Genocidio a Gaza

Una muova strage, ieri, a Shejaie. 50 persone uccise in un bombardamento su un campo di sfollati. La maggioranza delle vittime erano bambini. L’esercito israeliano come al solito nasconde il suo crimine con la frase magica: c’era un capo di Hamas. Senza però nominarlo. Un’altra delle loro bugie per coprire i crimini di guerra.

Il ministro della guerra, Katz, ha sintetizzato la nuova strategia militare in tre parole: blocco, occupazione e bombardamento. Ha affermato che il blocco di cibo, acqua e carburanti proseguirà e che si allargherà l’occupazione del territorio: Rafah sarà cancellata e la zona farà parte della cintura di sicurezza. Un nuovo corridoio è stato già spianato con i bulldozer e separa Khan Younis da Rafah.

Il territorio svuotato dalla popolazione equivale al 60% dell’area originale di Gaza. La popolazione ammassata in campi di concentramento sarà bombardata con raids aerei, droni e artiglieria, per ridurre le perdite tra i soldati israeliani.
Secondo la stampa di Tel Aviv, la nuova strategia ha ottenuto l’approvazione dell’amministrazione Trump, ma con scadenza temporale di 3-4 settimane con l’aggravante della deportazione.

L’Indonesia ha ufficialmente dichiarato la sua disponibilità ad accogliere 100 lavoratori palestinesi di Gaza con le loro famiglie.
Nei piani nazisti di Trump e Netanyahu viene chiamata trasferimento volontario.

Prima della strage di Shejaie, il rapporto del ministero della sanità informava che, ieri, i corpi di 36 uccisi e 41 feriti erano arrivati negli ospedali.

Situazione umanitaria a Gaza

Il medico marocchino Yousuf Abu-Abdallah ha operato negli ospedali di Gaza durante il mese di marzo. Al suo ritorno in patria ha descritto la situazione sanitaria ed umana nella Striscia come insopportabile. Ha descritto il lavoro dei medici palestinesi come eroico: “Le loro condizioni di lavoro sono tali che nessuno su questa terra può sopportarle, eppure resistono con tutte le loro forze finché la testa non si pieghi a nessuna forza occupante. Siamo con loro, resisteremo anche con un bisturi, un filo di sutura, uno stetoscopio o una parola.”

Hamas-Fatah

Si sono rinnovate le manifestazioni a Jebalia che chiedono a Hamas di lasciare Gaza. “siamo stanchi dei bombardamenti. Basta morti, basta occupazione”. I video di queste manifestazioni, con decine di persone, sono stati pubblicati sui social da account anonimi. Non hanno avuto eco mediatica nel mondo arabo se non in alcune testate legate alle monarchie del golfo ed in particolare degli Emirati.

Il presidente Abbas ha invitato i dirigenti di Hamas a smettere di fornire a Israele “pretesti” per continuare il suo attacco militare sulla Striscia di Gaza. Secondo una dichiarazione della presidenza palestinese, Abbas ha invitato Hamas a “smettere di dare all’occupazione qualsiasi pretesto per continuare la sua guerra di genocidio”. Il presidente palestinese ha inoltre invitato Hamas ad “assumersi le proprie responsabilità, ad aderire alla posizione ufficiale palestinese (Anp) e alle iniziative arabe e ad astenersi dal prendere decisioni irresponsabili”.
È un capovolgimento della logica.

Giornalismo nel mirino

Il premio Terzani 2025 è stato assegnato alla memoria dei giornalisti di Gaza assassinati dall’esercito di occupazione israeliano. A loro sarà dedicata, sabato 10 maggio al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, la serata del Premio. Lo ha annunciato ieri, mercoledì 9 aprile, la Presidente della Giuria Angela Terzani Staude. “Mai, nella storia, – si legge nella motivazione del Premio – il tributo pagato dal giornalismo è stato così pesante, in flagrante violazione del diritto umanitario e della libertà di stampa”.

Cisgiordania

È arrivato il turno di radere al suolo il campo profughi di Balata, vicino a Nablus. Truppe israeliane sono penetrate nel campo, occupato case, cacciandone gli abitanti, per trasformarle in basi operative. Sui tetti delle costruzioni alte sono stati piazzati dei cecchini. I bulldozer hanno iniziato a demolire case e devastare strade. Le unità di soccorso della Mezzaluna rossa sono state bloccate e impedite di salvare due giovani feriti da colpi di arma da fuoco. È lo stesso piano per la deportazione eseguito a Jenin e Tulkarem.
Le provocazioni israeliane non si limitano alle azioni violente, ma assumono anche carattere di offesa religiosa. Un gruppo di coloni, scortati dai soldati, hanno scaricato un camion di maiali in terreni agricoli palestinesi e li hanno fatti pascolare abusivamente.

Iran/Usa

Sabato iniziano a Moscate, capitale dell’Oman, le trattative indirette tra USA e Iran.
Un annuncio che ha fatto impallidire Netanyahu che voleva sferrare un attacco militare congiunto su Teheran, per allargare il conflitto e salvare la propria poltrona. “è tornato a Tel Aviv con la testa annebbiata”, scrive la stampa israeliana.
La strategia di Trump però non è pacifica. Continua a minacciare di bombardare l’Iran in caso di mancato successo delle trattative. Il capo del dipartimento di Stato rincara la dose: “A Moscate non ci sarà nessuna trattativa, ma la consegna di un ultimatum”. Nel frattempo, la Casa Bianca ha ordinato altre sanzioni sull’Iran.

Pena di morte

Amnesty International ha riferito che il numero di esecuzioni registrate in tutto il mondo è salito a oltre 1.500 nel 2024, il numero più alto dal 2015. Tuttavia, i numeri effettivi sono molto più alti a causa del rifiuto di alcuni paesi di rendere pubblico il numero delle esecuzioni. Iran, Arabia Saudita e Iraq si sono classificati al primo posto per numero di esecuzioni nel 2024: il 90 percento dei casi registrati a livello mondiale si è verificato in questi tre paesi islamici. L’Iran è in cima alla lista, con almeno 972 giustiziate, rispetto alle 853 dell’anno precedente. In Arabia Saudita, il numero nel 2024 è raddoppiato, arrivando ad almeno 345. In Iraq la pena di morte è stata eseguita 63 volte, quasi quattro volte in più rispetto al 2023.

Pakistan/Afghanistan

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR/ACNUR) ha dichiarato che il Pakistan ha deportato più di 8.000 cittadini afghani la scorsa settimana, nell’ambito di una rinnovata campagna di rimpatri, dopo la scadenza del termine del 31 marzo. Islamabad aveva diramato un avviso a tutti i cittadini afghani privi di documenti di residenza legale o di carta di cittadinanza afghana: avrebbero dovuto tornare in patria, altrimenti sarebbero stati deportati. Il Pakistan ha annunciato che intende accelerare il rimpatrio di circa 4 milioni di afghani, alcuni dei quali sono arrivati nel paese dai tempi dell’invasione sovietica dell’Afghanistan.