“Con la motivazione dell’emergenza causata dall’alluvione, in Emilia Romagna è stata nuovamente rinviata l’entrata in vigore della legge urbanistica  LR 24/2017 che avrebbe dovuto porre un argine al consumo di suolo, e stoppare quantomeno la realizzazione di interventi dei vecchi piani” la denuncia arriva da Reca, Rete Emergenza Climatica Ambientale dell’Emilia Romagna, che unisce decine di associazioni ambientaliste in tutta le Regione.

Non è passato neppure un mese da quando Stefano Bonaccini, presidente della Regione nello studio di Presa Diretta, (“Stato di calamità permanente” puntata 4 settembre 2023) aveva assicurato che non ci sarebbero state proroghe alla legge e un assoluto pugno di ferro contro il consumo di suolo. Consumo di suolo che avanza impietoso in tutta la regione, tra nuove autostrade, passanti, poli logistici, supermercati, edilizia, ecc… rendendo il terreno sempre più impermeabile, incapace di trattenere l’acqua e quindi sempre più vulnerabile.

“Il lupo perde il pelo ma non il vizio” commentano le associazioni, che spiegano: “Mentre in consiglio regionale, l’assessore Calvano rassicurava l’assemblea dichiarando che il periodo di applicazione transitoria della L.R 24/2017 sarebbe cessato alla fine del corrente anno, la mano tecnica della Regione emanava un “Chiarimento” circa gli effetti del DL 61/2023 (decreto Alluvione) sulle tempistiche indicate dalla legge urbanistica. In sostanza l’intervento “tecnico” rinnova la proroga assimilandola come motivazioni, a quelle che giustificarono un provvedimento similare durante la pandemia: cause di forza maggiore. Ma, prendendo a riferimento il “decreto alluvione”, allarga l’applicazione dello stesso agli interi territori comunali degli 80 Comuni elencati dal decreto, non solo alle frazioni e località direttamente colpite. Così, per tutti gli 80 comuni di due province (Ravenna e Forlì-Cesena) e mezza (Rimini) e la parte est della Città Metropolitana di Bologna, dell’Allegato 1 del Decreto Alluvione, l’entrata in vigore della legge, viene nuovamente rimandata dal gennaio al maggio del 2024″.

In questo modo ci saranno altri 4 mesi per avviare iter di realizzazione di interventi urbanistici previsti da vecchie pianificazioni. Insomma, un regalo ai palazzinari in tempo di crisi climatica e ecologica, con la paradossale motivazione proprio dell’emergenza in corso.

“Dove è lo stop al consumo di suolo di cui si sono tutti riempiti la bocca dopo le alluvioni di maggio? Conta forse più il business che la sicurezza delle popolazioni?” si chiedono le associazioni aderenti a Reca: “E’ ora di finirla con questo transitorio infinito di una legge urbanistica che, secondo le dichiarazioni di Bonaccini e della sua giunta non aveva un transitorio e i cui termini temporali dovevano essere tutti perentori, mentre sono passati sei anni – e così ne passerà un altro – prima che per i comuni scatti veramente l’obbligo di dotarsi di nuovi piani urbanistici, azzerando le previsioni urbanistiche dei piani degli ultimi 50 anni”.

Una legge che comunque, come fatto osservare già da più parti, presenta notevoli criticità e permette ad esempio di continuare a cementificare il 3% del territorio già urbanizzato, in una spirale che si auto alimenta. Una legge che considera progetti “di interesse pubblico” (in deroga) le tante nuove strade e autostrade, passanti e poli logistici che andranno a devastare (e impermeabilizzare) un suolo già martoriato. Per questo la Reca da ormai un anno ha raccolto le firme e presentato una proposta di legge alternativa contro il consumo di suolo, che però è ferma nei cassetti della Regione e non è stata ancora discussa in Commissione.

“Qualsiasi scusa e occasione, persino le più tragiche, diventano ottime per giustificare la prosecuzione dello stupro dei territori e la cementificazione tra le più aggressive d’Italia. Sconcerta dover constatare che, nonostante i fiumi di parole e di lacrime di coccodrillo versati dopo la tragedia della scorsa primavera, in realtà dall’alluvione la Regione non ha tratto le necessarie conseguenze, accelerando – come ci si sarebbe aspettato – l’applicazione di norme pianificatorie più stringenti sull’uso del suolo, ma invece persegua la massimizzazione dei profitti per pochi, anche in quelle aree così duramente colpite. Purtroppo, l’emergenza climatica chiama, ma pare che non ci sia nessuno all’ascolto. Sicuramente non in viale Aldo Moro” conclude la nota della Rete Emergenza Climatica e Ambientale.