Si è concluso al porto di Ravenna alle ore 11 di giovedì 21 marzo lo sbarco dei 71 naufraghi soccorsi dalla Life Support di EMERGENCY.

Le persone soccorse – tra cui una donna e tre minori di cui tre non accompagnati di 17 anni – sono originarie del Bangladesh, dell’Egitto e dell’Eritrea.

La mia famiglia è molto povera e ha dovuto vendere tutto quello che aveva per permettermi di pagare il viaggio– racconta un uomo del Bangladesh soccorso dalla Life Support – Per anni e spendendo molti soldi, ho richiesto un visto per andare in altri Paesi: Croazia, Arabia Saudita, Romania, Algeria, Singapore, perfino il Sud Africa. Dopo anni di attesa e difficoltà burocratiche, ho capito che non sarei riuscito a partire attraverso i canali legali. Sono stato costretto ad andare in Libia e a imbarcarmi. Era l’unico modo per cercare una vita migliore per me e la mia famiglia, che è rimasta in Bangladesh. Spero riesca a raggiungermi presto. Nel mondo c’è molta discriminazione per le persone povere; nel mio Paese, politici e uomini d’affari ottengono i visti senza problemi e non devono aspettare per anni una risposta che non arriva. Non è solo un problema del mio Paese. In Libia ho conosciuto tante persone che tentavano il mio stesso viaggio perché non riuscivano a ottenere i visti per arrivare in Europa in maniera legale. Ci accomunava una cosa: la povertà”.

Il soccorso era avvenuto sabato 16 marzo nel Mediterraneo centrale, in acque internazionali in zona SAR maltese. I 71 naufraghi si trovavano su un’imbarcazione in legno non adatta alla navigazione.

Per arrivare al Pos (Place of safety) di Ravenna, abbiamo impiegato quattro giorni di navigazione. L’assegnazione di porti così lontani ha l’effetto di lasciare scoperta l’area di ricerca e soccorso dove continuano a esserci casi di imbarcazioni in difficoltà. Questa politica sottrae tempo prezioso alle attività di ricerca e crea un vuoto proprio dove è necessaria e urgente la presenza delle navi della flotta civile, data l’assenza di una missione coordinata a livello europeo – commenta Domenico Pugliese, comandante della Life Support –. L’assegnazione del porto lontano colpisce anche le persone soccorse che stanno vivendo una condizione di vulnerabilità. Le costringe a ulteriori giorni in mare e instabilità, quando dovrebbero sbarcare il prima possibile in un posto sicuro”.

Nel report appena pubblicato “Non restare a guardare: un anno di soccorsi in mare della Life Support”, EMERGENCY ha denunciato gli effetti che l’assegnazione dei porti lontani ha causato sulle attività di ricerca e soccorso svolte nel Mediterraneo centrale nel suo primo anno di navigazione. Dal dicembre 2022 alla fine del 2023, la Life Support si è vista assegnare i porti di
Brindisi (2), Civitavecchia (1), Livorno (3), Marina di Carrara (3), Napoli (1), Ortona (2), Ravenna (1) e Taranto (1). Per raggiungere i porti lontani, Life Support ha percorso in media 630 miglia nautiche, impiegando 3,5 giorni di navigazione a missione. Per questi giorni di navigazione non necessari EMERGENCY ha dovuto sostenere una spesa di 938.248 euro. EMERGENCY ritiene che sia urgente e necessario assicurare l’assegnazione del porto di sbarco più vicino e disponibile per ridurre inutili e ulteriori sofferenze per i sopravvissuti e garantire il loro rapido accesso ai servizi di base, ma anche per evitare che le navi subiscano ritardi ingiustificati e oneri finanziari.