Ho partecipato sabato 24 febbraio – in rappresentanza del MIR Italia – al XXVII Congresso nazionale del Movimento Nonviolento, che si è tenuto a Roma dal 23 al 25 presso lo Spazio Pubblico- FP CGIL. Il Movimento – fondato nel 1964 da Aldo Capitini – si è riunito, dopo una lunga parentesi dovuta anche al periodo della pandemia, per portare il proprio contributo alla mobilitazione di Europe for Peace contro tutte le guerre, ma soprattutto per fare il punto sullo stato della propria organizzazione e sulle campagne nelle quali è da impegnato, all’interno della Rete Italiana Pace e Disarmo, di cui sta curando la segreteria organizzativa.

Nella serata di venerdì 23 si era già svolto l’incontro pubblico “Verso un’Europa democratica, ecologica, nonviolenta” e diversi interventi (fra cui quello di un dirigente di Legambiente) hanno sottolineato la centralità di un collegamento tra l’impegno per contrastare la crisi ecologica e quello contro le guerre, per il disarmo e per un’alternativa nonviolenta in materia di difesa. È questo, quindi, il primo punto che ho ritenuto opportuno sottolineare nel mio intervento a nome del MIR Italia, affermando che un progetto ecopacifista può e deve diventare uno degli elementi fondamentali di sinergia per opporsi sia all’attuale escalation bellica, sia ai diffusi atteggiamenti ostili verso una vera (e quindi radicale) svolta ecologista.

Il secondo tema-chiave, ribadito fin dal titolo dell’assemblea congressuale (“Obiezione alla guerra, oggi!”), è stato ovviamente quello del rilancio delle tradizionali lotte antimilitariste e nonviolente, per opporsi al progressivo ed allarmante scivolamento verso soluzioni armate ai conflitti, sospesi tra il ritorno a modalità belliche di vecchio stampo (guerre di trincea e di posizione) ed apocalittici scenari quali il ricorso alle armi nucleari e le ‘guerre spaziali’. In particolare, il recupero del concetto stesso e delle potenzialità pratiche di termini come ‘disobbedienza civile’, ‘resistenza alla guerra’ ed ‘obiezione di coscienza (fatalmente appannati da 20 anni di disaffezione dall’impegno politico e di sospensione, insieme con la leva obbligatoria, anche del servizio civile dei giovani obiettori antimilitaristi) rappresenta per entrambi i movimenti nonviolenti un’indiscutibile priorità, rinforzata dalla prospettiva più globale di opposizione alla repressione dello stesso diritto di obiettare. In tal senso, la partecipazione del MIR e del MN alla rete promotrice della #ObjectWarCampaign è stata un’eccezionale (sebbene drammatica) occasione per manifestare solidarietà agli obiettori, resistenti e disertori coinvolti nelle più palesi guerre in corso (russi, bielorussi, ucraini, israeliani e palestinesi), costruendo per loro un’efficace rete di protezione e sostegno, ma anche offrendo loro un supporto giudiziario e legislativo a livello internazionale.

Una terza importante questione trattata nel corso degli interventi congressuali è stata la difesa alternativa (non armata, civile, sociale e nonviolenta), che non può che essere (per usare temini gandhiani) l’indispensabile risposta ‘costruttiva’ alla pur necessaria azione ‘ostruttiva’ contro il complesso militare industriale, che genera conflitti armati, svolte autoritarie e militariste ed alimenta un già fiorente commercio di micidiali strumenti di morte, di distruzione e di devastazione ambientale. Anche in questo campo c’è purtroppo da recuperare un bel po’ di anni di mancata o scarsa controinformazione su un secolo di efficaci esperienze di resistenza civile e difesa alternativa, ma anche un ruolo dell’attuale ‘servizio civile universale’ , così da motivare i giovani a diventare protagonisti di una svolta antimilitarista e nonviolenta. Se è vero, come affermava Mao Valpiana, che in questi lunghi anni la nonviolenza, pur non risultando adeguatamente visibile come alternativa, ha comunque continuato a scorrere sotterranea come un ‘fiume carsico’, sembra ormai giunto il momento (oggi!) di farla finalmente riaffiorare, per bonificare con le sue acque di vita una realtà mortifera, desertificata dalla crisi ecologica e devastata dalle guerre.

Pertanto è evidente l’urgenza di interventi formativi che – pur senza la pretesa d’inseguire i giovani, come giustamente affermato dal presidente nazionale del MN – offra loro una serie di opportunità di educazione alla e per la pace, di addestramento alle pratiche e alle tecniche nonviolente e di aggregazione associativa fondata sul protagonismo ma anche sulla maturazione della consapevolezza dell’insostenibilità etica, ecologica, politica e socioeconomica delle soluzioni distruttive ai conflitti Questi infatti vanno opportunamente  riconosciuti e poi trasformati ed affrontati in modo costruttivo. Tutto ciò, ovviamente, implica l’importanza fondamentale della parallela battaglia contro la militarizzazione di scuole, università ed enti di ricerca, denunciandone la crescente pervasività ed opponendosi a questa deriva antidemocratica e violenta, ma anche e soprattutto sviluppando crescenti occasioni di formazione, promuovendo progetti di peace education e diffondendone le ‘buone pratiche’ nelle istituzioni scolastiche ed accademiche.

Ulteriore tassello di un ‘programma costruttivo’ comune per i movimenti nonviolenti – emerso anche dalla discussione congressuale – è l’elaborazione comune di un’articolata proposta di modello alternativo di sviluppo, di convivenza e di relazioni.  Si è opportunamente ricordato, fra l’altro, che Papa Francesco, oltre a indirizzare costantemente il suo magistero sull’opposizione alla follia delle guerre e all’insensato sfruttamento ed inquinamento dell’ambiente naturale, ha anche dichiarato che la nonviolenza dovrebbe diventare lo stile della politica’. Per dirla con i maestri nonviolenti, dovrebbe insomma manifestare sempre più la sua natura di fine e mezzo di un cambiamento virtuoso, in una prospettiva di pace, giustizia e salvaguardia del pianeta, nostra ‘casa comune’.

Ma poiché il Movimento Nonviolento – come il MIR Italia – è impegnato con forze e risorse limitate in campagne particolarmente impegnative (Italia Ripensaci! – Un’altra difesa è possibile – Object War – reti contro il commercio delle armi etc.), si pone anche una questione di alleanze e di necessarie sinergie per potervi fare fronte. In tal senso, come ho avuto modo di ribadire nel mio intervento, va senza dubbio valutata positivamente l’esperienza di un coordinamento attraverso networks nazionali (come la RIPD) ed ultranazionali (War Resisters, Internation Fellowship of Reconciliation, European Bureau of Conscientious Objectors, Europe for Peace, etc.).  Allo stesso tempo, come affermato anche da Mao Valpiana, c’è anche bisogno di far valere la propria identità di nonviolenti, e quindi un ‘pensiero forte’ che va condiviso con un movimento per la pace molto composito, che spesso tende a puntare su obiettivi comuni minimali o comunque parziali. Ecco allora che si manifesta il pressante bisogno di quella capitiniana “aggiunta nonviolenta” di cui i nostri due storici movimenti italiani (e le rispettive reti internazionali) non possono non essere portatori e propagatori.

Concludendo, nel rinnovare gli auguri di buon lavoro agli amici e compagni di strada del Movimento Nonviolento, ci complimentiamo con loro anche per l’intensa e positiva mattinata di confronto, che è stata arricchita dalla presenza e dall’incisivo intervento di Olga Karach (iconica oppositrice pacifista alle politiche belliche della Bielorussia, e per questo perseguita e tuttora a rischio di espulsione dalla Lituania) e dai contributi registrati di noti attivisti per il diritto all’obiezione di coscienza in paesi in guerra come Russia ed Ucraina, Israele e Palestina. Non sono mancati altri importanti ed efficaci interventi, come quelli di sindacalisti, formatori e di una reporter che con Riccardo Iacona si è occupata delle guerre in corso per la trasmissione di Rai 3 Presa diretta.

Infine, una nota originale è stata la trasmissione dello schioppettante e surreale contributo di uno straordinario giocoliere con le parole come Alessandro Bergonzoni. Ed è proprio su questo aspetto, apparentemente secondario, che voglio concludere questa mia breve nota, sottolineando come ai persuasi della nonviolenza, ma anche ai giovani che ad essa si avvicinano timidamente, si possano proporre nuovi ed originali canali di ricerca, educazione ed azione per la pace. Uno di questi, oltre al già citato progetto ecopacifista, è quella eco-ireno-linguistica, cui sto cercando di dare corpo in prima persona.  L’intervento travolgente di Bergonzoni, infatti, ci ha ricordato quanta ambiguità e negatività si nascondano dietro le parole che usiamo ogni giorno, alimentando discorsi di odio, stereotipi razzisti e propaganda bellicista. Osservare, decostruire e demistificare i linguaggi violenti, quindi, è solo il primo passo per ricercare alternative comunicative non solo non aggressive, ma che ci aiutino anche a costruire relazioni giuste, pacifiche ed ecologiche, a tutti i livelli.

In questa preoccupante fase di svolta controriformista ed autoritaria, supportata da palesi messaggi politici d’intolleranza del dissenso e di stampo poliziesco, dunque, la nonviolenza ha più che mai bisogno di nuove teste da contaminare e di nuove gambe su cui avanzare.