L’Osservatorio JobPricing anche quest’anno, per il 10° anno consecutivo, in collaborazione con InfoJobs, indaga sul panorama della soddisfazione salariale in Italia, analizzando il rapporto tra retribuzione, motivazione e soddisfazione dei lavoratori e delle lavoratrici italiane e mettendo in luce i fattori che influenzano la scelta, la permanenza o il cambiamento del posto di lavoro. Il dato più evidente che emerge quest’anno è l’insoddisfazione diffusa: l’indice medio di soddisfazione retributiva si attesta a 4,2 su 10, ben al di sotto della soglia della sufficienza. Solo il 4,1% si dichiara molto soddisfatto del proprio pacchetto retributivo, mentre oltre il 60% esprime un giudizio negativo. Ma il Report va oltre il solo salario fisso e adotta un approccio Total Reward, analizzando anche benefit, premi, flessibilità, formazione e altri elementi intangibili che influenzano il benessere delle persone. E proprio questi aspetti si confermano determinanti: la soddisfazione cresce in presenza di pacchetti retributivi articolati, dove la componente variabile, i benefit e il welfare incidono positivamente sul giudizio complessivo.
Meritocrazia e fiducia sono i punti più critici. Gli indici peggiori sono legati alla fiducia nei sistemi di riconoscimento del merito: il punteggio sulla meritocrazia è il più basso in assoluto (3,4), seguito da “fiducia e comprensione” (3,6) e “performance e retribuzione” (4,0). Le persone che percepiscono solo una retribuzione fissa sono le meno soddisfatte in ogni ambito. Il report mostra chiaramente che la presenza di un sistema di valutazione delle performance, soprattutto se strutturato e collegato alla retribuzione, è associata a livelli di soddisfazione più elevati. Dove il performance management è formalizzato, si registra un netto miglioramento dell’indice di soddisfazione generale – cha sale a 4,7 – e in tutti gli altri indici. In particolare: trasparenza, fiducia e meritocrazia.
Ma cosa conta davvero per scegliere, cambiare o restare in azienda? Se la retribuzione fissa è il primo fattore nella scelta di un nuovo lavoro, a trattenere le persone in azienda sono soprattutto le relazioni interpersonali, la flessibilità oraria e lo smart working. Gli elementi intangibili, spesso sottovalutati, pesano moltissimo sul senso di soddisfazione e sull’engagement. Un quarto degli intervistati ha cambiato lavoro negli ultimi due anni e il 54% di questi si dichiara oggi più soddisfatto. Allo stesso tempo, due lavoratori su tre dichiarano l’intenzione di cambiare nel 2025, a dimostrazione di un malessere diffuso che va affrontato con politiche HR più attente e inclusive. E anche questo rapporto mette in evidenza il Forte divario di genere: le donne si dichiarano sistematicamente più insoddisfatte rispetto agli uomini – soddisfazione generale donne 3,6 contro 4.5 degli uomini – in tutte le dimensioni analizzate. Il divario è particolarmente evidente su equità, meritocrazia, performance e retribuzione. I dati mostrano che le donne attribuiscono maggiore importanza alla flessibilità e allo smart working, ma percepiscono minore trasparenza nei sistemi di riconoscimento.
“La leva monetaria, si legge nel Rapporto, rappresenta il principale motore di cambiamento: due persone rispondenti su tre oggi cambierebbero lavoro per ottenere un miglioramento dello stipendio fisso. Tuttavia, per quanto la componente monetaria risulti decisiva, ciò accade principalmente in relazione alla parte fissa: la componente variabile della retribuzione nel corso del tempo sembra invece aver perso di importanza, probabile anche che venga percepita come meno rilevante, (oltre al fatto che non è presente in tutti i pacchetti retributivi), tanto che solo un quarto delle lavoratrici e dei lavoratori la indica come condizione importante da considerare per un cambiamento del posto di lavoro. e intraprendere percorsi di crescita in realtà in cui viene riconosciuto il valore individuale. Anche la possibilità di lavorare da remoto rappresenta una leva importante nella scelta legata al cambiamento del posto di lavoro, così come quella della flessibilità oraria. I Benefit di mobilità lavorativa (21,2%) si posizionano più vicini in termini percentuali al risultato del precedente report (27,3%), mentre quelli legati al tempo libero (13,8%) e quelli assistenziali (13,3%) si posizionano più in basso.”
Lo studio evidenzia come ci sia una correlazione piuttosto chiara tra soddisfazione ed equità interna, aspetto che fa si che l’equità sia un elemento sempre più forte nella determinazione della soddisfazione complessiva: le lavoratrici e i lavoratori stanno acquisendo consapevolezza su questo tema, e avere regole che garantiscano equità interna diventa una sfida da affrontare, non solo per i professionisti delle risorse umane: in un contesto di carenza di risorse qualificate, infatti, la capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti non può che essere un fattore decisivo di competitività aziendale
Qui per scaricare il Rapporto: https://osservatoriojobpricing.it/report/salary-satisfaction-report.










