Ne parlammo per la prima volta il 28 giugno del ’21: il progetto della piccola scuola pubblica nell’astigiano stava funzionando ma era ostacolato, e il maestro Giampiero aveva iniziato uno sciopero della fame, il primo. In quell’anno l’appoggio al suo progetto era ancora ampio, i quotidiani piemontesi – e non solo – ne parlavano positivamente, l’universià di Macerata faceva studi a riguardo, lui nei fine settimana andava a fare corsi di formazione e l’entusiasmo era molto, soprattutto tra le famiglie che portavano lì i loro bimbi e bimbe, a volte accollandosi lunghi tragitti in auto.

Una scuoletta a rischio chiusura che era passata da una ventina di iscritti a quasi 60. Poi il cambio di direttrice, i vertici degli uffici scolastici che non rispondono, rimandano ad altri o attaccano frontalmente. Nel giro di poco tempo comincia il tiro al piccione. Le colleghe si allontanano. I giornalisti spariscono. I genitori traballano.  Giampiero viene tolto dalla “sua” scuola e dai “suoi” bimbi.

E non ci sta.

Si rifiuta di entrare in un’altra classe e rientrare come una rotellina nell’ingranaggio. Sta per giorni e giorni su una panchina in corridoio, rispettando il suo orario di lavoro, ma senza entrare da quella porta.

Va quindi a Roma e si piazza davanti al Ministero (che lui chiama ancora “della Pubblica Istruzione”): una sedia, un altro sciopero della fame; aspetta di parlare, di essere ricevuto. Una volta un dipendente lo invita, forse più per tenerezza o pietà, ma viene ripreso con forza dai suoi capi.

Giampiero aspetta.

La solidarietà c’è, ma è troppo poca. Intanto viene convocato da vari “tribunali”, scolastici e non. In poco tempo si ritrova licenziato e sanzionato, anche con decreto penale, parecchio solo. I colpi sono durissimi e Giampiero se li prende tutti. Si ritira nella sua casa ad Asti, quando può va in alta montagna a scrivere e riflettere, tanti sono i dubbi su come procedere.

Ma nel frattempo non perde occasione per farsi sentire e quando nel dicembre scorso Giorgia Meloni è ad Asti, si presenta al presidio di protesta con una maglietta singolare che tutti notano, ha scritto sulla maglietta: “L’Italia spreca ogni giorno 101 milioni in spese militari. Chissà quante vigne, scuole, ospedali si finanzierebbero ripudiando le armi?”.

Ora Giampiero e alcuni tra i suoi amici ed amiche più care (compresa la mamma di Vittorio Arrigoni) hanno lanciato una raccolta firme e un crowfounding per le tante spese processuali.

Qui sotto avete tutti gli estremi. Facciamo il possibile per non lasciarlo solo.

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