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Intervista alla scrittrice palestinese-americana Susan Abulhawa: “Tutti devono prendere posizione. Non esiste una via di mezzo. Chi tace è complice di genocidio”

Da attivista, nel corso degli anni, sempre in chiave decolonizzante, ha esortato i palestinesi a ricambiare la solidarietà ricevuta sottraendosi a una dialettica esclusivamente euro-anglocentrica, ritenendo le lotte indigene e per la giustizia sociale più forti e autorevoli se condotte insieme, in quanto la liberazione si raggiunge in modo più completo quando si è impegnati in quella degli altri

Dalle pagine del sito online della rivista ‘Altreconomie’,  l’autrice dell’opera Ogni mattina a Jenin ha sintetizzato così la sua posizione, in merito all’attacco genocidario – al momento si contano  oltre 28.400 morti e 60mila i feriti posto in essere dall’integralismo fondamentalista del governo sionista più reazionario conosciuto nella vicenda dello stato israeliano: “Siamo un popolo indigeno – dice Susan Abulhawa – che lotta per liberarsi da questo stato di apartheid basato sulla supremazia ebraica fascista e la storia ci darà ragione. Ci rifiutiamo di andare incontro al destino di altri popoli indigeni del mondo che sono stati vittime di genocidio, spinti ai margini delle loro terre d’origine, delle loro storie e del loro patrimonio”. Alla richiesta di un suo giudizio  in merito al “ comportamento di Israele e degli Stati occidentali, Italia compresa”, la risposta della scrittrice è stata netta:Non c’è nulla di complicato in questa formula. Fin dalla sua nascita, Israele è stato un’iniziativa coloniale genocida nata in Europa tra le élite di ebrei europei che volevano accaparrarsi una fetta della torta coloniale. Indipendentemente dalle loro ragioni, che si tratti di una risposta all’antisemitismo o di semplice avidità, resta il fatto che sono degli stranieri venuti in Palestina con l’intento di allontanare gli indigeni dalla terra e rubare loro tutto quello che avevano. Questi sono i fatti. La narrazione biblica romanticizzata è pura fantasia che non ha alcuna rilevanza nella realtà o nella testimonianza storica e forense. Siamo un popolo indigeno che lotta per liberarsi da questo stato di apartheid basato sulla supremazia ebraica fascista e la storia ci darà ragione. Ci rifiutiamo di andare incontro al destino di altri popoli indigeni del mondo che sono stati vittime di genocidio, spinti ai margini delle loro terre d’origine, delle loro storie e del loro patrimonio. Gli Stati Uniti e gli altri alleati di questo Stato sionista fascista sono stati smascherati per quello che sono: dei mostri imperialisti. Abbiamo sempre saputo che le loro infinite guerre contro l’“altro” non avevano nulla a che vedere con gli alti ideali della democrazia e dei diritti umani. Ma ora l’imperatore è nudo, la loro malevolenza è chiara, affinché tutto il mondo possa vederla sullo sfondo di un genocidio trasmesso in live streaming”.

intervista integrala su altreconomia

 

Francia e Germania firmato un patto con l’Ucraina per armarla per altri 10 anni

Venerdì 16 febbraio il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky è volato a Berlino e a Parigi per firmare due accordi di sicurezza bilaterali in linea con il vertice NATO tenutosi a Vilnius nel 2023

Entrambi i patti, secondo i quali Germania e Francia invieranno all’Ucraina miliardi di euro, avranno una durata di dieci anni e prevedono la collaborazione in diversi settori dal campo bellico a quello dell’intelligence fino ad arrivare agli aiuti civili e umanitari. Le firme arrivano in un momento difficile per Kiev che sta perdendo sempre più terreno nella propria campagna militare contro la Russia e che nell’ultimo periodo ha vissuto non poche difficoltà nel convincere i propri alleati, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, a continuare a inviare aiuti: di fronte a degli USA sempre più restii nel mandare armi e denaro all’Ucraina e a una Unione Europea ormai vicinissima alle elezioni, i patti portati avanti da Francia e Germania potrebbero essere ben più determinanti di quello che sembrano e aprire la via a un maggior numero di negoziati bilaterali nel caso in cui alle prossime europee la destra nazionalista e conservatrice meno nettamente schierata al fianco di Kiev dovesse popolare il nuovo Parlamento. L’accordo con la Francia è diviso in sette diversi titoli comprese introduzione e disposizioni finali, e contempla l’invio di 3 miliardi di euro a supporto della causa ucraina da spendere nella produzione di armamenti, nel contrasto alla Russia, in progetti di cooperazione ed esercitazioni militari congiunte, e nelle sfere civile e umanitaria.. Il patto con la Germania è sotto certi punti di vista analogo a quello con la Francia, e conta 7,1 miliardi di euro in aiuti militari da parte di Berlino. Se dal punto di vista militare gli aiuti sono rivolti agli stessi settori a cui si rivolgono quelli francesi, nel campo più strettamente economico e di “ricostruzione”, nonostante l’estrema generalità con cui vengono descritti gli eventuali investimenti tedeschi, l’accordo con la Germania sembra essere più mirato. Esso, nello specifico, cita una “intensificazione della cooperazione in aree come l’industria della costruzione, la cybersecurity, la trasformazione digitale/Industria 4.0, l’industria chimica, l’ingegneria elettronica/elettrica, l’ingegneria energetica, l’agricoltura, l’ingegneria meccanica, l’industria di armi e l’energia verde/a idrogeno”. Sebbene non siano del tutto chiari gli investimenti che verranno condotti su suolo ucraino, sia il patto francese sia – e anzi da quel che pare in maggior misura – quello tedesco sembrano mettere sul piatto anche interessi di natura economica, industriale e ingegneristica.

approfondimenti su.l’indipendente.online
 

Appello per un’assemblea online contro la guerra e la sua logica, per una politica transnazionale di pace

In occasione del secondo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Assemblea Permanente Contro la Guerra invita tutti ad un confronto online il prossimo sabato 24, ore 16,  per discutere collettivamente la nuova fase che ci si trova ad affrontare

Mentre nella Striscia di Gaza si consuma un massacro quotidiano, l’espansione del conflitto e la sua durata indefinita diventano sempre più evidenti: abbiamo bisogno di strategie collettive che rifiutino l’inevitabilità della guerra. Nel Mar Rosso vediamo aprirsi un nuovo fronte. Qui è in atto una strategia che mira a neutralizzare la chiusura dello Stretto di Hormuz, costantemente minacciata dall’Iran, per trasformarlo in un corridoio stabile e a basso costo che sostenga le nuove rotte commerciali verso l’Europa attraverso India, Iran e Russia e il revival della Via della Seta cinese attraverso Asia centrale, Iran e Turchia. Alla luce di questi smottamenti, la possibilità che l’Iran possa aggiungersi alla lista delle potenze nucleari non è remota, incrementando così ulteriormente la corsa agli armamenti in tutta la regione. Osserviamo i paesi baltici prepararsi alla guerra. Vediamo i continui attacchi contro la popolazione e il progetto politico curdo da parte dello Stato turco (che ha forti legami economici con Israele, nonostante Erdogan affermi di sostenere la Palestina). Sentiamo l’annuncio di una nuova base russa con 10.000 militari nella Repubblica Centrafricana e il reclutamento di migranti dell’Asia centrale nell’esercito russo, in cambio della cittadinanza. Ascoltiamo il rullo di tamburi in Asia orientale, dalla Corea del Nord allo Stretto di Taiwan. Constatiamo la completa assenza di un piano istituzionale di pacificazione, per quanto insufficiente, insieme alla crisi radicale delle istituzioni internazionali che dovrebbero garantirlo. Rileviamo la crescita del militarismo industriale e ideologico. Queste sono solo alcune delle espressioni più evidenti di una nuova realtà globale in cui la guerra si presenta come modalità ordinaria di gestione della crisi dell’accumulazione capitalistica e come strumento per silenziare le lotte quotidiane contro lo sfruttamento e l’oppressione. Come Assemblea Permanente contro la Guerra (PAAW), per descrivere questa situazione abbiamo parlato di Terza Guerra Mondiale. Lo ribadiamo. Questo non significa semplicemente che la guerra si sta espandendo ma, soprattutto, che i suoi effetti e le sue logiche travalicano gli spazi in cui è combattuta e si abbattono anche sulle lotte sociali. […] Anche in un mondo multipolare non pensiamo che una posizione autonoma contro la guerra possa emergere quando le lotte operaie e i movimenti sociali si trovano schiacciati dal peso della geopolitica o ridotti a supportare regimi autoritari, progetti politici confessionali o politiche nazionaliste. Restare passivi o prendere posizione in favore dell’uno o dell’altro fronte di guerra significa scavarsi la fossa con le proprie mani. È più che mai necessario assumere un posizionamento chiaro e lavorare collettivamente per una politica transnazionale di pace, trovando le risorse che ci occorrono nelle lotte in corso e nei molteplici gesti di rifiuto che oggi alimentano un’opposizione alla guerra duratura ed espansiva.

l’Appello integrale

 

La Costituzione tutela l’ambiente, ma gli italiani non lo sanno. Solo il 28% ne è consapevole, ma il 72% è contento che l’ambiente sia stato messo nella Carta costituzionale

Due anni fa, con il voto pressoché unanime del Parlamento (in diversi  passaggi il gruppo di Fratelli d’Italia si astenne), sono stati riformati l’art. 9 e l’art. 41 della Costituzione. e la legge costituzionale n.1 dell’11 febbraio 2022 ha fatto entrare la tutela dell’ambiente e della natura nella Carta costituzionale italiana

Il Wwf ricorda che «Nell’art. 9 fu inserita, tra i principi fondamentali della Costituzione, la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, richiamando la necessità di proteggere gli animali attraverso le leggi dello Stato. Nell’art. 41 fu sancito il principio che l’iniziativa economica privata, pur essendo libera, non può svolgersi in modo da recare danno all’ambiente e che l’attività economica, sia pubblica che privata, deve essere indirizzata e coordinata anche ai fini ambientali». Anche se la cronaca politica e amministrativa di quel che successo dopo sembra smentire i principi di quell’approvazione costituzionale, il Wwf sottolinea che «E’ stata una riforma importante che ha confermato un orientamento già delineato dalla Corte costituzionale e che ha reso la nostra Costituzione più attuale e in linea con le più recenti leggi fondamentali di altri Paesi». Ma l’inosservanza della politica – che vuole sparare a lupi e orsi e la caccia selvaggia ovunque; che ipotizza nuovi condoni edilizi e chiede che vengano cassate le politiche europee sull’ambiente e la biodiversità (salvo poi “esigere” pene più severe per chi maltratta i gatti, come ha fatto Matteo Salvini) – forse dipende da ignoranza dell’opinione pubblica italiana che diventa acquiescenza per una politica che odia e non conosce la fauna selvatica e crede che l’ambiente siano gli animali da compagnia?  Se lo è chiesto anche il Wwf che, con un nuovo sondaggio commissionato a EMG Different, ha cercato di capire quanto ne sanno i cittadini italiani della riforma del 2022 e quanto ritengono che sia importante aver inserito la tutela dell’ambiente nella Costituzione.

vedi sondaggio su: greenreport.it/news
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