Intervento di Francesca De Vito, al Convegno di Rethink Europe, Roma 9 aprile 2025.

Vi ringrazio per avermi dato l’opportunità partecipare a questo prezioso evento. Sono qui non solo in veste di co-organizzatrice e marciatrice della Terza Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza (conclusasi agli inizi di gennaio) e volontaria dell’associazione Energia per i diritti umani APS che aderisce alla campagna Europe for Peace, ma anche come biologa ricercatrice che teme per le sue ricerche e comune cittadina, preoccupata per il suo futuro, per quello delle nuove generazioni e della casa in cui abitiamo, il nostro caro Pianeta Terra.

Tutti noi abbiamo chiaro, come è stato ribadito più volte durante questo incontro, che davanti a noi si aprono due strade: la pace crescente o la distruzione crescente.

Sono convinta che un’Europa di pace sia possibile. E, spingendomi ancora oltre, che sia possibile costruire una Nazione Umana Universale, fondata sulla pace, la pace positiva di cui parla Galtung. La ricetta che vi propongo si può riassumere in una sola parola:

CONVERGENZA.

Convergenza di chi? Di tutte le forze pacifiste. Svariati sondaggi dimostrano che la stragrande maggioranza delle persone, in Italia e in Europa, rifiuta la guerra e si oppone un riarmo dell’Europa a scapito di sanità, istruzione e diritti sociali. Una maggioranza ampia. Silenziosa? Che tentano in tutti i modi di far tacere, ma che si sta cercando di ribellare a questo.

Di che tipo di convergenza sto parlando? Non è una convergenza per convenienza o per mero calcolo guidato da un individualismo schizofrenico. È una convergenza spinta da un cambiamento profondo dell’essere umano. Perché se esiste qualcosa di “naturale” nell’essere umano, non è certamente la guerra ma il cambiamento di se stesso e del mondo, come ci ricorda più volte Silo nelle sue opere.

Una convergenza di persone in un movimento di massa orizzontale che eserciterà pressione dal basso su istituzioni e politici per interrompere l’insensata corsa agli armamenti e promuovere un modello di gestione dei conflitti basato sulla diplomazia e sulla cooperazione internazionale, in definitiva basato sulla nonviolenza.

Come si fa a convergere? Ognuno comincia da sé. “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” ci dice Gandhi. Ognuno di noi può cominciare dal disarmare le relazioni con le persone nel proprio ambito medio immediato. Può cambiare il linguaggio, può costruire ponti al posto di muri, può abitare i confini, anche mentali, come luoghi di incontro da creolizzare. Ognuno di noi può iniziare a convergere.

Convergere significa riuscire a superare l’homo homini lupus di Hobbes, che agisce da sottofondo della Civiltà Occidentale insieme all’”Occhio per occhio, dente per dente”, per passare dall’Io al Noi, abbracciando la filosofia dell’Ubuntu, in cui ciascuna e ciascuno di noi esiste in relazione alle altre persone.

Convergere vuol dire mettere da parte le questioni secondarie, focalizzandosi su ciò che è veramente necessario. In un edificio che sta crollando, non discutiamo sull’arredamento: uniamo le nostre energie, nella nostra diversità, per salvarci tutte e tutti insieme, cooperando. In questa precarietà possiamo riscoprire e vivere il senso più autentico di comunità. Solidarietà, interdipendenza e cura reciproca.

Convergere significa fare rete, riparare la rete dell’Ubuntu, contrastare la disumanizzazione dell’essere umano a cui viene esposto. È questo l’atto più concreto e coerente che ogni persona può compiere in questo momento storico, indipendentemente dal ruolo e dal lavoro che svolge nella società. “Siamo sazi di armi e proiettili. La fame che abbiamo è di cibo, di medicine, di educazione; di sviluppo equo-sostenibile, di giustizia, democrazia reale” (liberamente tratto dalla manifestazione del 5 aprile 2025). Convergiamo.

Francesca De Vito, Rethink Europe, Roma 09 aprile 2025