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LETTERA APERTA per la sospensione dell’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele per rischio di dual use e violazione del diritto internazionale e umanitario. Raccolte oltre 1.100 firme accademiche italiane per dire ‘No a partenariati di ricerca’

Alla cortese attenzione di:
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, On. Antonio Tajani
Vice Ministri, On. Edmondo Cirielli e Giorgio Silli
Sottosegretaria, Maria Tripodi
 

Come accademiche e accademici, ricercatrici e ricercatori impegnate nei centri di ricerca e nelle università in Italia e all’estero, assistiamo con enorme sgomento alla brutalità degli eventi che, dall’ottobre 2023, interessano la Striscia di Gaza. In seguito agli attacchi di Hamas il 7 ottobre 2023, lo stato di Israele ha risposto con una violenza militare che ha oggi causato la morte di quasi 30.000 palestinesi, in larga parte minori, il trasferimento forzato di circa due milioni di palestinesi all’interno della Striscia, più di un milione dei quali vivono oggi in tende a Rafah senza sapere quale sarà il loro destino, e il pressoché totale annichilimento delle infrastrutture civili (dalle case agli ospedali e le scuole) necessarie alla sopravvivenza umana a Gaza. Nel nord della Striscia, centinaia di migliaia di palestinesi sono a rischio di morire di fame a causa del blocco agli aiuti imposto dall’esercito israeliano. Come il report compilato dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine, il Health in Humanitarian Crises Centre e il John Hopkins Center for Humanitarian Health dimostra, nei prossimi sei mesi a Gaza potrebbero morire tra le 60.000 e le 75.000 persone a causa dell’assenza di cibo, acqua e di minime condizioni igieniche che impediscano la diffusione di malattie ed epidemie. Ciò a cui stiamo assistendo è una catastrofe umanitaria e configura, come denunciato dalle agenzie delle Nazioni Unite e dalle principali organizzazioni internazionali per i diritti umani operanti nella zona, una grave violazione del diritto umanitario da parte di Israele. Lo scorso gennaio, la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso un’ordinanza nella quale si riconosce che vi è un rischio plausibile che Israele stia commettendo il crimine di genocidio a Gaza e ha indicato sei misure cautelari urgenti atte a impedire che questo avvenga. Secondo Human Rights Watch, diverse misure non sono state rispettate da Israele. Il 22 febbraio 2024, la Federazione Internazionale dei Diritti Umani ha comunicato al Parlamento Europeo che la fornitura di armi a uno stato sospettato di commettere genocidio può configurare la complicità nel crimine, anch’essa proibita ai sensi della Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio del 1948. A fine febbraio 2024, apprendiamo che il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale annuncia il bando per progetti congiunti di ricerca sulla base dell’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele. Sottolineiamo che il finanziamento potrebbe essere utilizzato per sviluppare tecnologia dual use, ovvero a impiego sia civile che militare, e che la terza linea di finanziamento delle tecnologie ottiche potrebbe essere utilizzata per sviluppare devices di sorveglianza di ultima generazione (detectors) anche a uso bellico. Questo aggraverebbe le responsabilità internazionali del nostro Paese poiché, nonostante le rassicurazioni del governo, l’Italia non sembra aver interrotto l’esportazione di armi verso Tel Aviv dal 7 ottobre 2023. Viste queste premesse, chiediamo che la cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra le università e i centri di ricerca italiani e israeliani venga sospesa, con lo scopo di esercitare pressione sullo stato di Israele affinché si impegni al rispetto del diritto internazionale tutto, come è giustamente richiesto a tutti gli stati del mondo. Avanziamo questa richiesta anche per proteggere le istituzioni italiane dall’accusa di non aver adempiuto al dovere inderogabile di prevenzione di genocidi, ovunque ve ne sia il pericolo, che è un obbligo per gli stati membri delle Nazioni Unite secondo la Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio, o di essere complici di crimini di guerra, attualmente all’indagine della Corte penale internazionale. Il bando MAECI non protegge le istituzioni italiane perché può includere lo sviluppo di tecnologie e devices dual use. La nostra richiesta è in linea con la dichiarazione, datata 23 febbraio 2024, di numerosi esperti delle Nazioni Unite, secondo i quali gli stati membri dovrebbero astenersi immediatamente dal trasferire armi e tecnologia militare verso Israele, quindi anche ricerca e know how a possibile impiego bellico, poiché c’è il rischio ineludibile che esse vengano utilizzate per violare obblighi consuetudinari di diritto internazionale umanitario.

leggi APPELLO integrale su.dinamopress

 

Albania avamposto bellico della Nato: inaugurata ieri mattina dall’Alleanza Atlantica la base aerea, prima e unica infrastruttura di questo tipo esistente nei Balcani occidentali

Nel 15esimo anniversario dell’ingresso dell’Albania nell’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti, dopo l’offerta del governo di Tirana del 2022/07/12, è stata tenuta a battesimo l’installazione di Kuçovë che sorge a 85 chilometri a sud della capitale albanese

All’inaugurazione, oltre al premier albanese Edi Rama, hanno partecipato numerosi esponenti politici e militari dei paesi aderenti alla Nato, compreso il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto. Il progetto concretizza la consistente collaborazione militare tra Italia e Albania. Da anni l’Italia pattuglia i cieli dell’Albania e garantisce la formazione e l’addestramento delle Forze armate di Tirana, e gli eserciti dei due paesi svolgono regolarmente esercitazioni militari congiunte. Nel, progetto di riammodernamento e di estensione della vecchia base aerea di epoca sovietica, approvato nel 2018, l’Alleanza Atlantica ha investito 50 milioni di euro, ai quali occorre aggiungerne altri 5 milioni stanziati dal governo albanese. Nelle ultime settimane Tirana ha accolto il segretario di Stato americano Anthony Blinken e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il premier Rama ha già proposto alla NATO di utilizzare anche due vecchie basi navali, nei pressi di Valona.

fonte:pagineesteri

 

Anziani non autosufficienti, ForumDD: “Il Decreto attuativo del Governo cancella servizi domiciliari e universalismo. Si ponga subito rimedio”

Il decreto attuativo tradisce le premesse della Legge Delega 33/2023 che dopo oltre due decenni prometteva una riforma della non autosufficienza che riguarda in Italia 10 milioni di persone tra anziani, familiari e caregiver di professione. Prossimi giorni decisivi per cambiare rotta. Le scadenze PNRR prevedono che entro metà marzo dovrà essere emanata la versione definitiva: i prossimi giorni sono quindi decisivi per cambiare rotta

Anche il Forum Disuguaglianze e Diversità, come le altre 60 organizzazioni del Patto per la non autosufficienza, esprime grande delusione di fronte al Decreto attuativo della Legge Delega (n.33/23) per la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti presentato dal Governo. Una riforma attesa da oltre due decenni da 10 milioni di persone, anziani, familiari e caregiver di professione, per i quali la legge introdotta grazie al PNRR puntava a ridisegnare il sistema di welfare per rispondere alla loro sempre più diffusa presenza e a bisogni di cura sempre più complessi. Mentre la legge Delega prevede la riforma dei servizi domiciliari, finalizzata a colmare la mancanza in Italia di un servizio domiciliare pubblico progettato per la non autosufficienza, il Decreto cancella questa opportunità. […] “Questa scelta – sottolineano dal ForumDD – però appare tristemente coerente con altre che il Governo sta facendo, riducendo attenzione su temi come la prevenzione e la territorialità forse perché tali interventi convengono più al pubblico che al privato”. In palese contraddizione con le indicazioni della Delega, il decreto attuativo prevede inoltre che per ricevere assistenza, oltre al bisogno occorrerà dimostrare anche ridotte disponibilità economiche. “Si smantella così un principio cardine del nostro welfare, quello della protezione universale”. il Decreto non pone le basi per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia, che avrebbe dovuto essere il compito della riforma. È dunque necessario agire, da subito, per migliorarlo.

Per approfondimenti QUI.

 

Intervento sull’A.I. di Alessandra Algostino: “L’autonomia differenziata è prevista dalla Costituzione. In che senso allora svuota la democrazia disegnata dalla Costituzione? Perché attacca i diritti di tutti riconosciuti dalla Costituzione? Perché è una attuazione della Costituzione incostituzionale?“

L’autonomia differenziata è, all’apparenza, un tema tecnico e complesso ma, in realtà, è un potente volano di diseguaglianze e incide profondamente sulla qualità della democrazia e sul sistema dei diritti. Affrontarlo non è, dunque, un discorso astratto da giuristi attenti ai cavilli, ma un contributo al necessario ragionamento sulla materialità dell’esistenza di ciascuno, e di tutti. Anche dei cittadini delle ricche regioni del Nord (VlL). Nell’estratto che proponiamo si riprendono alcuni passaggi in cui, nell’articolo L’autonomia differenziata fa male anche al Nord, la costituzionalista dell’UniTo mette in evidenza gli effetti dello smantellamento dello Stato sociale e dei diritti previsto nella proposta-Calderoli

L’autonomia differenziata è un processo che incide sui diritti di tutti, anche a prescindere dalla solidarietà e dall’uguaglianza. E sottolineo questo punto, parlando in una Regione – la Lombardia – dove la diseguaglianza ambisce a tradursi in privilegio. L’autonomia delle diseguaglianze è volano per una ulteriore tappa nello smantellamento dello Stato sociale, della democrazia come sociale e sostanziale. Si inserisce qui il discorso, ambiguo, dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP): i LEP sono una garanzia per i diritti o uno strumento attraverso il quale dismettere la loro garanzia?Tre veloci annotazioni: a) la determinazione dei livelli essenziali dei diritti è dovuta a prescindere dal riconoscimento dell’autonomia differenziata (ai sensi dell’art. 117 Costituzione come riformato nel 2001); b) non è dovuta solo la determinazione dei LEP (il compito affidato alla c.d. commissione Cassese, che invero ne ha individuato un elenco alquanto eterogeneo), ma è ugualmente dovuta la loro garanzia (lo stanziamento delle risorse necessarie). Questo, mentre è notizia di questi giorni il deterioramento nella garanzia dei LEA, livelli essenziali di assistenza (dati 2022) in ambiti come revenzione, screening oncologici, pronto soccorso, e non solo al Sud. Discorrere di spesa storica, di «quadro finanziario della Regione», di invarianza finanziaria, di equilibrio di bilancio (elementi ricorrenti nel disegno di legge Calderoli), quale spazio lascia alla garanzia effettiva dei diritti? Eppure, come ha ricordato la Corte costituzionale (sentenza n. 275 del 2016): «è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»; c) invero, da garantire sarebbe il diritto, non il suo livello essenziale: l’introduzione di una gradazione apre alla diseguaglianza ma anche allo svuotamento del diritto in sé, per tutti, a prescindere dal luogo di residenza. Si favorisce (ulteriormente) un processo di privatizzazione. Si differenzia, si definanzia, si individua un minimo comun denominatore sempre più esiguo; si affianca, fino a sostituirlo, il privato al pubblico: nuovi mercati e profitti per i soggetti privati e regressione e incremento delle diseguaglianze nella tutela dei diritti per i cittadini. Per tutti i cittadini, anche quelli del Nord. Con l’autonomia differenziata, o della diseguaglianza, incrementeranno, attraverso un procedimento nel segno della verticalizzazione del potere, in modo esponenziale e intersezionale, le diseguaglianze territoriali e sociali, nonché la dismissione dello stato sociale. In questo quadro si inserisce il disegno di legge Calderoli che non attribuisce direttamente alcuna competenza alle regioni ma si limita a delineare una procedura, fermo restando che, in quanto legge ordinaria, ben potrebbe essere abrogata e derogata da una successiva intesa, come da qualsiasi legge, così come si potrebbe procedere a intese anche in assenza dell’approvazione della legge Calderoli.

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Scuola e Autonomia Differenziata, fermiamoli! Ogni cinque anni un bambino del Sud perde un anno di scuola rispetto ad un coetaneo del Nord. Lo dice lo Svimez nel suo ultimo Rapporto annuale

Per fermare tutto questo il “Tavolo No Autonomia differenziata”  e il “Comitato Nazionale per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata, l’uguaglianza dei diritti e l’unità della Repubblica” hanno organizzato per sabato 16 marzo (ore 14.30) una grande manifestazione nazionale a Napoli in piazza Garibaldi

Con la cosiddetta Autonomia Differenziata, questa – e altre – diseguaglianze cresceranno ulteriormente. Ne ricordiamo alcune: nella scuola primaria nel centro-nord il 46% dei bambini non fruisce del servizio mensa, un dato che al sud riguarda il 79% dei bambini. Il tempo pieno riguarda il 18% degli allievi del Sud, al Centro-Nord il 48%. Percentuali simili anche rispetto alla presenza delle palestre. Ancora, il Mezzogiorno ha le scuole con la disponibilità più bassa sia per i trasporti urbani (78 per cento) sia per gli inter-urbani (40 per cento). Un dato è, però. in controtendenza: il 57 per cento delle scuole in Italia ha quasi 50 anni, la porzione maggiore di edifici costruiti prima del 1975 è nel Nord, ma è il Mezzogiorno ad avere la percentuale minore di scuole con certificato di agibilità (solo il 32 per cento contro il 52 per cento del Nord) e con libretto di omologazione dell’impianto termico (il 38 per centro contro il 51 per cento del Nord). Drammatico, inutile a dirsi, il quadro della dispersione scolastica. Il nostro Paese è al quarto posto in questa speciale classifica in Europa, Catania si caratterizza per il più alto tasso di dispersione in Europa. L’Autonomia Differenziata non si limiterà solo a rendere strutturali, e ad approfondire, queste differenze, il che sarebbe comunque gravissimo, ma rimetterà in discussione il carattere unitario e nazionale dei processi di educazione e di istruzione. Come si legge nel sito del MIM (Ministero dell’Istruzione e del Merito), attualmente “il sistema educativo di istruzione e di formazione italiano è organizzato in base ai principi della sussidiarietà e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. Lo Stato ha competenza legislativa esclusiva per le “norme generali sull’istruzione” e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Lo Stato, inoltre, definisce i principi fondamentali che le Regioni devono rispettare nell’esercizio delle loro specifiche competenze”. Tutto questo verrà stravolto dall’Autonomia Differenziata. In primo luogo, un insegnante del Nord, pur svolgendo lo stesso lavoro, potrebbe avere uno stipendio maggiore rispetto ad un collega che insegna al Sud. Questo perché nelle regioni del Nord il residuo fiscale, ovvero la differenza fra quanto i contribuenti versano e quanto ricevono in termini di spesa pubblica, è maggiore di quello del Sud. Ancora, una regionalizzazione dell’istruzione significherà anche programmi scolastici non più unitari e una gestione amministrativa delle scuole differente da regione a regione, con il rischio di un ulteriore attacco alla stessa libertà di insegnamento. Soprattutto, verrà rimesso in discussione quel processo, lungo e complesso, che ha permesso all’Italia, in primo luogo grazie alla scuola, di costituire una sua identità culturale e garantire quella mobilità sociale che, come afferma la Costituzione, fa sì che “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. In sostanza, c’è molto di cui essere preoccupati, anche perché non vi è dubbio che questa controriforma determinerà anche un ulteriore attacco ai diritti e allo stato sociale, attraverso nuovi processi di privatizzazione

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