Riceviamo dal Direttore del Centro Astalli nazionale,p.Camillo Ripamonti
Nelle ultime settimane, tra preoccupazione e smarrimento, abbiamo visto andare in scena lo spettacolo della guerra o forse, peggio, il grande gioco della guerra, giocato come fosse un grande Risiko, e che si è sovrapposto alle decine di altri conflitti in corso.
La “guerra dei 12 giorni”, come è stata battezzata quella tra Iran e Israele, iniziata nella notte tra il 12 e il 13 giugno con un attacco israeliano per scongiurare l’atomica iraniana, si è conclusa (nel momento in cui si scrive è in vigore una tregua) in modo sui generis così come era cominciata, consumata in poco tempo.
Un gioco pericoloso tra adulti, rimasti probabilmente troppo bambini, ma certamente privi dell’innocenza dell’infanzia, per i quali sembra impossibile comprendere che la guerra è una cosa seria e che è un azzardo cominciarne una, perché poi va a finire sempre in un solo modo: con la sconfitta, che è di tutti.
In un contesto internazionale siffatto si è ribadito: «Si vis pacem, para bellum».
Il Centro Astalli che, accompagnando i rifugiati, conosce l’odore acre della guerra preferisce: «Si vis pacem, para pacem».
Forse saremo additati come irenici idealisti, ma preferiamo giocare alla pace, che giocare alla guerra.
Camillo Ripamonti SJ










