L’Orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus), simbolo dell’Abruzzo, è una specie protetta ad altissimo rischio di estinzione. Si calcola che ne esistano appena una sessantina di esemplari e negli ultimi dieci anni ne sono andati perduti 24, di cui 12 femmine, indispensabili per il mantenimento della popolazione. Per poter sopravvivere e riprodursi gli orsi hanno bisogno di spazi sempre più ampi; ma nello stesso tempo è necessario eliminare, o quanto meno ridurre al minimo, i tanti pericoli che minacciano la loro esistenza: dagli investimenti stradali a epidemie come la TBC bovina fino alla loro soppressione per mano dell’uomo.

E’ per assicurare un futuro a questa specie unica al mondo che è stato messo a punto un progetto di riproduzione assistita. Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ha approvato, a questo scopo, una convenzione tra diversi partner italiani e stranieri al fine di supportare l’incremento e la  diffusione della popolazione di Orso bruno marsicano nell’Appennino centrale.

Uno dei più importanti partner del progetto è l’Università di Lèon (Spagna), che fornirà servizi di formazione veterinaria applicata all’Orso bruno attraverso il suo gruppo di ricerca ITRA ULE (Tecniche di riproduzione assistita) che può vantare in questo settore un bagaglio di competenze accumulate in oltre venti anni di attività.

Obiettivo dell’iniziativa – si legge nella convenzione – è quello di “promuovere la massima diffusione del popolamento di Orso bruno marsicano lungo la dorsale appenninica preservandone, nel contempo, l’integrità e il prezioso patrimonio genetico di cui la specie è portatrice”.

Altra protagonista è l’Università Cattolica di Lille alla quale è affidato il compito della supervisione relativa agli aspetti biologici ed ecologici del progetto. L’Università francese si occuperà, inoltre, dell’analisi socio-ecosistemica e biogeografica dei corridoi ecologici attuali e potenziali dell’Orso bruno ed elaborerà le misure atte ad implementare i servizi ecosistemici.

Altri partner del progetto sono la Società italiana per la storia della fauna “Giuseppe Altobello” di Baranello (Campobasso) e la Cooperativa Cogecstre di Penne (Pescara).

Nel frattempo il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise continua a monitorare i due orsetti figli dell’orsa Amarena, uccisa con un colpo di fucile lo scorso 31 agosto a San Benedetto dei Marsi. Fortunatamente – informa il Parco – i due cuccioli, che ormai sono cresciuti ed hanno quasi dieci mesi, sono in grado di muoversi in autonomia e si stanno alimentando per mettere su grasso da utilizzare durante il periodo di ibernazione.

Proprio allo scopo di proteggere i due giovani orsi ed evitare loro ogni forma di disturbo il PNALM, a pochi giorni dall’apertura della caccia, ha chiesto alla Regione Abruzzo il rinvio dell’attività venatoria nell’area frequentata dai plantigradi.

L’orsa Amarena, che non aveva mai dato problemi nella convivenza con l’uomo, era diventata famosa in tutta Italia per le sue numerose apparizioni nei paesini contigui al Parco. Nella sua precedente cucciolata, avvenuta nel 2020, aveva dato alla luce quattro orsacchiotti, evento rarissimo tra gli orsi. Uno dei quattro, Juan Carrito, è morto tragicamente come la madre: nel gennaio scorso è stato investito e ucciso da un’auto a Castel Di Sangro.