Ci hanno derubato sfruttando la guerra: distribuiamo quella ricchezza in servizi per le nostre città invivibili!

Ecco dove si terrà lo sciopero: https://fridaysforfutureitalia.it/sciopero-globale-per-il-clima-il-3-marzo-le-motivazioni-e-le-piazze/#dove_si_terra_lo_sciopero

NON ESISTONO PROFITTI LEGITTIMI PER LE AZIENDE FOSSILI

Le città diventano sempre più invivibili, con temperature estreme e stili di vita non consoni a una vita basata sul benessere personale e collettivo. Vediamo come, nei mesi successivi alla guerra, le grandi compagnie del fossile abbiano innalzato alle stelle i loro ricavi a causa della guerra e del rincaro dei prezzi. Gli Stati si sono lasciati trovare impreparati e i governi sono dovuti andare al riparo, cercando di aiutare le famiglie e le imprese (stesse imprese energivore alle quali andavano parti dei soldi). Abbiamo visto Eni fare utili superiori al 700%, in tutto questo periodo, anche ben prima che la guerra scoppiasse. Mentre il costo di vita è già aumentato tantissimo, il governo si è dovuto uniformare alle decisioni europee e prevedere di alzare la tassa sugli extraprofitti con l’aggiunta, quindi, del “contributo di solidarietà” (in legge di bilancio) entro marzo. Anche così però Eni pagherebbe circa 3,7 su 10,4 mld di profitti netti nel 2022. Un dato di fortissima disuguaglianza.

Questi fondi extra non sono stati tuttavia reinvestiti in progetti legati alle energie rinnovabili ma perlopiù in buyback. Questo meccanismo prevede il riacquisto delle azioni stesse per distribuire dividendi agli azionisti. Si è quindi scelto così di andare totalmente contro a quanto scriveva l’Ipcc (pag. 56): “Le emissioni cumulative future di CO2 previste per il periodo di vita delle infrastrutture per combustibili fossili esistenti e attualmente pianificate senza ulteriori abbattimenti, superano le emissioni totali cumulate di emissioni nette di CO2 nei percorsi che limitano il riscaldamento a 1,5°C”

Una classe dirigente che decide di ignorare o non affrontare un problema ormai sotto gli occhi di tutti, è una classe dirigente da cui non ci sentiamo rappresentatə. È una scelta politica ignorare o decidere di non  affrontare il problema. È una posizione politica precisa: un conto economico di voti che questo o quell’altro partito si fa, e alla fine l’intera scena politica prende una posizione. Una posizione a nostro parere ben poco lungimirante perché non tiene conto delle evidenti disparità sociali, delle disuguaglianze e dell’inflazione stessa.

Per risolvere le sfide sociali, economiche e ambientali che affrontiamo oggi, dobbiamo ripensare lo status quo. I governi e le altre istituzioni di tutto il mondo devono abbracciare nuovi modi di pensare e impegnarsi attivamente nell’innovazione dei sistemi diffusi per compiere progressi reali verso un mondo più sano e più prospero. Eppure la maggior parte continua a inquadrare il proprio lavoro all’interno di modelli economici tradizionali, senza riconoscere il danno che sta causando alla società e al pianeta. Questa inquadratura si manifesta spesso in misure a valle, come il trattamento delle malattie respiratorie esacerbate dall’inquinamento atmosferico, piuttosto che investire nel trasporto pubblico; ricostruire dopo le inondazioni causate dai cambiamenti climatici, piuttosto che disinvestire dai combustibili fossili e investire in energia pulita; o concentrarsi su interventi sanitari legati alla cattiva alimentazione, piuttosto che migliorare le filiere agricole e incoraggiare la domanda dei consumatori di alimenti sani. Sebbene gli sforzi per mitigare gli effetti di problemi più grandi siano di vitale importanza, non si occupano delle loro cause profonde e dell’interconnessione.

Gli scioperi. Le manifestazioni. Poi la pandemia. Poi ancora la guerra. Ma queste cose hanno una base comune: la direzione iniqua, consumista e ingiusta che il sistema economico globale ha preso. Possiamo ridirezionare le risorse per assicurare alle persone una vita più dignitosa, un’esistenza serena e appagante, piena di stimoli, di sogni e di speranze. Portiamo avanti le nostre rivendicazioni, che sono la nostra energia che sempre si rinnovano.

La scienza, come sempre, rappresenta un terreno solido ma soffice allo stesso tempo, così come le nostre colonne d’Ercole moderne. Se facciamo quello che dobbiamo, gli obiettivi, anche i più ambiziosi, sono ora alla nostra portata. Ma se andassimo a finire sull’onda sbagliata e la corrente ci trasportasse via, allora potremo esplorare territori sconosciuti dei quali non si conoscono i rischi. E su questo la scienza è sempre stata molto  chiara. Non solo ci ha sempre dato una panoramica e una prospettiva netta sulle cose da fare a livello globale, ma ci dà una visione illuminante su come possiamo vivere le nostre città ogni giorno, su quanto la nostra qualità di vita sia migliorabile e le comunità possano rigenerare risorse.

La scienza ci indica come certi servizi nelle città possono migliorare esponenzialmente la nostra qualità di vita. Allora, è necessario, quanto prima, che i profitti delle grandi aziende del fossile, destinati a ingrassare le tasche degli azionisti, vadano invece a sostenere i servizi. Si, ma quali? I servizi nelle città, le CERS e i trasporti rinnovabili, sostenibili e capillari.

 LE NOSTRE RIVENDICAZIONI SU ENERGIA E TRASPORTI, I PRIMI DUE SETTORI PER EMISSIONI.

Come abbiamo già lungamente analizzato in Agenda Climatica, con l’energia nelle mani delle persone e delle comunità possiamo affrontare le sfide climatiche, ecologiche e sociali collettivamente ed in modo complementare. Le CERS (comunità energetiche rinnovabili solidali) finanziate pubblicamente attraverso i Comuni, ma a gestione cittadina, attraverso associazioni o cooperative, metterebbero a disposizione molteplici benefici:

  • abbassamento dei costi dell’elettricità
  • creazione di posti di lavoro
  • sviluppo delle tecnologie rinnovabili
  • promozione di comunità resilienti
  • rafforzamento del tessuto sociale, riduzione dei consumi energetici e delle emissioni (circa 200 Mton di CO2 in 6 anni)
  • riduzione, attraverso l’autoconsumo, del fabbisogno della rete elettrica in termini di trasporto e distribuzione dell’energia, democratizzazione e decentramento del sistema energetico
  • nuovi strumenti di partecipazione alla vita della comunità

Se vogliamo poi parlare di efficientamento, non possiamo non citare i fondi del superbonus ed il loro corretto direzionamento. Anche in questo contesto, la decarbonizzazione deve restare il pilastro della crescita e della ripresa post-Covid, e l’efficienza energetica si qualifica come uno dei settori ideali per la ripresa economica e la decarbonizzazione. Per sbloccare il processo di efficientamento e  l’impiego delle risorse da recovery fund, sono prioritari i segmenti dell’edilizia scolastica e dell’edilizia residenziale pubblica, le case popolari. Il patrimonio edilizio è il maggiore consumatore unico di energia in Italia, con il 45% del consumo di energia finale e il 39% delle emissioni di gas a effetto serra. Un efficientamento del 2% del patrimonio residenziale (500k alloggi/ 40mln di m2), porterebbe a un potenziale risparmio annuo di 5,5 TWh. Per quanto riguarda il patrimonio edilizio scolastico (51 000 edifici, pari a 73.2 milioni di m2), il potenziale risparmio  energetico annuo è di 13,5 TWh.

All’Italia serve disperatamente una cura. Per quanto possa sembrare un’affermazione scontata, generalista e anche altisonante, noi abbiamo studiato e compreso quale cura serve. In Italia serve la Cura del Ferro. Quando parliamo di Cura del Ferro, intendiamo un potenziamento del trasporto rapido di massa su tutto il territorio nazionale. Ebbene sì, a pensarci bene sarebbe quasi meglio una cura medica. Ma perché serve immediatamente questa cura? Abbiamo poi 1400 km di tratte ferroviarie sospese o chiuse  su più di 19000 km di linee attive totali  attuali. Per uscire dallo storico isolamento fra Nord e Sud, dagli scarsi collegamenti tra paesi, per riuscire a collegare davvero uno Stato, si può stimare un fabbisogno aggiuntivo, rispetto agli investimenti già previsti, di almeno 650 treni regionali, tra nuovi e revamping, di 180 treni metropolitani e 320 tram; inoltre, andrebbero realizzati o finanziati più di 500 km tra tram e metro. Si griderebbe allo scandalo per i numeri spropositati. Si punterebbe il dito contro chi vuole danneggiare l’industria dell’automobile. Ebbene, la spesa complessiva sarebbe di soli 5 miliardi di euro, cifra dilazionabile in dieci anni. Questo meccanismo servirebbe all’Italia se volesse davvero potenziare al 2030 il servizio sulle linee ferroviarie esistenti (andando oltre l’investimento direzionato soprattutto all’alta velocità) e su quelle in realizzazione. Questo sarebbe indispensabile ad un’ Italia che vuole rispettare i target di decarbonizzazione, di cui ha preso coscienza insieme alle altre nazioni europee. L’epoca del gioco del nascondino è ormai finita.

Strettamente correlata alla tematica trasporti pubblici, è l’esigenza di adottare misure di disincentivo all’utilizzo delle auto personali, misure che favoriscano almeno il dimezzamento del parco macchine circolante in favore di quella mobilità sostenibile su cui l’Europa tutta è di gran lunga più avanti. L’italia investe 100 volte più nelle auto (negli ultimi 10 anni +2400 km di strade) che nelle bici per cui serve prevedere quattro volte in più le ciclabili attuali per allinearsi ai livelli europei.

 SUGLI EXTRAPROFITTI, I SAD E LE BOMBE CLIMATICHE

Quanto ancora i governi abuseranno della nostra pazienza continuando su questo modello di profitto? A livello etico, il confronto è impari, la discussione non dovrebbe neanche stare in piedi. Se lo Stato legittima i profitti folli e malsani delle grandi multinazionali del fossile, noi legittimiamo la costruzione di una nuova società, solidale e resiliente. E allora è più che legittimo chiedere che  i S.A.D. (sussidi ambientalmente dannosi), i fondi destinati a sovvenzionare le grandi aziende del fossile, siano spostati per supplire i costi dei servizi. Quando viene messa come prima istanza l’economia a difesa di una vera transizione ecologica, ecco che i fondi ritornano! In Italia ad oggi sono circa 120 le infrastrutture a fonti fossili in valutazione presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica tra centrali a gas fossile, metanodotti, depositi, autorizzazioni per nuove trivellazioni e rigassificatori.

La corsa al gas che l’Italia sta portando avanti non ha davvero più motivo di esistere. Tutte le risorse economiche utilizzate per questi scopi ambientalmente dannosi, potrebbero essere rimesse in circolazione nel giro di pochi anni a favore di una vera transizione energetica: rinnovabili, reti, efficienza, mobilità sostenibile, bonifiche e molto altro.

“Oggi i produttori di combustibili fossili e i loro sostenitori continuano a correre per espandere la produzione, ben sapendo che il loro modello di business non è compatibile con la sopravvivenza umana”. Sono queste le parole pronunciate il mese scorso da Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, durante il World Economic Forum di Davos. E quando le stesse Nazioni Unite confermano che gli ultimi otto anni sono stati i più caldi mai registrati a livello globale, ecco che la nostra rabbia si rinnova. Il rapporto “Global Energy and Climate Outlook 2022” ci informa del fatto che le emissioni globali non sono ancora sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di temperatura dell’accordo di Parigi.

Nonostante l’Agenzia Internazionale per l’Energia abbia affermato che per raggiungere emissioni neutre al 2050 nessun nuovo progetto di combustibili fossili dovrebbe essere avviato, le compagnie del fossile hanno invece in programma numerosi nuovi investimenti, alcuni dei quali si configurano come “bombe climatiche”: progetti di esplorazione ed estrazione di combustibili fossili capaci di emettere in atmosfera almeno un miliardo di tonnellate di CO2 nell’arco del loro intero ciclo di vita. E non c’è da stupirsi che anche l’italiana Eni sia coinvolta in diversi di questi progetti. Già, anche in Italia le micce che accendono la nostra rabbia non sono poche. Ebbene, quella rabbia è senza dubbio energia rinnovabile. Ma sappiamo bene che la rabbia e la critica restano fine a loro stesse, se non si trasformano in azione. Riversiamo le nostre energie nel chiedere a gran voce misure governative concrete ed efficaci. Riversiamo le nostre energie nel costruire quotidianamente una nuova cultura della sostenibilità, dell’uso efficiente ed etico delle risorse e della loro giusta distribuzione, della partecipazione cittadina e della cooperazione, lasciandoci guidare dalle comunità storicamente oppresse e dalle popolazioni che da secoli vivono in equilibrio con il territorio in cui abitano.

SULLA GIUSTIZIA SOCIALE E L’ECO TRANSFEMMINISMO

A soli 5 giorni dalla giornata dello sciopero transfemminista, il 3 Marzo è una data in cui ci aspettiamo che i movimenti ecofemministi, transfemministi e per la giustizia di genere e delle comunità LGBTQIA+  (tra cui Non Una Di Meno) animeranno, insieme a noi, le piazze di tutta Italia, così come certamente avverrà nella data dell’8 Marzo, riportando l’attenzione sui temi del transfemminismo e della violenza sulle donne. La vicinanza di queste due date, ci permetterà di camminare insieme nella preparazione delle manifestazioni.

L’ecofemminismo è una fondamentale chiave di lettura della realtà, che ci può dare gli strumenti per capire quanto le nostre città sono invivibili anche dal punto di vista della parità di genere. Lottiamo per costruire comunità basate sulla cura reciproca e non sull’indifferenza e sul profitto, che sia sul corpo o sul territorio. Manifestiamo con un lungo e teso filo verde/viola che collega le due piazze: queste ci dicono che è possibile camminare insieme, è possibile immaginare un’altra città, è possibile chiedere interventi immediati per il nostro benessere psicologico, sociale e climatico.

Dobbiamo cambiare il modo in cui comprendiamo e costruiamo la salute e la prosperità della società, guardando oltre la crescita economica verso il benessere collettivo e la sostenibilità ambientale.

L’esempio del Kurdistan ci racconta chiaramente che è possibile una società fatta di educazione, di studio e autocritica, di diversità, di lotta al patriarcato, di creazione delle prime forme assembleari solo femminili, di liberazione dai vincoli sociali imposti da comunità restie al ritorno delle donne al cuore dello sviluppo politico, economico e sociale. È possibile una scienza nuova che superi il positivismo bianco, maschile e borghese e riveda lo studio della storia, l’economia, la politica, le scienze secondo criteri nuovi, plurali, femminili.

Il momento storico che stiamo vivendo è cruciale. Palpabile nell’aria il vuoto sociale dopo la pandemia e dopo la guerra, evidenti le contraddizioni fra i profitti delle multinazionali del fossile e la crescente ingiustizia, climatica e sociale, nel mondo e nel nostro paese. Se l’umanità sembra aver perso i suoi punti di riferimento storici, ci sono sacche di attivismo e di popolazione consapevoli dei fenomeni odierni di impoverimento sociale e personale. Alla disgregazione sociale opponiamo nuove comunità, energetiche e sociali. Ai profitti iniqui sulla pelle delle e dei più poveri opponiamo la giustizia climatica come stella polare.

Dunque, chiudiamo consapevol3, tutte e tutti, che la strada è ancora lunga, in salita e c’è tanto da lavorare. Ma noi siamo pronti. Perché camminiamo assieme a tante altre realtà ed esperienze d’Italia con cui condividiamo sogni e lotte, amore e obiettivi. Non siamo l’unione di singoli, siamo una comunità di persone: decine e decine di persone, migliaia in tutta Italia lavorano nei propri gruppi locali. Ma sebbene la nostra forza sia composta da così tante individualità, pensieri e ideali, riusciamo a essere comunità rinnovata e rinnovabile. Perché al di fuori della collettività c’è solo mitomania o ricerca di consensi.

Abbiamo ben chiaro cosa c’è da fare e lo abbiamo steso con inchiostro e rabbia. Siamo determinat3 a cambiare le sorti di questo paese con nuovi strumenti di partecipazione e di attivazione. Per questo, riusciamo a essere una collettività rinnovabile e solidale. Siamo le speranze, siamo i sogni. Siamo la frontiera di una nuova comunità, grazie a tutti i dati che la scienza ci ha messo in mano e che decliniamo città per città, nazione per nazione.

Siamo marea che si spinge sulla battigia, torna indietro, si rigenera e riprende la sua rincorsa. Siamo calda energia che si rinnova. Siamo lə Fridays For Future.