Non basta creare bellezza: l’arte deve parlare, scuotere, cambiare. E deve farlo senza paura.

Nel cuore di Napoli, la retrospettiva Euforia, dedicata a Tomaso Binga, pseudonimo maschile scelto da Bianca Pucciarelli Menna, classe 1931 è molto più di una mostra: è un atto di resistenza, una dichiarazione di libertà.

Un’impresa ancora più straordinaria se si considera il contesto in cui, oltre cinquant’anni fa, una donna decise di sfidare le convenzioni sociali, culturali e artistiche con ironia, intelligenza e tenacia.

Con il coraggio di chi sa che il gioco può essere un’arma potentissima, Tomaso Binga adotta un nome maschile per svelare il privilegio di genere che ancora domina il mondo dell’arte. Non una maschera, ma uno specchio paradossale che riflette, con disarmante lucidità, la struttura discriminatoria ereditata e tuttora presente.

“Il mio nome maschile, racconta Binga, gioca sull’ironia e lo spiazzamento; vuole mettere allo scoperto il privilegio maschile che impera nel campo dell’arte, è una contestazione per via di paradosso di una sovrastruttura che abbiamo ereditato e che, come donne, vogliamo distruggere. In arte, sesso, età, nazionalità non dovrebbero essere delle discriminanti. L’Artista non è un uomo o una donna ma una PERSONA.”

Attraverso opere che coniugano corpo, parola e gesto, Binga trasforma la semplicità in strumento dirompente. Il suo corpo, terreno storico di dominio patriarcale, diventa linguaggio, scrittura vivente, provocazione gioiosa.

Opere come Alfabetiere Murale (1976), dove l’artista forma con il proprio corpo le lettere dell’alfabeto, rompono la barriera tra linguaggio verbale e visivo, tra parola e carne. La stessa forza emerge in Oblò (1972) e nella performance Oggi Sposi (1977), matrimonio simbolico tra sé stessa e il suo alter ego maschile, Tomaso Binga, che smaschera con raffinata ironia le norme di genere e di ruolo.

A fianco della forza evocativa delle opere, è utile ricordare alcuni elementi chiave per comprendere il contesto e il percorso di Tomaso Binga.

Nata a Salerno nel 1931, Bianca Pucciarelli Menna si afferma sulla scena artistica italiana negli anni ’70, portando avanti una ricerca che intreccia poesia visiva, performance art e critica sociale.

In quegli anni, il movimento femminista italiano era nel pieno delle sue battaglie più accese, e l’opera di Binga si inserisce come voce radicale che usa il linguaggio artistico per sovvertire e reinventare.

Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina, sottolinea: “Il lavoro di Binga sfida le convenzioni sociali e culturali, esplorando temi legati al genere e alla critica del linguaggio. Esempi emblematici del suo contributo sono gli alfabeti in cui il corpo dell’artista assume le forme delle lettere, una sintesi tra linguaggio verbale e visivo.”

La mostra Euforia, curata da Eva Fabbris, ripercorre cinquant’anni di attività, mettendo in evidenza la coerenza e la forza di una pratica che non si è mai piegata ai compromessi né alle mode.

Il titolo stesso, amato dall’artista perché contiene tutte le vocali ed evoca un sentimento universale di apertura e vitalità, si carica di significato politico: un augurio e una necessità di resistenza, oggi come ieri.

Il percorso espositivo, allestito negli spazi del Museo Madre di Napoli, offre una selezione significativa di lavori storici e di documentazione, permettendo al visitatore di cogliere come il corpo e la parola siano diventati strumenti di emancipazione e consapevolezza.

Non si tratta solo di un omaggio a un’artista fondamentale, ma di un invito ad ascoltare, osservare, interrogarsi: perché la battaglia contro le disuguaglianze di genere, anche nell’arte, non è mai conclusa.

Euforia sarà visitabile al Museo Madre di Napoli fino al 21 luglio 2025. Un’occasione per immergersi in un linguaggio che ancora oggi continua a parlare con radicalità e leggerezza al tempo presente.

Uscendo dalla mostra, resta impressa una certezza semplice e potente: la libertà non è mai una concessione. È una costruzione quotidiana, fatta di gesti, parole, corpi che osano oltre il consentito.

Tomaso Binga, con il suo sorriso e la sua ostinazione creativa, ci lascia un messaggio limpido: non smettere mai di inventare alfabeti nuovi, di riscrivere il mondo, di occupare con gioia e coraggio ogni spazio che ci è stato negato.

 

Fotografie di Lucia Montanaro