Il fenomeno del cosiddetto “rossobrunismo”, (discendente del “nazimaoismo”) non è mai stato sufficientemente approfondito né dagli storiografi del neofascismo, né dai politici e dai militanti della sinistra. La “simpatia” che certi settori della destra estrema hanno spesso rivolto a contenuti ed associazioni di sinistra (categorie marxiane e gramsciane) è però qualcosa da tenere d’occhio, perché può dare luogo anche a situazioni pericolose per chi milita in certi settori. Già negli anni 20 in Germania si sviluppò il movimento dei “nazionalbolscevichi”, che abbracciava problematiche di sinistra con indicazioni nazionaliste (praticamente quello che ha detto ai tempi nostri JeanMarie Le Pen, dopo avere vinto le “primarie” in Francia: ossia che è “socialmente a sinistra, economicamente a destra e nazionalista francese”); vagheggiavano, tra l’altro, un’alleanza con l’Unione Sovietica. Furono eliminati dal nazismo, né più né meno che gli oppositori del regime. Dopo varie peripezie, che narreremo brevemente più avanti, a partire dall’anno 2000 gli eredi di questi nazionalbolscevichi (“comunitaristi” e “comunisti nazionalitari”) hanno iniziato a frequentare ed a cercare contatti con gli ambienti della sinistra antimperialista ed internazionalista, i cui militanti molto spesso – o per non conoscenza, o per un malinteso pragmatismo – non hanno preso le distanze da loro. I risultati di questa attività – che osiamo definire di “entrismo” – li stiamo vedendo ora nella più totale confusione semiotica nella definizione di sinistra in balia tra una balcanizzazione da parte della “sinistra” neoliberale, i veri rossobruni che alimentano la confusione e chi usa l’etichetta di “rossobruno” per disarmare qualunque pensiero critico a sinistra. Di questo ne parliamo con Claudia Cernigoi, ricercatrice dei gruppi Diecifebbraio e Resistenza Storica e tra le fondatrici di Radio Città Trieste Canale 89, la prima radio libera politicamente impegnata a sinistra alla fine degli anni Settanta. È stata tra i fondatori di Radio Onda Libera nel 1980, ha collaborato per diversi anni con l’emittente radiofonica bilingue “Radio Opčine” di Trieste ed ha diretto per alcuni anni “il Movimento”, periodico del Movimento dei Finanzieri democratici. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1990 dirige il periodico triestino “La Nuova Alabarda”. Il suo ambito di ricerca verte sulla Seconda Guerra Mondiale, il neofascismo, la strategia della tensione e la storia del confine orientale. È stata tra le consulenti storici per la difesa di Oskar Piškulić nel cosiddetto “Processo per le Foibe” di Roma.

Cosa è e come nasce il “rossobrunismo”?

Con il termine “rossobrunismo” va intesa, a mio parere, più una pratica politica che una ideologia vera e propria. Le radici affondano nella Germania degli anni ’20, quando si sviluppò il movimento dei “nazionalbolscevichi”, che univa tematiche di sinistra con indicazioni nazionaliste (come le successive posizioni di Jean-Marie Le Pen che dichiarò di essere «socialmente a sinistra, economicamente a destra e nazionalista francese»). Questo movimento ipotizzava anche un’alleanza con l’Unione Sovietica, ma i suoi esponenti furono ben presto eliminati dal regime nazista quando andò al potere.

All’inizio degli anni ’60 l’ex SS belga Jean Thiriart iniziò a teorizzare il “comunitarismo” come superamento del fascismo che era uscito sconfitto dalla guerra, fondando l’associazione Jeune Europe (Giovane Europa in Italia) che raccolse molti nostalgici del nazismo e del fascismo e si connotò in senso “antiamericano” (più esattamente “antistatunitense”), con la visione di un’Europa indipendente unita “da Dublino a Vladivostock”, ed alleata dei nazionalisti e dei rivoluzionari del Terzo Mondo.

Nel 1962 a Venezia ci fu la fondazione del Partito Nazionale Europeo, che vide tra i coordinatori, oltre a Thiriart, l’ex ufficiale nazista Adolf von Thadden, l’ex leader del partito filonazista britannico, sir Oswald Mosley ed il conte Alvise Loredan, che rappresentava la fazione del MSI più legata a Pino Rauti. In seguito in Italia abbiamo visto la creazione di movimenti e circoli “nazimaoisti” che per lo più ebbero una funzione di “entrismo” nei movimenti di sinistra: emblematica l’operazione di Claudio Mutti, animatore (ancora oggi) della rivista “di geopolitica” Eurasia, collaboratore di Franco Freda e fondatore di un’associazione Italia-Libia, alla quale aderì anche Claudio Orsi, che si mise in luce come uno dei primi creatori di gruppi sedicenti maoisti nel Veneto: attorno a questa associazione ruotarono Franco Freda, Giovanni Ventura e il conte veneto Pietro Loredan (fratello dell’Alvise sopra citato), i cui nomi comparvero poi nelle indagini per le bombe di piazza Fontana e di Roma del 12 dicembre 1969.

Ricordiamo la definizione dei “nazimaoisti” che si trova nel libro-denuncia La strage di Stato: venivano così detti per la loro tendenza a presentarsi «alle assemblee del Movimento studentesco gridando slogan tipo Hitler e Mao uniti nella lotta e Viva la dittatura fascista del proletariato, e provocando spesso gratuiti scontri con la polizia».

Dagli anni ’90 si è visto un rifiorire di testate “comunitariste” che a fronte di un preteso senso di “antimperialismo” hanno cercato di trovare un contatto con i movimenti internazionalisti (soprattutto nel corso delle aggressioni condotte dall’Occidente alla Jugoslavia, all’Iraq, alla Siria e alla Libia, e in anni più recenti a seguito del conflitto russo-ucraino), favoriti in questo dal fatto che molti partiti della sinistra, se non sostenevano direttamente la politica filo Nato (come il PD, che può però essere considerato un partito di “ex sinistra”), prendevano la posizione definita “néné” da Fulvio Grimaldi, cioè, pur criticando le aggressioni non si portava effettiva solidarietà ai Paesi aggrediti in quanto non si “condividevano” le posizioni dei loro governi, senza considerare il diritto all’autodeterminazione politica dei popoli stessi.

Perché la destra radicale e i movimenti dell’estrema destra (es: Ordine Nuovo, Terza Posizione), ad un certo punto, hanno sentito la necessità di strumentalizzare categorie gramsciane e marxiane in senso reazionario?

Per quanto riguarda Ordine Nuovo (su Terza posizione, che peraltro è stata una sorta di “erede” di ON, non vi sono conferme o smentite ufficiali) si è soprattutto trattato di una manovra di provocazione anticomunista, in quanto erano manipolati dalla Nato e dalla CIA: cito quanto dichiarò nel 1997 al Giudice Mastelloni di Venezia il Generale Emanuele Borsi di Parma, già Capo di Stato Maggiore della III Armata negli anni ’60, e cioè che il SIFAR aveva comunicato l’esistenza di una «organizzazione paramilitare di estrema destra, probabilmente chiamata Ordine Nuovo, sorretta dai servizi di sicurezza della NATO»; aggiungo che nella sentenza di primo grado per la strage di Bologna (2/8/80) appare che «i servizi segreti italiani militari e civili avevano a rispettivo punto di riferimento le due organizzazioni eversive della destra: Ordine Nuovo, che lavorava con i militari, e Avanguardia Nazionale che collaborava con l’Ufficio Affari Riservati». Usare le categorie politiche dei “nemici” per infiltrarsi e creare azioni di provocazione era quindi obbligatorio per Ordine Nuovo.

Questo nella popolazione ha contribuito a generare una confusione semiotica tra ciò che è destra e sinistra, attingendo da culture politiche diverse. Chi ritieni abbia contribuito maggiormente all’ampliamento di questo fenomeno? Riesci a farci degli esempi storici e contemporanei di rossobrunismo?

Oltre agli esempi che ho fatto prima, aggiungo che il fenomeno si è ampliato negli ultimi vent’anni con l’avvento dell’idea “né di destra né di sinistra” (ritenuta un valore positivo), che prevedeva comunque il rinnegare i valori di sinistra. I promotori “colti”, come Costanzo Preve, ma anche Giulietto Chiesa, provenienti dal PCI (nel quale avevano anche svolto ruoli di una certa importanza), dopo lo scioglimento del loro partito e la costruzione del PDS (poi DS e poi PD) al quale aderirono la maggior parte dei vecchi dirigenti, invece di rivolgersi ai partiti comunisti che erano rimasti in vita, e contribuire a creare una nuova sinistra comunista, adeguata ai cambiamenti politici del tempo, decisero invece di “rinnegare” in toto il concetto di “sinistra”, non considerando, come del resto faceva già la vecchia nomenclatura del PCI, altra “sinistra” al di fuori del PCI. Quindi si sono rivolti alla “destra”, e proprio alla destra comunitarista, che aveva preso posizione contro i bombardamenti Nato sulla Jugoslavia, “ignorando” che non era stata solo questa destra a schierarsi contro (furono attivi Rifondazione, i Verdi, i sindacati di base, i pacifisti cattolici, gli anarchici…). È in questo contesto politico che è sorta la “terza via” dei movimenti “né di destra né di sinistra” (in termini di voti questa scelta politica sarà pagante solo per il movimento di Beppe Grillo, ma questo è un altro discorso). Su queste basi Chiesa fondò, assieme a Franco Cardini (già esponente della Giovane Europa e sempre rimasto su posizioni di destra), il suo movimento politico Alternativa e a fronte dell’affermazione che “la sinistra” non esisteva più, non disdegnò invece di partecipare alle iniziative di una organizzazione dichiaratamente fascista come CasaPound.

Si può anche citare, come esempio della devastazione del pensiero politico di sinistra in Italia, il ruolo di Diego Fusaro, che presentandosi come “marxista” nelle sue esibizioni mediatiche piene di concetti espressi in modo incomprensibile, ma sempre con molta arroganza e sicumera, ha contribuito non poco a screditare il pensiero e le idee del comunismo, anch’egli vicino a CasaPound in più di un’occasione.

Il rossobrunismo è dunque una manipolazione reazionaria dei temi della sinistra da parte dell’estrema destra, ma non è l’unico a strumentalizzarli. Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad operazioni di “redwashing” da parte di aziende e pubblicità, che hanno adoperato forme di propaganda per ripulire la loro immagine o creare una facciata di sensibilità su temi come l’uguaglianza sociale, la parità, la lotta alla povertà e alle discriminazioni tipica della politica dei partiti di sinistra. Nello stesso modo, anche una certa forma di liberal-progressismo (anche chiamato neoliberismo progressista, “sinistra liberale”, “sinistra neoliberale) ha cercato, vincendo de facto, di spacciare per “sinistra” idee e valori che non sono mai stati collocabili a sinistra, ma piuttosto a posizione centriste moderate, liberali, o affini al centro-destra. Le idee di sinistra oggi sono attaccate da dentro e da fuori?

L’equivoco che ha portato a questa situazione è che si è continuato (si continua ancora) a considerare “sinistra” una parte politica che non può assolutamente essere considerata tale; volendo fare una battuta, si può dire che a confronto di essa la Democrazia Cristiana della corrente di Aldo Moro sarebbe da considerare più che “rivoluzionaria”. Non si può definire “sinistra” i partiti politici che hanno governato negli anni con politiche di destra e controriforme che hanno eliminato quasi tutte le conquiste raggiunte dai movimenti negli anni ’70 (diritti dei lavoratori, assistenza sanitaria pubblica, riforma dell’ordinamento scolastico, diritto alla casa…), che hanno privatizzato tutto ciò che era pubblico, svendendo anche le eccellenze del nostro Paese, permettendo che i capitali andassero all’estero perché ciò serviva ad arricchire gli imprenditori, lasciando però le maestranze prive di lavoro (e di reddito), per non parlare delle politiche sulla sicurezza e sull’ordine pubblico, sull’immigrazione (con gli infami accordi con il governo libico), sul riarmo e le politiche di guerra invece che di distensione, ed infine anche con la revisione della storia che ha portato ad una narrazione “tossica” in cui sono stati rivalutati il fascismo ed i loro esponenti mentre sono stati criminalizzati gli antifascisti se comunisti o internazionalisti, come per la questione delle “foibe” al confine orientale. Ricordiamo che è stato il diessino Luciano Violante a “tendere la mano” ai “ragazzi di Salò”, con quello che ne è seguito.

Ma il fatto di presentare come “sinistra” un centrodestra filo capitalista e seguace dell’imperialismo atlantico, è servito a screditare anche le ultime rimanenti frange di sinistra “vera”, coerente con i temi di giustizia sociale e solidarietà internazionale, per cui chi non si riconosce nella destra post-fascista di Meloni non ha più riferimenti politici adeguati alla necessità del momento politico che stiamo vivendo.

È in tal modo che possono aprirsi spiragli di collaborazione tra chi si ritiene ancora portatore di ideali di giustizia sociale ed internazionalismo con la destra “comunitarista” che sa come presentarsi in modo da rendersi accattivante su questi argomenti: il discrimine avviene però quando si affronta la questione dell’antifascismo e, soprattutto, della Resistenza e della Resistenza al confine orientale: è a questo punto che il più acceso “comunitarista”, convinto assertore del diritto dei popoli all’autodeterminazione, si rivelerà come un accanito fascista “antislavo”.

Purtroppo noi sappiamo che in tempi di culture war, di forte polarizzazione dell’opinione pubblica e di una narrazione dominante che cerca di creare un binarismo di pensiero per incanalare l’opinione comune verso dibattiti sterili, spesso sono sorte etichette e locuzioni strumentali usate come armi politiche per demonizzare e ridicolizzare il dissenso. Questo ha portato, fuori dal loro significato, ad un abuso dei termini “complottista”, “rossobruno”, “campista”, “populista”, “fascista” usati in maniera retorica o impropria imponendo quasi un limite alla critica, oltre al quale non si può andare proprio a causa del rischio di essere additati. Quindi cosa è rossobrunismo e cosa non lo è?

Come dicevo prima, “rossobruno” è una definizione vaga che può intendere molte cose. Che le analisi di pensatori di destra (il russo Alexander Dugin, ad esempio) siano condivisibili, quantomeno in parte, da chi ha una visione anti-imperialista della lotta politica e contesta la politica “occidentale” (intendo con questo termine quella attuale dell’Unione Europea, che da un ventennio è diventata il cane da guardia degli interessi USA nel nostro continente, ma non solo), è un dato di fatto, ma che a diffondere certe teorie politiche, che alla fine si rifanno alla visione di Thiriart (che fu quella portata avanti da Avanguardia Nazionale) la già vista “Europa unita dall’Atlantico agli Urali”) siano oggi i discendenti del vecchio Ordine nuovo (parlo di Rainaldo Graziani, figlio del Clemente fondatore di ON, che è il riferimento italiano di Dugin) è ovviamente un grosso problema politico, che purtroppo in certi ambienti della sinistra internazionalista viene “ignorato” o sottovalutato. Se pensiamo a come si è evoluto in senso negativo l’ex comunista Marco Rizzo, che ha ormai fatto proprie tutte le più becere parole d’ordine di una destra retriva e conservatrice, non si può più nemmeno parlare di “rossobrunismo”, ma direttamente di “filo post-fascismo”.

L’ignoranza su questi temi è grande perché purtroppo stanno scomparendo le culture politiche, le riflessioni critiche e vi è in atto una progressiva depoliticizzazione della popolazione che nel frattempo crea un terreno fertile per queste trappole e fare proselitismo. Quale può essere una soluzione/proposta per combattere questa deriva, oltre al seminare cultura e definire qual è l’importanza della politica?

La risposta è proprio “seminare cultura”: far conoscere la storia, il passato di certi personaggi che oggi si presentano come pensatori “antisistema”, che dicono cose giuste in tema di politica internazionale, che parlano spesso in termini di buon senso, ma mantengono però una ambiguità su questioni come fascismo ed antifascismo; aspiranti leader che riescono a prendere il posto di altri esponenti politici che non hanno il coraggio di tirare fuori le parole giuste in modo da aggregare nuovamente, ma su valori di sinistra, le persone che vorrebbero ricreare un movimento contro l’imperialismo guerrafondaio che ci sta portando verso una guerra mondiale che sarebbe, come disse Einstein, l’ultima, perché ne seguirebbe una distruzione completa dell’umanità.

Però ricordo come non sia stato accolto bene dai “compagni” l’avere a suo tempo rilevato che uno dei “pensatori” di Risorgimento socialista (partito che conta molto poco in termini di peso politico, ma viene regolarmente inglobato nelle coalizioni elettorali che fanno capo all’area di Rifondazione comunista) è l’ex dirigente del FUAN Biagio Cacciola, protagonista di vari tentativi di coinvolgere militanti di sinistra in iniziative (ma anche negli scontri di piazza, da Valle Giulia nel 1968 alla cacciata di Lama da Bologna nel 1977 fino al G8 di Genova) con la destra, candidato per la Destra di Storace nel 2012.

E vedo oggi “compagni” di vario tipo, giustamente critici nei confronti della politica di riarmo condotta dal PD (che non si discosta da quelle condotte dal governo italiano e da quello europeo), e dell’ignavia nei confronti della criminale politica israeliana che dopo avere iniziato il genocidio a Gaza sta allargando il conflitto al resto del Medio Oriente, li vedo condividere, citare, portare ad esempio le prese di posizione di pensatori già fascisti e comunque con una visione di destra radicale, come Franco Cardini (che fu il principale collaboratore di Giulietto Chiesa), o di Maurizio Blondet (un integralista cattolico con picchi di xenofobia).

Io vedo una incapacità di fondo di comprendere le dinamiche politiche in cui ci troviamo ad essere, alla fine, più spettatori che protagonisti; mancano le occasioni di incontro politico in cui dibattere e chiarirsi le idee, manca anche, purtroppo molto spesso, la capacità di mettersi in discussione e comprendere come talune “collaborazioni” non possano portare avanti una giusta lotta, ma servono soltanto a creare confusione e disillusione nei confronti di una possibile costruzione di un nuovo movimento di sinistra per la pace e la giustizia di classe.

 

Ulteriori informazioni:

http://www.nuovaalabarda.org/dossier/comunitaristi_e_nazimaoisti.pdf

https://www.cnj.it/INIZIATIVE/FalsiAmici/atti_cernigoi.pdf

https://www.comune.bologna.it/iperbole/asnsmp/Evangelisti_I_rosso_bruni.pdf

https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/07/la-sinistra-di-destra-la-lotta-di-classe-e-il-decoro/