Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) ha pubblicato i dati dei consumi di gas da gennaio ad ottobre: 48 miliardi e 544 milioni di metri cubi, quasi sette miliardi in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando furono di 55 miliardi e 427 milioni di mc.

Si tratta di un vero e proprio crollo rispetto al 2022 quando alla fine dell’anno i consumi di gas si fermarono a 68 miliardi e 524 milioni di mc. Ma già il dato del 2022 è stato clamoroso: 7 miliardi e mezzo in meno rispetto al 2021.

Prosegue, quindi, l’inarrestabile discesa dei consumi di metano, dovuta a vari fattori: le temperature miti in conseguenza del cambiamento climatico, la crescita delle fonti rinnovabili, il maggior risparmio e la maggiore efficienza energetica, l’inaffidabilità del prezzo del gas che, peraltro, con il passaggio al mercato libero peserà ulteriormente sui bilanci delle famiglie italiane.

Supponendo che per i restanti mesi di novembre e dicembre i consumi di gas si mantengano agli stessi livelli dello scorso anno, abbiamo da aggiungere 12 miliardi e 950 milioni di metri cubi ai quantitativi certificati fino ad ottobre. Ciò vuol dire che l’anno si chiuderebbe con 61 miliardi e 494 milioni di metri cubi, ben 7 miliardi in meno rispetto al 2022. Pertanto, in due soli anni i consumi di gas sono scesi di quasi 15 miliardi di metri cubi,

Non è escluso, però, che il 2023 possa chiudersi intorno ai 60 miliardi di metri cubi. Questo significa che l’Italia raggiungerebbe  con diversi anni di anticipo l’obiettivo fissato dal Piano nazionale energia e clima (PNIEC) che è appunto di 60 miliardi di metri cubi al 2030.

La discesa dei consumi di gas non riguarda solo l’Italia ma l’intera Europa. Se da noi la riduzione, nei primi dieci mesi dell’anno, è stata pari al 12,4 per cento, la media europea nello stesso periodo è stata del 16,9 per cento. Il che conferma la illusorietà di trasformare l’Italia in un hub europeo del gas e il carattere puramente propagantistico del cosiddetto “Piano Mattei” strombazzato dal Governo Meloni: una scatola vuota che però verrà pagata salatamente dai cittadini italiani, sui quali peseranno i costi miliardari delle nuove infrastrutture – metanodotti e rigassificatori – con cui si insiste nel voler riempire il Paese.

Con le attuali infrastrutture metanifere, di importazione e di distribuzione interna, l’Italia può soddisfare una domanda potenziale di metano di oltre 100 miliardi di metri cubi l’anno, anche nella ipotesi della totale cancellazione dei flussi dalla Russia (ridotti comunque quasi a zero: ad ottobre sono stati di appena 70 milioni di mc). Aggiungendo le capacitò dei nuovi impianti in programma si supererebbero i 140 miliardi di potenzialità, a fronte di consumi reali di poco più di 60 miliardi, destinati a scendere ulteriormente entro il 2030.

Con un simile quadro, che non lascia adito a dubbi, è del tutto irragionevole insistere con la realizzazione della centrale di Sulmona e del metanodotto Snam Linea Adriatica: un progetto concepito 20 anni fa ma che oggi non ha alcuna ragione di esistere.

Un Governo serio e responsabile lo cancellerebbe immediatamente, ma l’attuale Governo è sempre più asservito agli interessi della Snam e dell’Eni, le due multinazionali che dettano e gestiscono la politica energetica dell’Italia. Convinti come siamo di essere dalla parte giusta continueremo a lottare fino alla fine per impedire questa follia economica, ambientale e climatica.

 

Comitati cittadini per l’ambiente

Coordinamento No Hub del Ga