Due manifestazioni di protesta, molto partecipate, si sono svolte domenica in Abruzzo per ricordare l’orsa Amarena, uccisa con un colpo di fucile il 31 agosto scorso a San Benedetto dei Marsi (AQ).

La mattina circa millecinquecento persone hanno preso parte a Pescina alla manifestazione indetta da WWF Italia, Lipu, Lav, Enpa, Legambiente, Lndc Animal Protection, Dalla parte dell’Orso, Salviamo l’Orso, Rewilding Appenines, Italia Nostra e Cai Abruzzo.

Ambientalisti provenienti non solo dalla regione ma anche da tante altre località italiane hanno dato vita ad un corteo che si è snodato lungo le vie della cittadina della Marsica.
Il corteo è terminato nella piazza centrale dove si sono susseguiti gli interventi delle associazioni promotrici.
Nel pomeriggio una seconda manifestazione, organizzata dalle associazioni animaliste, si è tenuta a San Benedetto, paese blindato dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa dopo le minacce di morte che sono arrivate all’indirizzo dello sparatore.

Amarena (chiamata così perché golosa di ciliegie) era l’orsa più conosciuta e più amata in Italia.
Numerose erano le sue apparizioni nei piccoli paesi intorno al Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, al punto che era diventata una attrazione turistica.

Proprio alcune sere prima di essere ammazzata era stata filmata nella località di San Sebastiano Dei Marsi insieme ai suoi due cuccioli.
Era una delle orse più prolifiche del Parco.

In una precedente cucciolata aveva dato alla luce quattro orsetti, tra cui il famoso Juan Carrito, morto purtroppo lo scorso inverno, investito da un’auto a Castel Di Sangro.

Dopo l’uccisione della mamma i due piccoli orsi erano fuggiti e si erano dispersi, tanto che si è temuto per la loro sorte.
Ma le guardie del Parco li hanno individuati ed assicurano che essi si sono riuniti, sono tornati in natura e sono in grado di alimentarsi da soli.

A Pescina il primo intervento è stato del presidente nazionale del WWF, Luciano Di Tizio, il quale ha affermato che l’uccisione di Amarena “è conseguenza di un pessimo clima politico, incentivato da alcuni partiti per finalità elettorali, che indicano nella fauna selvatica un nemico da combattere”. “Quanto è avvenuto – ha proseguito Di Tizio – è frutto di una sistematica opera di disinformazione sulla convivenza tra uomo e grandi carnivori. Garantire la conservazione dell’orso bruno marsicano è oggi una delle principali emergenze naturalistiche del nostro Paese. Questo obiettivo deve essere in cima all’agenda italiana per la difesa della biodiversità”.

“Amarena qui era di casa e non ha mai creato problemi di sorta, era un animale buono e amorevole; il rapporto tra cittadini e orsi da noi è stato sempre eccellente – ha detto Mirko Zauri sindaco di Pescina -, tanto che abbiamo collocato nel paese cartelli con la scritta “la città di Pescina ama e rispetta l’Orso”. Gli orsi non sono animali pericolosi, la convivenza tra uomo ed orso è migliorata sempre di più e oggi l’Abruzzo può rappresentare un modello di civiltà per tutta l’Italia. Fatti gravissimi come l’uccisione di Amarena non devono più accadere”.
Negli interventi successivi è stato sottolineato che per ottenere davvero giustizia per Amarena è necessario inasprire le pene, oggi irrisorie, per chi si macchia di simili delitti contro la natura. Le associazioni ambientaliste hanno annunciato che si costituiranno parte civile contro l’uccisore di Amarena e anche il Comune di Pescina sta valutando di fare la stessa cosa. E’ stato anche ricordato che l’Orso bruno marsicano è una specie ad altissimo rischio di estinzione e che se si vuole garantirgli un futuro bisogna cercare di incrementarne il numero, andare oltre i circa 60 esemplari oggi esistenti ampliando l’areale in cui essi possano vivere e riprodursi.

Al riguardo non sono mancate dure critiche alle Regioni e alle Province che, dopo aver firmato il PATOM (il piano di conservazione della specie redatto più di dieci anni fa), non lo hanno mai applicato. Anche il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin è stato messo sotto accusa perché non dà segni di vita nel fare il suo dovere per la conservazione dell’Orso.

Inevitabile il confronto, sollevato da tanti, tra il “modello” Abruzzo e quanto avviene in Trentino, dove ancora una volta il presidente della Provincia, Fugatti, ha condannato a morte in maniera irresponsabile l’orsa F36, firmando un decreto di abbattimento contro cui le associazioni ambientaliste hanno già presentato ricorso. E’ stato annunciato che il 16 settembre alle ore 14 si svolgerà una manifestazione di protesta davanti alla sede della Provincia di Trento.

Più vivace ed agguerrita la manifestazione del pomeriggio, indetta dal Partito animalista europeo, dagli Animalisti Italiani e da altre associazioni animaliste. Anche a San Benedetto dei Marsi la partecipazione è stata massiccia, con diverse centinaia di attivisti arrivati da tutta Italia. La manifestazione si è svolta in forma statica perché la Polizia, temendo disordini, non ha autorizzato il corteo.
Gli animalisti hanno sventolato bandiere con nastro nero in segno di lutto, si sono levate grida di “assassino” e “criminale” e innalzati cartelli con su scritto: “Sappi che hai sparato anche a noi”. “ogni anno – è stato ricordato – 500 mila cacciatori in tutta Italia uccidono milioni di animali. Presunta sicurezza, contenimento della popolazione animale, alimentazione, sport: niente giustifica l’uccisione di un animale!”. Walter Caporale, presidente degli Animalisti Italiani, ha detto che “l’uccisione di Amarena è un atto di bracconaggio che ha scioccato non solo la comunità locale ma l’intero Paese. Stride il silenzio di chi governa l’Abruzzo: paura forse di inimicarsi i voti dei cacciatori? L’anno prossimo vogliamo tornare qui per inaugurare una statua in memoria di Amarena”.

Erano presenti anche allevatori che lamentavano l’uccisione da, parte degli orsi, di agnelli e pecore, e che, perciò, protestavano contro gli animalisti.
Gli allevatori hanno chiamato in causa il Parco perché non fa abbastanza per garantire cibo in natura agli orsi, e questo li spinge all’interno dei paesi.
Va detto, comunque, che per quanto riguarda i danni provocati dagli orsi, il Parco li risarcisce e finanzia agricoltori e allevatori affinché si dotino di sistemi di protezione delle loro proprietà.
Non sono mancati momenti di tensione.
Alcuni petardi sono stati sparati vicino ad un pullman dei manifestanti e una persona del posto è stata identificata dalla Polizia.
Al termine della manifestazione sono stati accesi dei fumogeni di colore rosso per ricordare – hanno spiegato gli animalisti – “ il sangue versato dagli animali innocenti”.