“Se a Gaza non ci sarà un immediato cessate il fuoco e un incremento deciso degli aiuti umanitari, registreremo 85mila nuovi morti per traumi ed epidemie. Se invece il cessate il fuoco sarà raggiunto, possiamo aspettarcene 6mila”.

Questo il quadro reso da Richard Brennan, direttore regionale per le emergenze dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parlando al Cairo alla delegazione italiana di parlamentari, ong e giornalisti che si è data appuntamento in questi giorni per raggiungere in valico di Rafah.

Brennan cita recenti studi della John hopkins University e della London School of Hygiene & Tropical Medicin rispetto al “peggiore scenario del conflitto” avviato da Israele in reazione agli assalti dei commando di Hamas del 7 ottobre che, sostiene il funzionario dell’Onu, “è totalmente sproporzionato e viola ogni aspetto del diritto umanitario”.

La mancanza di cibo, acqua e risorse fa sì che “assistiamo ad assalti e saccheggi di convogli di aiuti umanitari da parte di criminali comuni” denuncia Brennan. “Non è una novità nei contesti di conflitto, ma questo aggrava la situazione”.

Per dare un’idea della crisi, il responsabile dell’Oms fa sapere che a Rafah, dove attualmente si concentrano oltre un milione e mezzo di sfollati, “c’è un solo bagno per 400-600 persone”, mentre lo standard internazionale nelle emergenze ne indica uno ogni 20.

Secondo Brennan, “questa situazione non solo aumenta il rischio epidemie ma è anche lesiva della dignità delle persone”.
Quanto ai morti, che secondo il ministero della Salute di Gaza hanno superato quota 30.500, “sono per tre quarti donne e minori quando in media nei conflitti il 60/65% sono uomini”.

Brennan conferma poi che c’è “una epidemia di diarrea ed epatite A” e che “ne arriveranno altre”.

Secondo il responsabile dell’Oms, tra i bambini “la malnutrizione è del 15,6% nel nord, dove prima era dell’1%”.

Brennan continua: “Dei 36 ospedali di Gaza, oggi ne funzionano solo 12 e parzialmente; le necessità sanitarie crescono mentre la risposta sanitaria decresce”.
Secondo il responsabile dell’Oms, le ragioni sono tre: “Primo, gli ospedali sono stati oggetto di attacchi – ne abbiamo registrati 370; secondo, mancano le forniture; terzo, non c’è sicurezza per chi deve consegnarle e per chi lavora nelle strutture”.

A GAZA RESTA SOLO L’ACQUA SALATA DEL MARE.
CAPO MISSIONE MSF A ‘DIRE’: SIAMO OLTRE CATASTROFE

“La situazione a Gaza è oltre la catastrofe.
Ogni aspetto della vita delle persone è stato smantellato sistematicamente e brutalmente. Anche il nostro staff è traumatizzato e molto stanco di vivere senza accesso alla salute né all’acqua potabile, perché resta solo quella salata del mare, e questo provoca terribili complicazioni mediche.

Inoltre la gente non ha da mangiare, i casi di malnutrizione aumenteranno drasticamente”.

Con l’agenzia Dire al Cairo parla Helen Ottens-Patterson, capomissione a Gaza di Medici senza frontiere (Msf), intervistata a margine di un incontro organizzato al Cairo, nel corso del quale la capomissione aveva riferito che “solo il 20% delle strutture sanitarie è ancora funzionante.

Mentre avviene il meeting, organizzato al Cairo per informare una delegazione italiana di parlamentari e giornalisti della situazione nella Striscia, a Deir al-Balahá le Forze israeliane bombardavano un convoglio umanitario: almeno 8 i morti tra i palestinesi, secondo il servizio di emergenza di Gaza citato dalla testata Haaretz.

Alla Dire Ottens-Patterson aggiunge: “Non si fanno classifiche tra le tragedie”, tuttavia “la situazione è grave perché non riusciamo a definire le priorità né la situazione medica, dal momento che non abbiamo accesso al territorio, salvo i distretti di Rafah e Khan Younis, dove la situazione è inimmaginabile. Non osiamo pensare a cosa stia accadendo più a nord”.

Al momento, continua Ottens-Patterson, “stiamo curando i sintomi, non le cause delle malattie. Sappiamo che chi non muore sotto le bombe, muore per ferite infette, diarrea, patologie respiratorie, malattie non curate – croniche o trasmissibili – mancanza di acqua”.
I continui attacchi armati, chiediamo, stanno avendo un impatto sulla salute anche in termini di intossicazioni e inquinamento dell’aria, acqua e terreni? “Non lo sappiamo” risponde la capomissione di Msf, “non abbiamo modo di verificarlo, ma è plausibile che ci sia e andrà approfondito”.

Quindi l’appello: “Per garantire l’assistenza della popolazione è indispensabile il cessate il fuoco immediato, garantendo l’accesso delle organizzazioni umanitarie”. La delegazione è stata organizzata su iniziativa dell’Associazione delle organizzazioni di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi), Arci e Assopace Palestina col sostegno dell’integruppo parlamentare per la pace in Medio oriente.