Oggi, mentre si formava la coda all’entrata del teatro dove si sarebbe svolta l’inaugurazione dell’anno accademico presso l’Università di Bologna, in diversi avevano già cominciato a volantinare.

Tutto lasciava sperare per il meglio, visto l’atteggiamento col quale il volantino veniva accolto e letto; alcuni chiedevano più informazioni. Non era stata facile la preparazione dei vari interventi, dentro e fuori dalla sala. Ma alla fine tutti e tutte coloro che avevano contribuito e spinto perchè questo avvenisse hanno provato un’enorme soddisfazione.

Nel contesto di  un rito già visto e sentito, un po’ con il sapore della “solita solfa” e magari anche di un certo paternalismo, l’intervento della rappresentante degli studenti ha svettato.

Dopo aver posato la sua kefiah bianca e nera sul leggio ha letto con grande disinvoltura un intervento che è stato più volte interrotto da applausi scroscianti e si è concluso con una sorta di ovazione. Non vi resta che ascoltarlo. Farlo girare farà del bene a tutti e tutte noi.

Foto e video a cura del Comitato promotore petizione – Docenti studenti e personale TA tavoli di solidarietà e per la demilitarizzazione dell’Università

Di seguito il testo del volantino distribuito all’ingresso dell’evento:

Cari Colleghi e care Colleghe,

mercoledì 20 Marzo la comunità dell’Università di Bologna si accinge a celebrare l’inaugurazione dell’anno accademico con una importante cerimonia, alla presenza della ministra Bernini e con una lezione inaugurale di Jacinda Ardern dal titolo “Leadership in the age of crises”.

Ascolteremo discorsi sul ruolo trasformativo dell’università nella costruzione di un mondo migliore, sulle crisi sociali e politiche del millennio, su valori universali come i diritti umani e sui valori fondanti della nostra missione educativa quali uguaglianza, solidarietà e rispetto della diversità. Invocheremo la pace e ci riprometteremo di contribuire alla sua realizzazione tramite cultura, ricerca e sapere.

Mentre qui si inaugura e celebra il nuovo anno, a Gaza, 625.000 studenti e più di 22.500 insegnanti e docenti palestinesi si accingono ad entrare nel sesto mese di incessanti bombardamenti israeliani e di lotta per la sopravvivenza. A Gazam, 12 università sono state totalmente distrutte o danneggiate dalle bombe, 371 scuole sono state rase al suolo e 4.327 studenti, 231 insegnanti e 94 professori universitari sono stati uccisi dall’esercito israeliano, molti insieme alle loro famiglie, in bombardamenti mirati.

In molti casi gli edifici delle università sono stati occupati e utilizzati dalle truppe israeliane come postazioni militari, e come centri di interrogazione e tortura prima che fossero fatti saltare in aria con detonazioni controllate, come è stato il caso della Facoltà di Medicina dell’Università Islamica, fatta saltare in aria lo scorso Dicembre 2023 e più recentemente dell’Università Israa a Gaza City. Tutto ciò è documentato da video prodotti e disseminati dagli stessi militari israeliani, sui social media, dove si glorifica la violenza e si sbeffeggia la sofferenza palestinese. All’interno dell’ Università di Israa, che ospitava il museo nazionale, si trovavano anche 3mila rari manufatti, saccheggiati dai soldati israeliani prima dell’esplosione.

Oltre a più di 100.000 tra morti e feriti- di cui circa 14.000 bambini- (più che in tutti i conflitti del mondo messi insieme negli ultimi quattro anni) centinaia di migliaia di persone stanno soffrendo la fame e la disidratazione – che hanno già causato dozzine di vittime innocenti- a causa del feroce blocco israeliano all’ingresso di aiuti alimentari, che rimangono a marcire nelle migliaia di camion fermi al di là dei muri di recinzione quegli stessi muri che negli ultimi 16 anni hanno fatto della striscia la più grande prigione a cielo aperto del mondo. Dal cielo piovono bombe e qualche pacco di aiuti che spesso si rivelano mortali. A Gaza non c’è scampo: si viene bombardati mentre si è coda per qualche aiuto, mentre si cerca riparo, mentre si dorme nelle tende, pestati e stritolati dai cingoli dei carrarmati. A Gaza anche i corpi senza vita di uomini donne e bambini sono abbandonati per le strade. È spesso impossibile donare degna sepoltura a causa degli incessanti bombardamenti e della totale distruzione delle infrastrutture e strade: tra il 60 e il 70% delle infrastrutture- incluse abitazioni, ospedali, chiese e finanche i cimiteri – sono ridotti a macerie attraverso una deliberata strategia che mira a rendere la striscia inabitabile ed a impedire il ritorno degli sfollati. A Gaza 1.800.000 persone sono sfollate nel sud del territorio dove l’esercito israeliano si prepara ad un ulteriore massacro di proporzioni incalcolabili.

Di fronte a questa ferocia di intensità e magnitudine senza precedenti nella storia recente verso la popolazione civile di Gaza – e a fronte di quello che è stato definito come un vero e proprio ‘scolasticidio’, ci sono voluti più di cinque mesi affinché il Senato Accademico decidesse di chiedere il cessate il fuoco e si impegnasse a predisporre aiuti accademici per studenti, ricercatori e docenti universitari palestinesi. Ci fa piacere che, con la mozione approvata ieri, la governance di Ateneo faccia finalmente proprie alcune delle richieste che centinaia di docenti, ricercatrici, componenti del personale tecnico-amministrativo e del corpo studentesco hanno chiesto a gran voce fin dall’ottobre scorso. Tuttavia ciò non è sufficiente.

Chiediamo che la nostra Università si impegni anche ad avviare un serio processo di due diligence volto a verificare tutte le partnership in corso con università israeliane organicamente legate al complesso militare-industriale e dunque potenzialmente implicate in azioni contro la popolazione civile a Gaza in relazioni alle quali nella sua sentenza del 26 gennaio scorso la Corte internazionale di giustizia ha ritenuto si possa configurare un rischio di genocidio. Riteniamo che questa aumentata vigilanza dell’Ateneo sia necessaria non solo in conformità ai i principi di pacifismo e rispetto dei diritti umani fondanti il suo Statuto ma anche ed in particolare per il possibile rischio di complicità in pratiche ritenute potenzialmente genocidarie cui l’Ateneo si espone in seguito alla summenzionata sentenza ICJ Sud Africa vs Israele e alla mancata osservanza ad oggi da parte di Israele delle misure cautelari espresse dalla Corte. Chiediamo infine che vengano tutelati e protetti gli spazi di dibattito per chi si impegna a portare avanti una disamina critica delle politiche di occupazione israeliane e iniziative di solidarietà verso la popolazione di Gaza.

Comitato promotore petizione – Docenti studenti e personale TA tavoli di solidarietà e per la demilitarizzazione dell’Università

Il volantinaggio all’esterno dell’università