Il Tavolo per la Pace dell’Alto Verbano e i volontari di Emergency raccontano l’esperienza di questi tre emozionanti giorni, dal 9 all’11 febbraio, che hanno visto un grande partecipazione di studenti e di pubblico a Luino.

Reduci da tre giorni intensi e gratificanti, ancora entusiasti per quello che abbiamo vissuto, proviamo a mettere in fila volti, emozioni, ricordi e speranze.

I volti sono quelli dei 150 ragazzi in presenza e degli oltre 350 collegati da remoto che hanno seguito con attenzione la storia da romanzo di colui che si autodefinisce “Martire mancato”, Walimohammad Atai. Predestinato da famiglia e retaggio culturale a una fine da kamikaze, trova il coraggio, grazie al supporto e agli insegnamenti illuminati della nonna, di voltare le spalle al suo destino. Sceglie la strada tortuosa della fuga dall’Afghanistan, passando per Pakistan, Iran, dove conosce anche le carceri per più di 5 mesi, Turchia e Grecia, fino ad approdare in Italia. Qui inizia a lavorare fin da subito come traduttore nei centri per rifugiati e intraprende l’interminabile iter di richiesta di asilo politico. Ora l’Italia, dove lui si è perfettamente integrato e che ormai considera la sua terra, dovrebbe finalmente consegnargli a breve i documenti che gli riconoscono anche la cittadinanza.

L’emozione è quella di Homaira Ebad, moglie di Wali che, nel suo splendido abito tradizionale, lo affianca in tutte le sue conferenze. È l’emozione di chi ha vissuto sulla propria pelle la ferocia del regime talebano che considera tutte le donne alla stregua di oggetti, il cui unico scopo è mettere al mondo uomini per la jihad.

È l’emozione di chi, con la sua timida presenza, è lì a testimoniare una storia di riscatto e di salvezza, ma che d’altra parte ci ricorda coloro che sotto quel terribile giogo ci sono rimaste.

Il ricordo è quello rimasto indelebilmente negli occhi delle decine di persone che sono passate da Palazzo Verbania ad ammirare la mostra fotografica di Giuseppe Bosio. Visioni di una parte di Afghanistan, quella dello stretto corridoio del Wakhan, prima dell’avvento dei talebani. Una comunità rurale, che vive di poco e che con poco vive in armonia.

La speranza è nelle storie in cui ci siamo immersi con i visori multimediali, di realtà come EMERGENCY, che non si accontenta di costruire ospedali nelle terre più martoriate del pianeta ma, seguendo l’eredità di Gino Strada, fa in modo che siano anche belli, sostenibili e tecnologicamente all’avanguardia.

La speranza è in quella mano tesa dai volontari della Life Support verso chi ha attraversato l’inferno per giungere sulle nostre coste chiedendo solo un approdo sicuro.

Volti, emozioni, ricordi e speranze a comporre un’altra storia straordinaria, una vita straordinaria, ma in fondo per essere Costruttori di Pace non è necessario essere straordinari, bastano piccoli quotidiani gesti concreti. Ed è proprio quello che ci hanno ricordato i ragazzi del laboratorio filosofico del Liceo Sereni con il loro Manifesto per la Pace ed è il nostro invito per tutti!

Per chi volesse rivivere gli incontri del venerdì, aggiungiamo qui i link delle due registrazioni:

Incontro di Wali con gli studenti del Liceo Sereni:
https://drive.google.com/file/d/1Y_fX2-vwRm3Q8OaWE9zqrqqUJxAj73Zx/view?usp=drivesdk

Incontro di venerdì 9 febbraio a Palazzo Verbania:
https://vimeo.com/911893182?share=c