La protesta per ottenere il diritto allo studio delle mamme, degli adulti, dei migranti, è partita: abbiamo fondati motivi per prevedere che non si fermerà

Ieri sotto la pioggia, in una giornata di febbraio particolarmente fredda, donne e uomini armati di scope, vetri rotti rattoppati con il nastro adesivo, guanti da lavoro, hanno protestato di fronte al Municipio di Torino per l’inagibilità della Scuola “Non solo mamme” di via Poma – chiusa da sei mesi per qualche vetro rotto e qualche escremento sui pavimenti – e per i ritardi della Giunta comunale nel dare risposta ai problemi che ostacolano alle mamme migranti l’accesso ai regolari percorsi di studio.

Il presidio, organizzato da Casa del Popolo Estella, Non Una Di Meno, Assemblea Scuola Torino, e il mail bombing durato l’intera giornata, sembrano aver colpito nel segno: solleticare gli assessori, per avere la loro attenzione e porre all’attenzione dell’opinione pubblica e dei media lo stato di esclusione sociale delle mamme migranti a cui viene negata la possibilità di studiare.

L’assessora Salerno ha risposto, con lungo testo firmato anche dall’assessore Rosatelli, alle mail che le sono giunte a centinaia – così tante che già durante il presidio molte caselle di posta elettronica dei destinatari risultavano essere piene – per dare la sua versione dei fatti.

La delegazione che ha incontrato gli assessori ha relazionato ai manifestanti e ha riferito che le risposte di Salerno e Rosatelli sono state evasive, generiche: è stato ripetuto quanto scritto nella mail di risposta ma non ci sono stati impegni precisi, con date certe.

Ha riferito che Salerno appariva soprattutto intenta a “scaricare il barile”: lo Spazio Non-Solo Mamme non è attivo perché la precedente Dirigente del Centro per l’Istruzione degli Adulti Tullio De Mauro (CPIA 3) non lo ha progettato per l’anno scolastico in corso, i locali di via Poma non sono stati ripristinati perché le imprese che lavorano per il Comune hanno tanti lavori da fare e i tempi per assegnare i subappalti sono lunghi.

Le dichiarazioni, contenute anche nella mail di risposta degli assessori a chi ha aderito al mail bombing, appaiono di fatto pervase da uno sgradevole odore “politichese”: il diritto allo studio delle studentesse madri è molto importante, è al centro dei loro pensieri, ma serve tempo…

In base alle risposte date rivolgiamo queste domande a Salerno e Rosatelli, Assessori competenti:
– è la prima volta che un plesso scolastico subisce un’effrazione?
– quando succede: gli studenti rimangono a casa e non vanno più a scuola?

Hanno inoltre dichiarato che le dirigenze di quasi tutti i CPIA torinesi cambiano ogni anno, sono discontinue:
– è questa una buona scusa per non ripristinare in tempi adeguati dei locali adibiti al diritto allo studio, sancito dagli articoli 33 e 34 della Costituzione?
– come mai non lavorare per ripristinare il progetto essendo l’attuale Dirigente Scolastico favorevole ad esso?

Al di là delle parole, veniamo ai fatti:
– lo Spazio Non-Solo Mamme, dopo la fine dell’anno scolastico 22/23, non ha più riaperto e 80 mamme non hanno avuto il servizio, hanno perso un intero anno di scuola con tutto ciò che il fatto può significare per vite già piene di ostacoli.
– i locali di via Poma sono inagibili dal 6 settembre.
– l’assessora Salerno e la Giunta di Torino, che lo scorso anno hanno finanziato un servizio educativo per 20 bambini (i figli delle studentesse dello Spazio Non-Solo Mamme) quest’anno hanno scelto di non rinnovare il finanziamento.

La vicenda di via Poma, riguarda solo una parte del problema più generale: sono pochissime le opportunità di studio che i CPIA in città offrono alle mamme: esistono molte realtà informali, “scuole delle mamme”, che propongono corsi di italiano e spazi più o meno idonei in cui i bambini sono intrattenuti da personale volontario.

Qualche volta i CPIA, la Scuola di Stato riconoscono quei percorsi, qualche volta non sanno nemmeno che esistono, addirittura – situazione che accade nel territorio cittadino che ha il più alto numero di adulti che vengono “respinti dal CPIA per mancanza di posti” – non riescono neanche a dialogare con “le scuole delle mamme” che operano in Istituti Comprensivi (e i patti educativi di comunità? Esistono in quel territorio?).

Eppure quelle studentesse dedicano tempo e attenzione, per quei percorsi che molte volte non vengono riconosciuti, e ogni anno ripartono daccapo, e a ogni inizio d’anno bisogna sgomitare per entrarci, perché i posti sono pochi, e le madri che non possono frequentare la scuola altrimenti sono sempre moltissime. E così si accontentano dei “corsi informali”, sono costrette ad accettare un servizio di custodia dei bambini dove le educatrici non sono qualificate, anche se, come qualsiasi genitore, affiderebbero i loro bambini molto più serenamente a delle professioniste e a dei professionisti.

Sono soluzioni a basso costo, quelle delle “scuole delle mamme” informali, che sistemano le coscienze, ma non sono quello che ci si dovrebbe aspettare dalla scuola di Stato: un luogo dove poter intraprendere percorsi lineari, progressivi, che culminano con un riconoscimento utile, un titolo di studio, “un pezzo di carta” e uno spazio in cui i più piccoli possano vivere le prime esperienze di socialità in modo sicuro, seguiti da chi, per professione, se ne sa occupare con consapevolezza.
Questo è il servizio che ci aspetteremmo: per le donne straniere che vivono nella nostra città non è diverso. Perché mai dovrebbe esserlo?

Non c’è ancora traccia di un piano organico che coinvolga, formalizzando un tavolo apposito, Comune, USR, Università, Regione, CPIA. Dare risposte al diritto allo studio delle madri e degli adulti richiede un lavoro in rete coordinato: servono più organici, più spazi, più sperimentazione.
La delegazione ha osservato che questo impegno, non negato come necessità dagli assessori, non ha trovato nell’incontro date certe per la sua realizzazione: sembra mancare una visione strategica.

Nella mail di risposta degli assessori sono citati, a testimonianza dell’attenzione della Giunta alle questioni legate al diritto allo studio dei migranti, i 360.000 euro deliberati per il Progetto Hopeland SAI. L’assessore Rosatelli lo ha sottolineato durante l’incontro: su questo punto gli è stato risposto che sarebbe opportuno un incontro di approfondimento sulla situazione perché tanto denaro pubblico dovrebbe corrispondere ad un servizio continuativo, di ampliamento delle opportunità di apprendimento, offerto dai CPIA durante tutto l’anno scolastico, cosa che non sembra accadere, e dai CPIA dell’intera città, cosa che ancora non avviene.

Prima che il funzionamento del servizio per i richiedenti asilo diventi oggetto di un nuovo presidio e di un nuovo mail bombing, Rosatelli è stato invitato a discuterne. Invito accettato, ma data indefinita: si vedrà se verrà rispettato.

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