ministro degli esteri iraniano Arakji ha escluso tale eventualità: “Grossi non ha condannato le aggressioni israeliana e statunitense. Di che cosa si preoccupa adesso? Di avere informazioni certe sul risultato di tali attacchi. Per fornirle a chi? E a che pro? Noi sappiamo difendere il nostro diritto alla costruzione di un sistema nucleare civile”.
Il direttore Grossi non passa giorno che non rilasci dichiarazioni stampa sull’obbligatorietà delle ispezioni nei siti nucleari iraniani. Il parlamento iraniano ha votato una risoluzione che annuncia la fine della collaborazione con l’Aiea e la possibile uscita dal trattato di non-proliferazione nucleare. Sarebbe un passo indietro gravissimo da parte iraniana, ma gli organismi tecnici dell’ONU dovrebbero operare con neutralità e senza protagonismi personali. Ricordiamo che Grossi è andato ad un incontro a Tel Aviv con funzionari governativi, nel gennaio 2022, malgrado Israele non sia membro del trattato alla base dell’Aiea.
Iran-Usa
Tenzone Khaminei-Trump. La guida spirituale iraniana aveva dichiarato due giorni fa che il suo paese ha “dato una lezione esemplare all’entità sionista”, aggiungendo che “gli Stati Uniti sono intervenuti in soccorso partecipando all’aggressione”. Una retorica vacua che nega l’evidenza e non guarda alla realtà delle distruzioni e devastazioni subite dalle città iraniane e ai danni causati dai caccia israeliani e Usa, che per 12 giorni hanno dominato i cieli iraniani senza che venisse abbattuto neanche un velivolo. Si congettura sulla salvezza del regime presentandola come vittoria della “compattezza del popolo”. Il cambio di regime non c’è stato. Ma è una magra consolazione.
Dal canto suo il padrone della Casa Bianca si crede un imperatore. Minaccia di tornare a bombardare un paese sovrano e deride il capo religioso e politico dell’Iran: “Gli ho salvato la vita da una morte sicura e invece di dire ‘grazie, presidente’, ha il coraggio di criticare”.
Generali trafficanti di droga
Se non riesci a sterminarli con mitra, cannoni e missili, allora uccidili con la droga. Dev’essere stato il ragionamento che hanno fatto i generali israeliani che presiedono alla distribuzione degli aiuti trappola, in collaborazione con la società di mercenari statunitensi GHF.
“Pillole di narcotico del tipo ‘Oxycodone’ all’interno di sacchetti di farina distribuiti dai cosiddetti centri di assistenza sostenuti da Stati Uniti e Israele”. È l’ufficio stampa del governo di Gaza a denunciare la presenza di questo farmaco analgesico oppioide, simile alla morfina, negli aiuti forniti alla popolazione civile. “Profonda preoccupazione e condanna per questa condotta criminale che mette a rischio la vita della gente ignara” è stata espressa dal governo di Gaza e dal ministero della salute. La documentazione è stata fornita all’OMS, l’organizzazione mondiale dell’ONU per la salute.
Ordine di sparare agli affamati
Haaretz rivela una notizia che si sospettava da tempo, ma che ora ha ricevuto un supporto testimoniale dall’interno dell’esercito israeliano di occupazione.
In un articolo pubblicato ieri, Haaretz rivela che soldati e ufficiali dell’esercito di occupazione israeliano hanno ricevuto ordini espliciti dai loro superiori di sparare su civili palestinesi disarmati in attesa di aiuti umanitari a Gaza, anche senza minacce evidenti. Testimonianze di soldati descrivono un uso sistematico della forza letale contro folle di civili, con centinaia di morti in vari incidenti. I comandanti avrebbero giustificato tali azioni considerando i civili in aree di combattimento come “potenziali sospetti”, senza prove concrete di pericolo.
L’articolo cita casi specifici, come sparatorie vicino a convogli umanitari, dove i soldati hanno agito seguendo direttive di aprire il fuoco su chiunque si avvicinasse troppo. Le indagini interne sono state criticate per la loro lentezza e per non aver affrontato adeguatamente la gravità degli eventi, chiedendo una revisione per valutare se tali azioni costituiscano crimini di guerra. L’articolo sottolinea il trauma psicologico dei soldati coinvolti, alcuni dei quali hanno espresso rimorso per aver eseguito ordini considerati moralmente sbagliati.
BDS funziona, anche in Italia
350 supermercati Coop hanno già sospeso la vendita di prodotti israeliani. Un gesto storico contro il genocidio a Gaza, nato dalla pressione dei suoi soci e dalle mobilitazioni degli attivisti BDS. E che può scatenare un effetto a catena anche per altre catene di distribuzione commerciale.
“Non in mio nome”
Artisti e giornalisti in piazza a Roma il 28 giugno per il popolo palestinese.
In difesa del popolo palestinese, mettendoci la faccia. Sono tanti i grandi nomi della musica, del giornalismo e non solo che parteciperanno alla manifestazione “Non in mio nome”, promossa dall’Associazione Schierarsi insieme ad artisti e tecnici del mondo dello spettacolo, in programma a Roma, in piazza porta San Paolo, sabato 28 giugno, dalle 15,30 alle 19.
Altre iniziative di solidarietà: oggi, a Palermo nel pomeriggio sul Lungomare Arafat e a Messina: Stop al genocidio – Corteo per la Palestina –
Domani, 29 giugno Presidio per la Pace a Chieri (To). Contro ogni guerra e genocidio.
Sciopero della fame a staffetta contro il genocidio
Vi chiediamo di scattare una vostra foto con un cartello “IO DIGIUNO X GAZA”. Una lunghissima galleria di immagini che trasformeremo in un mosaico di solidarietà. Mandateci le foto a anbamedaps@gmail.com e pubblicatele sui vostri account social.
Abbiamo oramai superato le 6 settimane di digiuno per Gaza. Oggi, Sabato 28 giugno, prosegue per la 44a giornata l’azione nonviolenta di sciopero della fame per 24 ore a staffetta. L’azione continuerà nei prossimi giorni con la partecipazione di altri gruppi, fino al cessate il fuoco definitivo. Gli iscritti sono tantissimi e, secondo le disponibilità espresse, costruiremo il calendario con l’elenco dei partecipanti di tantissime città italiane, europee e arabe.
Aderenti allo sciopero della fame x Gaza – sabato 28 giugno 2025










