La mattina del 4 marzo il presidente del Kazakistan apre i lavori sul tema odierno, ossia la sicurezza e il disarmo nucleare.
Il primo intervento ricorda che viviamo all’interno di un elevato rischio nucleare con i drammatici effetti conseguenti; la catastrofe sarebbe simile a quella di un impatto di un grade asteroide che cadesse sulla terra, simile a quello che portò all’estensione i dinosauri. Tuttavia i rischi legati ad una guerra e/o a un incidente nucleare sono gestibili, perché dipendono dalle nostre scelte.
La deterrenza nucleare in realtà ci avvicina al disastro anziché metterci al riparo. Ci sono tre fattori legati al rischio nucleare:
- Un processo di decisione che deve evitare l’inizio di una guerra nucleare per errore.
- Un’organizzazione per evitare un incidente, tipo Fukushima, con sistemi molto complessi come quelli nucleari.
- L’abbandono della deterrenza nucleare, disarmando per lo meno tutte le testate al momento armate e pronte a colpire diversi obiettivi in pochi minuti.
Il secondo intervento menziona le 3.000 armi nucleari tra USA e Russia pronte a partire. Una guerra nucleare durerebbe qualche minuto, non ore: vengono spiegati i drammatici momenti in cui un solo uomo, il presidente degli Stati Uniti, deve decidere se i sistemi di allarme americani stiano segnalando un reale attacco atomico. Lo stesso potrebbe accadere in Russia. Viene ricordato Stanislav Petrov, che il 26 settembre 1983 ha evitato realmente che iniziasse una guerra per errore.
Il terzo intervento ritiene inaccettabili i costi per il mantenimento di un arsenale nucleare legato alla deterrenza, nonché lo sviluppo di armi ancora più potenti. La deterrenza in generale contribuisce alla nascita di conflitti locali (Russia – Ucraina, India-Pakistan, ecc.). Viene rivolto un appello a tutti gli Stati parte perché facciano tutte le pressioni possibili per uscire dalla deterrenza, eliminando tutte la armi atomiche.
Il quarto intervento ricorda che le attuali armi non distruggerebbero una città, oppure un Paese, ma tutto il mondo; sarebbe necessario fermare la ricerca sull’atomica. Il progetto Manhattan non venne fermato, nonostante il Presidente Harry S. Truman avesse capito esattamente il potere distruttivo delle bombe che sarebbero state sganciate sul Giappone nel 1945. Gli effetti di una guerra nucleare oggi sono incalcolabili, per cui riferirsi a quanto documentato in Giappone sarebbe forviante.
I lavori vengono ripresi nel pomeriggio, lasciando spazio agli interventi degli ambasciatori. Molti Paesi espongono brevi ma significative idee, posizioni, intenzioni e suggerimenti. Prendono la parola i rappresentanti di oltre venti Stati , tra i quali molti sudamericani e africani.
Apre il Sudafrica, che ricorda le tragedie di Nagasaki e Fukushima e sottolinea l’urgenza di garantire la sicurezza internazionale proprio grazie alla promozione del Trattato di proibizione delle armi nucleari. “La porta dell’evoluzione è aperta” dichiara. Il Sudafrica si impegna a lavorare per implementare e universalizzare il trattato, promuove l’eliminazione delle armi nucleari e l’internazionalizzazione delle azioni di disarmo. Tutto questo per la sopravvivenza dell’umanità.
Le Filippine condividono l’ambizione di guidare la lotta contro le armi nucleari, che ormai non possono più essere declassate a “problema non prioritario”, poiché i dati scientifici provano la reale minaccia a cui l’umanità va incontro. Ricordano il secondo incontro degli Stati parte del 2023 a New York, in cui gli Stati hanno concordato una storica dichiarazione che critica la teoria della deterrenza nucleare, rifiutando ogni nozione di comportamento “responsabile” riguardo alle armi nucleari e sottolineando che la minaccia di una distruzione di massa è contro gli interessi legittimi della sicurezza umana. Nella dichiarazione venne contestata l’idea che le armi nucleari garantiscano pace e sicurezza, sostenendo invece che vengono usate come strumenti di coercizione e intimidazione.
Sono presenti Irlanda, Malta e Austria con Alexander Kmentt, fondatore e guida del TPAN – unici Paesi europei tra gli Stati parte – Perù, Indonesia, Kiribati, Malaysia, Guyana, Nigeria, El Salvador, Honduras, Guatemala, Repubblica Dominicana, Venezuela, Paraguay, Costarica, Cile, Panama, Sri Lanka, Repubblica Democratica del Congo e Palestina. Tutti ringraziano e si congratulano con il Presidente kazako per la sua nomina e l’impegno per il disarmo.
Tutti gli interventi sono uniti da un fil rouge che chiarisce quanto il TPAN sia ormai indispensabile come garanzia di futuro per le nuove generazioni.
Secondo l’Irlanda distruggere le armi nucleari dovrebbe rientrare nel diritto internazionale.
Malta enfatizza l’urgenza: “Come può la gente sentirsi al sicuro? Una guerra nucleare non può produrre vincitori, ma solo perdenti e avrebbe un impatto umanitario irreversibile”.
Il Perù rimarca quanto, ad oggi, le grandi potenze nucleari complichino lo scenario geopolitico ed espone tre punti fondamentali:
- mantenere una posizione ottimista per l’implementazione del TPAN
- svolgere il ruolo di facilitatori del discorso disarmista e pacifista
- rendere collettivo il tema del nucleare
Altri temi comuni vengono toccati da ogni singolo Paese, come il concetto di buona fede riguardo al No First Use (Non primo uso); la distruzione totale di tutti gli ordigni esistenti, la vera minaccia alla sicurezza, il dialogo, la cooperazione internazionale, le scelte politiche a favore della vita, nel rispetto dell’ambiente.
La Palestina e la Repubblica Democratica del Congo portano notizie dai loro Paesi divorati dalla guerra, facendo notare quanto bombe, missili balistici, di terra e di aria abbiano raso al suolo la Palestina, rendendola invivibile, con una popolazione malata nel corpo e annientata nella psiche, e tutto questo a un passo dall’impiego delle armi nucleari. La Repubblica Democratica del Congo invece parla di come l’ambiente sia la chiave – da difendere – per garantire alle persone sicurezza, salute e una vita più lunga e armoniosa.
L’unico italiano, e non in rappresentanza dell’Italia, è un esponente della Santa Sede che parla di valori cristiani legati al pacifismo internazionale, quali dialogo, rispetto e cooperazione tra i popoli.
L’assemblea si conclude con i saluti del Presidente.