Il 10 dicembre del 1948 l’Assemblea delle Nazioni Unite adottava la Dichiarazione dei diritti umani composta di 30 articoli che riconoscono “la dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana” e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, come fondamento della “libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.

Con le macerie ancora fumanti e l’eco dei milioni di morti della Seconda Guerra mondiale, tramite questo testo i popoli e le nazioni di tutto mondo decisero fissare alcuni principi inderogabili per la convivenza dell’umanità, il rispetto della vita umana e il riconoscimento dei bisogni più profondi dell’essere umano.

Infatti, la Dichiarazione oltre ad affermare la libertà e l’uguaglianza di tutte le persone, il diritto alla vita e alla sicurezza riconosce anche i diritti politici e alcune prerogative antropologiche e pre-politiche dell’essere umano, che realizzano il benessere integrale della persona, come il diritto a sposarsi, a fondare una famiglia “che è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”.

Viene quindi ribadito il principio del primato educativo dei genitori e il diritto sacrosanto a confessare la propria fede religiosa.

Questo documento epocale è diventato quello che le Nazioni Unite definiscono come “la spina dorsale del meccanismo di protezione dei Diritti Umani a livello internazionale”.

La Dichiarazione ha ispirato uomini, popoli e organizzazioni che con il loro impegno hanno consentito un miglioramento diffuso delle condizioni di vita dell’umanità.

Tuttavia ad oggi rimangono delle discrepanze enormi nella reale applicazione di questi principi. Vaste porzioni di umanità vivono in condizioni di estrema fragilità economica, sanitaria e sociale; subiscono persecuzioni su basi politiche, etniche e religiose.

Basti pensare che oltre 50 milione di persone sono costrette al lavoro forzato e sono dei veri e propri schiavi moderni senza alcun diritto.

Altri 114 milioni di esseri umani sono migranti forzati in fuga dal proprio paese, viene a mancare loro il diritto di vivere nella terra natale e di godere delle relazioni con parenti e amici.

E ancora, quasi un miliardo di persone, sui 7,8 totali della Terra, vive in condizioni di povertà assoluta, con conseguenti gravi difficoltà a nutrirsi correttamente.

Ancora più impressionate il dato sulla salute globale: oltre 4,5 miliardi di persone in tutto il mondo non ha una copertura sanitaria di base.

Le cose non vanno tanto meglio sul fronte dell’istruzione, nel mondo ci sono ancora 130 milioni di bambini, su un totale di circa 625 milioni di minori in età scolare, che non ricevono un’istruzione di base. In pratica un bambino su cinque non ha garantito nemmeno il percorso scolastico alle elementari.

In queste drammatiche condizioni spesso non è garantito nemmeno il diritto di pregare, a molte persone non è nemmeno concesso di praticare il proprio culto e di osservarne i riti per arricchire lo spirito e lenire i dolori dell’anima.

Secondo il rapporto di ‘Aiuto alla Chiesa che soffre nel mondo’, in un 1 Paese su 3, il diritto alla libertà religiosa non è pienamente rispettato.
Quasi 4,9 miliardi di persone, pari al 62% della popolazione mondiale, vivono in nazioni in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.

Per tutti i numeri appena elencati è necessario che tutti i governi e le organizzazioni continuino a fare ogni forma di pressione affinché i principi della Dichiarazione siano realmente applicati.

La famiglia umana può e deve valorizzare le differenze senza lasciare nessuno indietro.
( agenzia stampa Interris.it)