La Sicurezza Sociale statunitense è in pericolo.

Negli USA il sistema pensionistico e di invalidità è in deficit dal 2010. Il suo fondo fiduciario, pari a 2,7 trilioni di dollari, sta diminuendo rapidamente. Gli amministratori della sicurezza sociale, un gruppo che comprende le segreterie dei ministeri del tesoro, del lavoro, della salute e dei servizi sociali, in sinergia al commissario per la sicurezza sociale, prevede un prosciugamento completo del fondo fiduciario entro il 2023. 

Ai sensi della legge attuale, in caso di esaurimento del fondo fiduciario, la sicurezza sociale può pagare le prestazioni solo con le entrate fiscali dedicate, che a quel punto coprirebbero circa il 77% delle prestazioni promesse. Per dirla in altro modo, quando il fondo è esaurito, secondo la legge attuale i beneficiari della sicurezza sociale vedrebbero un brusco taglio del 23% dei loro assegni mensili dal 2034.

In qualità di economisti che studiano i programmi Medicare e Social Security, consideriamo lo scenario sopra descritto politicamente inaccettabile. Un taglio talmente brusco e drammatico indisporrebbe molti elettori. Sfortunatamente, al momento, le azioni necessarie per evitarlo (come aumentare le tasse o ridurre i sussidi) non vengono prese in considerazione seriamente. Ma riteniamo che ci siano delle strategie che potrebbero funzionare.

Da dove arrivano i soldi per i sussidi

All’incirca 67 milioni di americani, la maggior parte dei quali ha almeno 65 anni, riceve i sussidi della sicurezza sociale. L’agenzia eroga più di un trilione di dollari all’anno. È la spesa singola più grande del governo, che si aggira attorno al 20% del bilancio federale totale.

La sicurezza sociale è finanziata da un’imposta sui salari del 12,4% suddivisa equamente tra lavoratori e datori di lavoro. I lavoratori autonomi pagano l’intera quota del 12,4%. Fino al 2023, questa imposta sui salari si è applicata sui guadagni fino a 160,200 dollari. Il governo aumenta questo tetto ogni anno in base agli aumenti dell’indice dei salari medi nazionali, una misura che coniuga la crescita dei salari e l’inflazione. Inoltre, il programma riceve circa il 4% delle sue entrate da una tassa sui sussidi di sicurezza sociale, malgrado non tutti coloro che la ricevono debbano pagarla.

La tassa sulla sicurezza sociale si è mantenuta relativamente stabile dopo il 1990. Ma i costi del programma sono aumentati significativamente nel 2010, in parte a causa delle pensioni anticipate, una conseguenza della Grande Recessione.

La spesa della sicurezza sociale sta subendo una crescita più rapida di recente a causa dell’ondata di pensionamenti dei baby boomer, sommandosi al calo del numero di lavoratori per pensionato.

A detta degli amministratori, i fondi in entrata verranno ulteriormente superati dai costi del programma, il quale continuerà a prosciugare il fondo fiduciario.

In assenza di un’azione immediata da parte del governo, l’esaurimento del fondo fiduciario è previsto solo tra poco più di un decennio. Eppure, pochi membri del Congresso sembrano disposti a fare qualcosa a riguardo. Per esempio, la riforma sulla sicurezza sociale non è stata nemmeno messa in discussione durante i negoziati per il 2023, i quali vertevano sul tetto del debito e sui tagli alla spesa.

Il fondo fiduciario

Da dove proviene il fondo fiduciario che aiuta a coprire i costi del programma?

Mentre il programma di sicurezza sociale raccoglieva le eccedenze degli anni tra il 1984 e il 2009, questo denaro extra finanziava altre spese, mantenendo le restanti tasse inferiori a quanto sarebbero state altrimenti e coprendo parzialmente il deficit di bilancio.

Durante gli anni di surplus, le entrate in eccesso venivano accreditate al fondo fiduciario sottoforma di titoli di Stato ad emissione speciale che rendevano i tassi di interesse prevalenti. Quando questi titoli vengono richiesti per pagare le spese della sicurezza sociale, il Ministero del tesoro li riscatta. Queste obbligazioni fanno parte del debito pubblico lordo di 31,400 miliardi di dollari.

L’ultima riforma durante l’amministrazione Reagan

La riduzione dei sussidi ricevuti dagli attuali pensionati risulterebbe estremamente impopolare. Allo stesso modo, le persone che oggi lavorano e che sono prossime alla pensione si opporrebbero con forza se venisse detto loro di aspettarsi, una volta in pensione, prestazioni inferiori a quelle promesse nel corso della loro carriera.

L’ultima volta che il governo ha apportato dei cambiamenti notevoli in ambito di sicurezza sociale risale al 1983, durante l’amministrazione Regan, adottando riforme che avrebbero ridotto lentamente i sussidi nel corso del tempo. Tali cambiamenti includevano l’innalzamento dell’età per ottenere una pensione piena, e sono ancora in fase di implementazione. In seguito a tali cambiamenti, i lavoratori nati a partire dal 1960 non possono ottenere la pensione completa fino all’età di 67 anni, due anni dopo l’età pensionabile prevista in origine.

La riforma del 1983 prevedeva inoltre l’aumento dell’aliquota fiscale sui salari della sicurezza sociale dal 10,4% nel 1983 al 12,4% nel 1990 e, per la prima volta, imponeva tasse federali sulle prestazioni dei pensionati a più alto reddito. Sui lavoratori gravava l’onere dell’aumento fiscale sui salari, mentre sui pensionati con un reddito più elevato gravava l’onere fiscale sulle prestazioni. Tali cambiamenti hanno sostenuto le finanze del programma, ma non sono più sufficienti.

Durante la presidenza di George W. Bush, la Commissione bicamerale del 2001 per il rafforzamento della sicurezza sociale ha tentato, senza riuscirci, di indurre il Congresso a varare riforme per sostenere le finanze del programma. Da allora non c’è stato alcuno slancio verso la risoluzione del problema.

I 4 principi

Crediamo che politici e legislatori debbano seguire quattro principi se intendono andare avanti.

  1. Il programma dovrebbe essere autofinanziato nel lungo periodo, in modo che le entrate annuali corrispondano alle spese. In questo modo si eliminerebbero le numerose questioni legate alla contabilità del fondo fiduciario e all’incertezza sul fatto che le entrate fiscali della sicurezza sociale vengano impiegate per gli scopi attesi.
  2. L’onere della riforma dovrebbe essere condiviso tra le varie generazioni. I pensionati attuali potranno condividere l’onere attraverso una riforma che riduca il costo della vita. I lavoratori di oggi potranno fare lo stesso mediante un aumento del tetto massimo del reddito soggetto alle imposte sulla sicurezza sociale, in modo da tassare il 90% dei guadagni totali. Anche il continuo e graduale aumento dell’età pensionabile, per tenere il passo con i previsti aumenti della longevità, sarebbe a carico degli attuali lavoratori.
  3. Il governo dovrebbe assicurarsi che, per gli anni a venire, le prestazioni della sicurezza sociale siano adeguate per i pensionati a basso reddito. Ciò significa che le riforme che rallentano la crescita delle prestazioni dei futuri pensionati sarebbero concepite per incidere solo su quelli con un reddito più alto.
  4. Qualsiasi cambiamento relativo alla sicurezza sociale dovrebbe limitare la crescita futura della spesa federale, considerata la crescita attuale e prevista del deficit di bilancio.

I vantaggi di porre fine al ritardo

Sembra che gli Stati Uniti, compresi i cittadini e i funzionari eletti, stiano rinviando un serio dibattito relativo a tale urgente questione, fino all’imminente esaurimento del fondo fiduciario. Questo è poco saggio. Agire al più presto lascerebbe aperte più opzioni per rimediare gradualmente alle carenze finanziarie del programma.

Inoltre, se si ponesse fine a questo continuo procrastinare, milioni di persone che dipendono dalle prestazioni della sicurezza sociale, contribuenti e imprese avrebbero più tempo per prepararsi a qualsiasi cambiamento derivante dalle riforme arretrate.

Di Andrew Rettenmaier e Dennis W. Jansen

Traduzione dall’inglese di Flavia Laneri. Revisione di Thomas Schmid.


Andrew Rettenmaier: Direttore esecutivo associato del Centro di ricerca sulle imprese private, Università  A&M del Texas

Dennis W. Jansen: Professore di economia e direttore del Centro di ricerca sulle imprese private, Università A&M del Texas

L’articolo originale può essere letto qui