Avrebbe dovuto essere l’ennesimo corteo, per la 19ma settimana consecutiva da quando, in risposta all’attacco d Hamas del 7 ottobre scorso, sulla striscia di Gaza è cominciata la mattanza!
Ma “per dimostrare la nostra comprensione e solidarietà alle Forze dell’ordine di Milano, che oggi si trovano impegnate nella partita Napoli vs Milan, ci siamo limitati a questo presidio, come ci hanno chiesto” così ha spiegato dal solito furgoncino il presidente dell’associazione Palestinesi in Italia Mohammed Hannoun, alla piazza dinnanzi alla Stazione di Milano, che via via si riempiva fino a diventare folla, bellissimo colpo d’occhio di adesioni.

Erano di nuovo tantissime infatti le bandiere, da quelle della varie associazioni palestinesi, a quelle di Unione Popolare, Rifondazione, Cambiare Rotta, Rete dei Comunisti, Assopace Milano, Casa delle Donne di Milano, le stesse che abbiamo visto sfilare ogni fine settimana per le vie di Milano dall’inizio del conflitto, e che ieri pomeriggio, tutte così vicine le une alle altre, intorno a quell’improvvisato palco sul camioncino, davano ancora più l’idea di una comunità che nell’arco di poche settimane si è formata e consolidata al di là delle identità, età, storie, zone di residenza, facce che ormai si riconoscono anche per nome, fratelli e sorelle che si stringono gli uni agli altri e tutti insieme si sentono cerchio, cassa di risonanza: per le parole che vengono pronunciate dal megafono, e più ancora per ciò che ognuno prova dentro di sé, dinnanzi al massacro che inesorabile prosegue, sordo a qualsiasi appello, indifferente a qualsiasi Corte Internazionale di Giustizia, determinato a proseguire a qualunque costo, nello sgombero di qualsiasi forma di vita a Gaza che significa sterminio.

E’ stato molto ringraziato Ghali “per le sue parole chiarissime contro il genocidio” ha detto Hannoun.
“Parole che chiaramente danno fastidio alla lobby sionista (…) E’ arrivato il momento di denunciare queste lobby e le loro frottole, Ghali non è antisemita, non ha attaccato gli ebrei, ha parlato del genocidio in corso, del crimini che si sta consumando ogni giorno, che è sotto gli occhi di tutti, contro bambini inermi, donne, civili, delle bombe sugli ospedali. E ha parlato di quella cosa che nessuno osa più pronunciare: pace. E’ giunta l’ora di svegliarci da questo incubo e di denunciare finché avremo fiato in corpo queste aggressioni. Ringraziamo il Festival di Sanremo per questo contributo al risveglio delle coscienze…”

Gli ha fatto eco Falastin, la giovane attivista dalla voce possente che abbiamo imparato a conoscere in tutte le manifestazioni precedenti: “Ghali ha avuto coraggio. Chissà quante condizioni gli sono state presentate per contratto e invece è riuscito a dire quello che ha detto, e a cantare la canzone che ha cantato: in pochi attimi è riuscito a far arrivare il messaggio, contro il genocidio, per un’urgente soluzione di pace, a milioni di persone, gli siamo tutt* grat* per questo coraggio”.

Per un attimo la piazza è risuonata delle note di quella canzone, Casa Mia, che dal palco del Festival di Sanremo ormai concluso, non smetterà di riverberare nei vari talk show e dibattiti sui social, almeno per un po’: meritati applausi a Ghali.

Ma ben oltre i riflettori di Sanremo, gli interventi dal palco non hanno potuto fare a meno di ricordare la vicenda della bimba di 6 anni, Hind Rajab, dispersa dal 26 gennaio e trovata morta proprio l’altro giorno (era il 10 febbraio), dopo che per giorni i soccorritori della Mezzaluna Rossa si erano mossi alla sua ricerca, in risposta a quella sua chiamata terrorizzata sul cell.
Anche lei è ormai un corpicino senza vita, tra decine di migliaia di altri dall’inizio del conflitto.

E’ stata inoltre ulteriormente denunciata l’illegittimità delle licenze per l’esplorazione di gas naturale in zone considerate aree marittime palestinesi ai sensi del diritto internazionale, che il Ministero dell’Energia israeliano avrebbe concesso (già al 29 ottobre scorso) a sei società israeliane e internazionali tra cui Eni S.p.A.
“E’ un abuso, un’ennesima prova della reale posta in gioco di questo conflitto, degli interessi che lo motivano, del progetto coloniale che vorrebbe letteralmente cancellare la Palestina dalla faccia della terra.”

Senz’altro da segnalare, a sostegno del riconoscimento più che mai urgente di uno stato Palestinese, la campagna lanciata un paio di settimane fa dall’Ass.ne Schierarsi.it, con l’obiettivo di raccogliere 50.000 firme, il numero minimo sufficiente per presentare la proposta al Governo Meloni: un banchetto era presente ieri in Piazza, altri se ne vedranno nelle prossime occasioni e comunque ad oggi, mentre chiudiamo queste note, siamo già quasi a 8.000 firme, ed è possibile firmare anche sul sito, per cui diffondiamo, aderiamo in tanti, uniamo tutte le possibile piazze ed occasioni.

Prossimi appuntamenti importanti per la Palestina, come è stato più volte ripetuto anche ieri: lo sciopero generale indetto dai sindacati di base il 23 febbraio prossimo, e il 24 la mobilitazione nazionale a Milano per il Cessate il fuoco sia in Palestina che in Ucraina: il 24 febbraio prossimo sarà passato quasi un mese dall’importante pronunciamento della CIG, e due anni esatti dall’invasione russa in Ucraina: più che mai importante esserci ed essere in tanti.

Si stanno organizzando in pullman, stanno aderendo in tanti, dalla CGIL ai SiCobas, da Europe for Peace alla Rete Italiana Pace e Disarmo, per non dire delle tante organizzazioni che si sono autoconvocate localmente in Italia dall’inizio del conflitto – e come abbiamo scritto anche su Pressenza sono state centinaia, per l’esattezza 890!