Questo articolo che discute i termini di pace e nonviolenza nel contesto attuale non deve essere frainteso in nessun modo come un appoggio alle risposte armate ai vari conflitti, né confuso con chi vuole fare “la Pace con la Guerra”, posizione che corrisponde agli “avvelenatori dello Spirito” e alle loro vittime.

L’Europa ha vissuto in “pace” per lunghi decenni, una pace apparente piena di conflitti interni anche sanguinosi e rotti da vari interventi stranieri in territorio europeo (ex Jugoslavia, per esempio). Una pace imposta anche con la presenza dell’esercito americano e delle sue basi in vari Paesi europei, tra cui spicca la presenza massiccia in Italia.

Una pace che non ha impedito l’aumento della violenza nelle sue varie forme e l’accentramento economico selvaggio e sempre più sfacciato in poche mani, aiutato dal vile tradimento sempre più accentuato della classe politica che si è alternata al potere nei vari Paesi. L’accentramento nell’Unione Europea del potere politico e soprattutto economico ha esacerbato questo percorso di aumento dei conflitti interni ed esterni. L’appartenenza alla NATO di molti Paesi europei li ha poi vincolati ancora di più alle politiche tardo imperialiste degli Stati Uniti d’America. Una pace che ha contribuito a “chiudere gli occhi“ di fronte alle violenze perpetrare a danno di altri popoli e altre culture in nome della civiltà “democratica” occidentale.

Le popolazioni, fiaccate da innumerevoli campagne del terrore lanciate da questi avvelenatori dello spirito (ricatto economico e lavorativo, campagne terroriste sul “terrorismo” e sulla “pandemia” ) hanno diluito fortemente lo spirito disobbediente alla violenza dei popoli, traditi, disillusi ed infine terrorizzati e quindi ricattati.

Entrano poi prepotenti i conflitti nell’ex Unione Sovietica e in terra palestinese, sempre più invasa e violentata dalle imposizioni dell’arbitrario Stato israeliano.

In questo contesto di crescente sopruso, arroganza dei potenti e di banditismo semantico attuato da opinionisti e mezzi di informazione, di censura e di stretta sul diritto all’espressione libera in tutti i campi, il minimo che la gente chiede è “un po’ di pace”. Ma di quale pace parliamo? La semplice assenza di “dolore fisico” nel corpo sociale non esime dall’enorme sofferenza e contraddizione che i popoli di tutto il mondo stanno attualmente sperimentando, dalla loro crescente sensazione di fragilità, vulnerabilità ed esposizione a tutti i tipi di ricatti.

Il pacifismo non aiuta ad andare alle cause della malattia, ma rischia di essere un oppiaceo che in realtà indebolisce lo spirito critico ed autocritico e le difese immunitarie dei popoli, che si predispongono ad un adattamento decrescente delle condizioni imposte dal potere finanziario in tutto il mondo, nessuno escluso.

La Nonviolenza che Gandhi ha rilanciato con un impatto psicosociale notevole, passibile come tutto di avanzamenti ed adattamenti crescenti ai cambiamenti nel mondo, lo Spirito, l’atteggiamento personale e sociale e la metodologia di questa pratica nella risoluzione dei conflitti, trasformando le condizioni che li hanno generati. Da qui i germogli di nuovi paradigmi sociali, per il superamento da parte “del nuovo” dell’anchilosata ideologia positivista, meccanicista e nichilista che ha dato vita anche all’attuale neoliberismo oligarchico e militarista.

L’azione del popolo indiano sotto la spinta del Mahatma ha influito in maniera enorme sugli eventi futuri e a breve termine ha dato una potente accelerazione alla messa in discussione effettiva del colonialismo politico, economico, militare e culturale dell’Occidente. Purtroppo nel tempo non si è riuscito a dare continuità e soprattutto forza crescente a questa tendenza, anche perché “il Sistema” ha reagito nei momenti “più caldi e creativi” delle popolazioni insinuando i semi della guerriglia e dell’addormentamento attraverso le droghe, nonché attraverso il crescente accentramento del potere economico e politico e il ricatto conseguente sulle popolazioni. Questa debolezza dei popoli rispetto alle sostanze velenose immesse dal “Sistema” è stato anche un indicatore del poco sviluppo interiore dei germogli della nonviolenza all’interno del corpo sociale. Indicatori segnalati da Silo e dal Nuovo Umanesimo Universalista (e da altre correnti affini nel globo) con la sua proposta di trasformazione simultanea dell’individuo e della società con la nonviolenza e la riconciliazione (che non è oblio, né perdono). Abbagliata dalla crescita senza limiti in senso materialista promessa dal neoliberismo e dalla sua “fine della storia”, la società non ne ha colto la reale prospettiva rivoluzionaria.

Sono dunque convinto che il pacifismo debba essere decisamente superato con la pratica della “Nonviolenza Attiva” ; questa presuppone un’azione autocritica e critica che parte dall’individuo e dal suo ambito immediato e si espande come un’azione di non collaborazione con le forze violente (allargando il tema della violenza, che non è solo quella fisica, ma anche quella morale, psicologica, economica, culturale, razziale, politica ecc) in tutti i contesti del vivere. Un’espansione data dal’ “effetto dimostrativo” che si trasmette da punto a punto e da regione a regione, superando gli ambiti locali e nazionali in forma diffusa e sincronica.

Il pacifismo che già esprime una tendenza a evitare il conflitto e quindi ad accomodarsi su compromessi crescenti, si è notevolmente indebolito, tanto che addirittura agli avvelenatori dello Spirito viene facile degradarlo e dileggiarlo agli occhi dei molti e addirittura viene facile “far spuntare alla colomba” il becco acuminato e gli artigli affilati, per dire che la vera pace si fa con la guerra !?! Ed alcuni piano piano ci credono, cominciano a credere che “il forte” (che  parli, inglese, russo, cinese o qualsiasi altra lingua, che agiti lo spettro delle armi, del tasso d’interesse, dello spread o del tasso di contagio) mantenga la pace. Così potrà allontanare da me il pericolo diretto di armi e bombe e quello di dover mettere in discussione il mondo e le mie apparenti “comodità”, sotto la forza delle richieste pressanti di chi è maggiormente oppresso.

Quindi, amici contro le guerre e le angherie dell’imperialismo, amici per la nonviolenza interiore e sociale, invito a levare forte le nostre voci e a unire le nostre menti per articolare nuove forme di pensiero, di sentimenti, di azioni e di pratiche sociali, comunitarie e politiche per superare la menzogna, la violenza di questi tempi, le meschinità e le debolezze (comprese quelle del pensiero) con coraggio e allegria crescenti. L’allegria di chi sa che tutto questo avrà vita breve e che il cambiamento dipende non da forze lontane e “superiori” ma da una nuova sensibilità cooperativa e complementare delle diversità.

Da chi scrive un abbraccio per chi vuole riceverlo.