In seguito all’adozione della definizione di “antisemitismo” dell’IHRA da parte dell’Amministrazione Comunale di Brescia, come Redazione Sebino Franciacorta ci sentiamo di indirizzare alcune lettere aperte a Laura Castelletti per raccontare pubblicamente le enormi problematiche emerse in questi anni con la promulgazione di questa definizione strumentale

Egregia Signora Sindaca Laura Castelletti,

Il Consiglio comunale di Brescia, con il voto del centro-destra e del PD, ha approvato qualche giorno fa una mozione che adotta la definizione di “antisemitismo” dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance – IHRA) del 2016. Sono stati solo 4 i consiglieri di maggioranza che hanno votato contro la mozione scellerata del centro-destra che è stata ampliamente accolta dal PD e da Azione. Ciò che è risultato nauseante è che alla fine della dichiarazione di voto contrario, i quattro consiglieri abbiano dovuto pure giustificarsi per aver votato in modo diverso dagli altri consiglieri di maggioranza, anziché pretendere che a giustificarsi del voto trasversale fossero quelli del PD e di Azione. Interessante infatti è stato vedere il PD votare con il centrodestra, tra i cui membri che hanno proposto la mozione vi sono anche coloro (quelli di FdI) che a Brescia, non poco tempo fa, hanno inaugurato un circolo intestandolo al fascista mai pentito, volontario della Repubblica Sociale Italiana ed ordinovista Pino Rauti. Interessante anche vedere come, se sulla Shoah si hanno idee diverse, è comunque garantito il voto trasversale tra centro-destra e centro-sinistra quando si parla del sostegno ad Israele. Ebbene sì, perché sebbene la definizione dell’IHRA si autodefinisca come definizione di “antisemitismo”, in realtà deborda anche su altri temi che nulla hanno a che fare con l’antisemitismo, per esempio la critica politica al sionismo e alle politiche colonialiste e d’apartheid d’Israele, finendo per limitare la libertà politica. Questi temi però li affronteremo nelle prossime lettere in quanto prima vogliamo portare all’attenzione le gravi lacune culturali ed antropologiche che la definizione dell’IHRA contiene. La definizione, “operativa e non giuridicamente vincolante”, afferma: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto.”

Si tratta di una definizione impropria e parziale che parte da presupposti culturali, storici ed etnografici completamente errati, sovrapponendo per esempio il termine “antisemitismo” a quello di “antigiudaismo”, quando in realtà l’antisemitismo è la forma di odio e di discriminazione razziale esercitata verso le popolazioni semitiche, ovvero tutti quei popoli che parlano o hanno parlato lingue del ceppo semitico, cioè gli Arabi (che essi siano ebrei, cristiani o musulmani), gli Aramei, gli Assiri, i Cananeo-Fenici e dal punto di vista prettamente linguistico gli Abissini. L’antigiudaismo è invece una forma di discriminazione su base religiosa esattamente come la cristianofobia e l’islamofobia. Il fatto che il termine “antisemita” sia comunemente inteso erroneamente come “anti-ebraico”, non giustifica il fatto che le istituzioni debbano cadere in queste gravi lacune linguistiche e storiche.

La dichiarazione dell’IHRA, oltre a fare confusione tra due concetti ben diversi e risignificando il concetto di “antisemitismo”, cerca di accostare de facto quest’ultimo all’antisionismo, ovvero alla critica delle politiche colonialiste d’Israele. Ciò che emerge da questa situazione è che l’IHRA assimila all’antisemitismo – definito come forma di odio e discriminazione verso gli ebrei – anche la critica al sionismo, ignorando la sostanziale differenza tra sionismo ed ebraismo. Se l’ebraismo è la religione abramitica che ha plasmato una grande cultura e spiritualità, il sionismo è un movimento politico nato a fine Ottocento in seno alla cultura liberale con Theodore Herzl che fin da subito ha sostenuto mire coloniali volte alla nascita di una “Nazione Ebraica”. Si tratta di un movimento che non ha trovato appoggio e sostegno dalla totalità degli ebrei sul pianeta e ad oggi sono molte le organizzazioni ebraiche dichiaratamente antisioniste o critiche dello Stato d’Israele e delle sue politiche.

Adottando e riconoscendo la definizione strumentale dell’IHRA, si stravolgono così i concetti radicalmente differenti di antisemitismo, antigiudaismo ed antisionismo, permettendo un uso strumentale  al fine di cancellare la storia antica del Medioriente e tutto ciò che è successo dal 70 d.C al 1948. In quest’ottica, essendo i palestinesi – che sono musulmani, cristiani ed ebrei di origine araba – una popolazione semita, la definizione dell’IHRA impedisce lucidamente di definire come “antisemitismo” la discriminazione, la violenza sistematica e il razzismo che Israele esercita sul popolo palestinese. Il tutto aggravato dal fatto che in Israele questo sistema è sostenuto ed avallato dalla popolazione israeliana composta per l’80% da ebrei ashkenaziti, ovvero facenti parte del gruppo etno-religioso ebraico originario dell’Europa centrale e orientale tradizionalmente di lingua e cultura yiddish, quindi non-semiti. Nella società israeliana vi è un grave problema di suprematismo bianco che ha origine profonde e che deriva da un’oscura storia dell’Occidente che attraversa anche la nascita dello Stato di Israele fin dagli anni Trenta.

Ci si chiede quindi di quale “antisemitismo” parli la definizione dell’IHRA e perché la volontà di proporre una definizione così parziale sul tema, ma soprattutto perché la volontà di inserire velatamente nella definizione anche la “protezione di Israele” in quanto “collettività di ebrei”, pur essendo uno Stato che è chiamato a rispondere di razzismo anti-arabo e anche di antisemitismo nel termine più amplio, sia quello che è agisce contro i palestinesi musulmani sia quello contro le minoranze ebraiche di origine araba e semita nella sua società. Questa definizione potrebbe giovare ad Israele, escludendosi dalle accuse pur essendo portatore di responsabilità in tal senso? Sarebbe un modo diplomatico per Israele per non sentirsi chiamato in causa verso quello che succede nelle contraddizioni della sua società? Perché fare riferimento all’antisemitismo con un significato completamente stravolto per puri interessi politici e geopolitici, usando strumentalmente le storia e le scienze sociali?

Lorenzo Poli