Anche l’anno scolastico 2022-2023 è andato in soffitta. Riprendere in mano Il futuro della scuola equivale a riprendere in mano il futuro del nostro Paese, essendo i due destini indissolubilmente incrociati. Eppure, anno dopo anno, la scuola non riesce ad andare oltre la solita retorica, gli eterni problemi, l’insuperabile precarietà, gli immancabili limiti, i vecchi cliché. Vale perciò la pena riprendere tra le mani l’ultimo Rapporto Labsus, che mette al centro l’educazione come bene comune, attraverso un’indagine effettuata su ben 102 Patti che vedono la scuola al centro, insieme a decine di migliaia di persone coinvolte (per un totale stimato di oltre 10.000). La speranza è che il nuovo anno scolastico 2023-2024 possa rappresentare l’inizio effettivo di un cambiamento di rotta verso una scuola che, come afferma la nostra Costituzione, sia effettivamente aperta a tutti, in grado di garantire l’accesso al sapere e il diritto all’istruzione per tutti, senza alcuna discriminazione, indipendentemente dalle condizioni di provenienza e dal contesto sociale.

Il Rapporto elaborato da Labsus in collaborazione con INDIRE – L’Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa – e in particolare con il gruppo di ricerca “Piccole Scuole” propone un’indagine quali-quantitativa sia sui Patti di collaborazione (50) sia sui Patti educativi di comunità (52), e affianca il racconto di pratiche di collaborazione innovative alla riflessione di diversi esperti in materia. A emergere con forza è la necessità di valorizzare il contributo delle comunità educanti a un nuovo modo di “fare scuola”, a partire dai bisogni di ciascuna comunità di bambine e bambini, ragazzi e ragazze, facendo dell’ambito educativo un interessantissimo campo d’indagine per approfondire e sperimentare l’amministrazione condivisa dei beni comuni.

L’indagine, che si è svolta su un campione rappresentativo dei 1.001 Patti presenti nel 2021 su tutto il territorio nazionale, ha evidenziato la presenza perlopiù di comunità abbastanza ampie, che vedono per il 38% dei Patti da 20 a 50 persone attive e, per un altro 30%, oltre 50 persone attive. Alla domanda “Il patto interagisce con attori del territorio che non appartengono alla sfera scolastica?” il 94% ha infatti risposto di sì, andando a rafforzare l’ipotesi che una scuola bene comune è una scuola capace di sconfinare, aggregando una comunità che educa anche al di là dei recinti scolastici. Si tratta di associazioni (80,9%) e soggetti cooperativi (38,3%), di Enti pubblici (76,6%), di cittadini singoli (70,2%), di gruppi informali (57,4%) e di imprese (8,5%), che si prendono cura della scuola come bene comune.

Quali sono gli obiettivi principali di questi Patti di collaborazione?

Gran parte delle esperienze partono dalla cura dello spazio della scuola o dello spazio pubblico adiacente (un’area verde, un orto, un giardino pubblico ecc) per promuovere ad esempio “la conoscenza ambientale e la ricerca scientifica sul campo”, o “rafforzare il senso di appartenenza al territorio e favorire l’aumento del senso civico e del rispetto degli spazi comuni”, ma anche, più in generale per “educare all’ambiente” o “divulgare, formare e coinvolgere la cittadinanza (anche attraverso collaborazione con le scuole) su argomenti di: risparmio energetico, economia solidale, sostenibilità ambientale, sociale ed economica”, o, ancora, per sperimentare l’educativa outdoor. Centrale è anche l’obiettivo di lavorare sulla coesione sociale, attraverso azioni concrete che rinvigoriscano le relazioni all’interno di una stessa comunità territoriale per “favorire la socializzazione” e “rafforzare l’alleanza educativa scuola-famiglia-territorio attraverso percorsi di cura dei beni comuni”, “facendo del territorio una palestra per l’esercizio attivo della cittadinanza”.

I Patti di collaborazione con le scuole, si legge nel Rapporto Labsus, sono anche un’occasione per dare vita a nuovi servizi e così rispondere ai bisogni emergenti delle diverse realtà locali, “condividendo strategie didattiche innovative”, “promuovendo l’innovazione sociale e i servizi collaborativi”, ad esempio aprendo nuovi luoghi della cultura, come “un museo dell’informatica gestito dagli studenti”. Ecco che questi Patti si confrontano così con la possibilità di “aprire la scuola oltre l’orario scolastico”, per fare di questa “un centro di life-long learning aperto a tutti i cittadini”, oppure più semplicemente per ospitare azioni di “supporto ai compiti” o anche, ad esempio, “produrre servizi in una zona svantaggiata” della città. Infine, un tema ricorrente è quello dell’educazione alla collaborazione, anche nella prospettiva di ricostruire un rapporto di fiducia tra società civile e istituzioni pubbliche.

In generale, il 92% dei rispondenti ritiene che le azioni dei Patti siano riuscite a raggiungere gli obiettivi prefissati, mostrando un sorprendente livello di soddisfazione generale sull’andamento delle esperienze pattizie e sulla capacità di queste di rendere operativi e molto concreti obiettivi talvolta molto ambiziosi. Il Rapporto contiene, inoltre, i pareri di esperti e le voci di esponenti delle governance educative locali che hanno sostenuto la realizzazione dei Patti sul territorio e raccoglie esperienze e buone prassi, utili per costruire percorsi formativi specifici per le scuole, sperimentare processi e strumenti collaborativi per sostenere la permanenza di sistemi formativi allargati.

Qui per scaricare il Rapporto.