Domenica 30 marzo il millenario villaggio indigeno di Tixán, situato sulle alture della Sierra centrale ecuadoriana, ha accolto nella sua piazza centrale più di 7.000 persone riunite per assistere alla firma dell’Accordo per la Vita tra [il partito politico progressista, NdT] Revolución Ciudadana e Movimiento Pachakutik, il braccio politico della Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE).

«Con l’arcobaleno possiamo sollevarci. Siamo qui per ricostruire una patria distrutta. Oggi sono qui con il cuore ardente e la voce ferma. Sono una donna, sono giovane, sono indigena e la mia storia è la storia di migliaia di persone che hanno combattuto, sono cadute e si sono rialzate. Oggi i due movimenti firmano il loro impegno ad andare avanti per un Ecuador plurinazionale, libero dalla violenza, per la pace e la vita».

Con queste parole della giovane leader del Popolo Puruhá, Mónica Yulema, è iniziata la colorata azione assieme ai rappresentanti di molteplici organizzazioni del Paese, l’abbagliante presenza dei poncho rossi e l’agitazione delle bandiere blu e arcobaleno.

L’Accordo per la Vita e la Plurinazionalità è stato firmato dalla candidata presidenziale Luisa González e dal coordinatore nazionale del movimento plurinazionale Packakutik, Guillermo Churuchumbi, che ha sottolineato: «Non un solo voto alla destra. Siamo contrari alla privatizzazione, per questo firmiamo l’accordo. Vogliamo salute, dignità, lavoro, un buon trattamento per le donne e i bambini». Da parte sua, la candidata Luisa González ha dichiarato: «Questa è una giornata storica. Oggi questa unità è un atto d’amore per 18 milioni di ecuadoriani, è un atto di dedizione al popolo ecuadoriano, è una dimostrazione di maturità politica, della maturità che dobbiamo avere noi leader che cerchiamo la trasformazione del Paese».

Sotto il sole e il vento delle montagne, è risuonato l’eco dei venticinque accordi letti pubblicamente, con un appello finale «all’unità di tutte le forze progressiste e di sinistra per respingere il progetto neoliberale guidato da Daniel Noboa, per appoggiare la candidatura di Luisa González alle prossime elezioni del 13 aprile e lavorare per una via d’uscita dalla crisi e dalla violenza, dando priorità all’essere umano, alla dignità, all’equità sociale e al rispetto dei nostri diritti fondamentali che la Costituzione e la legge ci garantiscono». Tra gli accordi programmatici figurano la lotta contro l’insicurezza, la promozione integrale dell’occupazione, la difesa delle risorse naturali, l’investimento nella sanità pubblica e nell’istruzione, nonché il rafforzamento della previdenza sociale e della sovranità alimentare.

L’accordo è stato messo in discussione e screditato dai portavoce della destra e dai mass media, oltre che da alcuni ex leader indigeni. Per l’ex candidato alla presidenza Leonidas Iza, attuale presidente del CONAIE e promotore di questa unità, il cammino verso l’accordo di Tixán non è stato facile:

«Il nostro movimento è stato ripetutamente travisato come violento dalle stesse persone che mantengono la violenza strutturale. Per i ricchi, denunciare la miseria è violenza. Essere affamati è violenza. Voler studiare, andare dal medico, mangiare bene, non avere problemi di salute mentale, parlare contro il femminicidio, è violenza», ha dichiarato Leonidas Iza in un’intervista internazionale.

Con il cuore in fiamme, Monica Muyulema ha concluso il suo messaggio di apertura:

«Non possiamo continuare a vivere nella paura, come se la paura fosse il nostro destino. Non è così. Il destino è la vita, la dignità e la giustizia. La nostra lotta non è per odio, ma per amore, per amore di questa terra dove siamo nati, per amore dei nostri figli, dei nostri nonni, per amore della vita che meritiamo. L’Ecuador ha bisogno dell’unità, cosicché i nostri figli possano crescere senza paura, i nostri anziani siano rispettati e i nostri giovani non debbano emigrare».

Traduzione dallo spagnolo di Mariasole Cailotto. Revisione di Thomas Schmid.