Quando una donna vince sul piano giuridico la sua vittoria diventa la vittoria di tutte le donne. La cronica lentezza della giustizia italiana è stata pesantemente condannata da una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che riguarda una storia di violenza domestica, sia fisica che psicologica, su una donna italiana.

Il 13 febbraio 2025 la CEDU ha infatti condannato l’Italia per violazione degli articoli 3 (Proibizione della tortura: “Nessuno può essere sottoposto a tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti”) e l’articolo 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 8 della Convenzione dei diritti dell’Uomo per aver tardivamente emesso la legge sullo stalking.

La sentenza dei giudici di Strasburgo è stata resa possibile grazie alla perseveranza ed alla determinazione di una donna pisana, la dottoressa Patrizia Pagliarone, che, rappresentata dall’avvocato professor Nicola Pignatelli con cui ha collaborato il professor Giuseppe Campanelli, ha accusato di stalking il suo ex compagno, l’attore Andrea Buscemi, pisano, affrontando un iter giudiziario lungo e complesso (oltre 15 anni) che è arrivato alla CEDU tramite un ricorso presentato nel 2019 nei confronti dello Stato italiano.

La CEDU, infatti, ha condannato l’Italia per non aver garantito alla donna vittima di violenza domestica una risposta veloce e proporzionata alla gravità dei fatti da lei denunciati permettendo così all’accusato di “violenze fisiche, persecuzioni e vessazioni” (suo ex compagno dal 2007 al 2009) di non essere processato rapidamente e di beneficiare, addirittura, della prescrizione dei reati. Infatti la legge che introdusse in Italia il delitto di atti persecutori era entrata in vigore il 25 febbraio del 2009 mentre i fatti ascritti al Buscemi erano avvenuti prima di tale data. Se le autorità italiane avessero agito tempestivamente, rileva la sentenza della CEDU, il Buscemi non avrebbe certamente potuto usufruire della suddetta “scappatoia”.

I Fatti

Dal 2009 al 2016. Il 21 dicembre 2009 Patrizia Pagliarone presenta una denuncia penale in cui affermava di essere stata vittima, dal 2007, di “violenze fisichepersecuzioni e vessazioni” da parte di A.B.. Le indagini partono il 4 marzo 2010 ma fin da subito qualcosa non torna. La ricorrente non viene ascoltata dal pubblico ministero e l’unico atto compiuto è quello della acquisizione delle registrazioni delle telecamere di controllo del traffico del Comune di Pisa mentre non vengono acquisite le copie dei messaggi e delle telefonate fatte alla ricorrente dal Buscemi. Solo il 7 maggio 2013 il pubblico ministero dispone il rinvio a giudizio del Buscemi “per gli atti di molestie, reato previsto dall’articolo 612-bis del codice penale”, commessi tra il 2007 ed il 2009. La prima udienza è fissata per il 7 novembre 2013 ma la sentenza del Tribunale di Pisa arriva solo l’8 gennaio 2016.  Il giudice onorario Paola Giovannelli assolve l’imputato “perché il fatto non costituisce reato” ovvero “perché il fatto non sussiste”. Per la giudice Giovannelli le “violenze fisichepersecuzioni e vessazioni”, denunciate nel 2009 in modo dettagliato dalla Pagliarone, potevano essere minimizzate ritenendo il Buscemi non consapevole della portata delle proprie azioni.

Dal 2016 al 2019. Tale sentenza indignò non solo la Pagliarone ma persino il pubblico ministero che la impugnarono nel settembre dello stesso anno. Il 30 maggio del 2017, la Corte d’Appello di Firenze annullò la sentenza di primo grado, ritenne Buscemi colpevole dei fatti a lui ascritti ma lo assolse per quelli commessi prima del 25 febbraio 2009 (entrata in vigore della legge che introdusse il delitto di atti persecutori) perché il fatto non era previsto dalla legge come reato. Ma se dal punto di vista penalistico la Corte d’Appello applicò la prescrizione, dal punto di vista civilistico condannò il Buscemi al risarcimento dei danni da quantificarsi in sede civile. La Pagliarone fece ricorso in Cassazione che, con sentenza del 5 giugno 2019, confermò la prescrizione del reato, ma, con riferimento alla condanna civilistica al risarcimento dei danni, ritenne che, per emettere la condanna, la Corte di appello avrebbe dovuto rinnovare l’istruzione dibattimentale e rinviare le parti in sola sede civile dinanzi alla Corte di Appello di Firenze.

Dal 2019 al 2024. Questa, con una sentenza dell’ 8 marzo 2023, accertò la responsabilità del Buscemi per i fatti illeciti dal 25 febbraio 2009 e dispose una CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) che accertò gravi danni. Il 21 agosto 2024 Buscemi fu condannato al pagamento di circa 268.400 euro oltre circa 70.000 euro di spese legali.

Febbraio 2025. Il 13 febbraio la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, condannando l’Italia per la violazione di due articoli della Convenzione Europea, ricorda che “nel trattamento giurisdizionale delle controversie in materia di violenza contro le donne, spetta alle autorità nazionali tenere conto della situazione di precarietà e di particolare vulnerabilità morale, fisica e/o materiale della vittima e di valutare di conseguenza la situazione il più rapidamente possibile. La Corte non è convintache nel caso di specie le autorità abbiano dimostrato una reale volontà di chiamare A.B. arisponderne. Al contrario, la Corte ritiene che i giudici nazionali abbiano agito in violazione delloro obbligo di garantire che A.B., accusato di minacce e molestie, fosse processatotempestivamente e non potesse quindi beneficiare della prescrizione…Il risultato di questofallimento è che A.B. ha goduto di totale impunità”.                                                                                  

Il caso Buscemi era già noto a Bruxelles 

Quando, il 3 luglio 2018, il sindaco di Pisa, Michele Conti (Lega) decise di nominare il Buscemi assessore alla Cultura, la reazione delle donne della Casa della Donna di Pisa si fece più aggressiva mediaticamente. Fu organizzata una petizione su Change.org per chiedere le dimissioni di Buscemi e furono organizzati vari sit-in davanti al Comune di Pisa. In pochi giorni furono raccolte più di 45.000 firme che vennero presentate al sindaco durante un consiglio comunale. Ed il “caso Buscemi”, che in Italia non trovava giustizia, doveva essere portato fuori dai confini nazionali: al Parlamento europeo! Grazie al contatto con l’europarlamentare Eleonora Forenza del GUE/NGL fu organizzata una “spedizione” a Bruxelles dove già Malin Bjork, capogruppo del GUE/NGL, aveva portato il “caso Italia” in audizione plenaria della Commissione FEMM. Per la prima volta, nell’emiciclo delle audizioni del Parlamento europeo, risuonò alta la denuncia delle donne italiane davanti alla presidente della Commissione Europea, Villja Blinkeviciute.

Una grande vittoria

Oggi, la CEDU nella sua sentenza ha sottolineato che è “responsabilità dello Stato organizzare il proprio sistema giudiziario in modo tale da consentire ai propri tribunali di soddisfare i requisiti della Convenzione […]. Essa rileva con preoccupazione le conseguenze combinate delle peculiarità del sistema di prescrizione italiano e dei ritardi nei procedimenti e condivide la preoccupazione del GREVIO (gruppo di esperti indipendenti che deve valutare le misure adottate dalle parti contraenti per l’applicazione della citata Convenzione, n.d.r.) secondo cui tali fattori portano alla prescrizione di un numero significativo di casi anche nel campo della violenza domestica, come i maltrattamenti, le molestie e le violenze sessuali”.

Beatrice Bardelli