C’è un grande fiume che scende rapido dalle cime altissime dell’Himalaya e si allarga nella pianura fino ad arrivare con un ampio delta nel golfo del Bengala. Come tutti  i fiumi in India è considerato al femminile, portatrice di fecondità: è la Ganga, il sacro fiume Gange.  Nel suo placido discendere verso il mare, la Ganga fa uno strana curva verso nord. E’ precisamente in quel punto, e solo sulla sua riva sinistra,  che da millenni si erge un luogo  particolarmente sacro: Kashi, la città di Varanasi del dio indù Shiva, una delle città più antiche al mondo, con insediamenti risalenti al IV millennio. Era un luogo di grande conoscenza, di erudizione ed è ancora oggi di grande  auspicio terminare qui una delle nostre tante esistenze terrene.

Fu proprio là, nel boschetto delle antilopi di Saranth, a 7 chilometri da Varanasi, che si recò 2600 anni fa Siddharta Gautama per comunicare quello che aveva compreso e realizzato e mettere in moto la cosidetta Ruota del Dharma. Da allora il luogo è circondato da templi  buddisti – giapponesi, coreani, tibetani,  cingalesi,  malesi, thailandesi, vietnamiti – eretti dai tanti diversi popoli che nel tempo sono stati fecondati dalla via del Buddha e hanno così reso un tributo al grande Illuminato.

Anche un italiano  – Valentino Giacomin – ha scelto questo luogo per mettere in pratica  la pedagogia elaborata nel suo nativo Veneto: la pedagogia di Alice, nuova e antica allo stesso tempo, che riporta al centro dell’insegnamento la verità del non dualismo insegnata dagli indù e dai buddisti, per cui tutto è Uno e tutto  è collegato.

Con la pratica della meditazione e dello yoga i bambini sono condotti a fare esperienza dell’impermenenza e dell’interconnessione di tutto ciò ciò che vive e mettono in pratica la presenza mentale insieme alla consapevolezza ecologica profonda.

Giacomin ha vissuto qui dal 1992 e durante la costruzione del primo stupa al centro della scuola ha conosciuto il Lama Khempo Muri Rokaya, che insegnava nella vicina Università tibetana di Sarnath. Di li a poco il Lama lasciò l’insegnamento, perché ispirato dal Progetto  Alice, preferendo la compassione messa in pratica alle dottissime erudizioni delle università buddiste. Tornò nelle sue montagne in Nepal, dove è ora abate di un monastero in una delle zone più difficili, a due giorni di viaggio dalla capitale, nell’arido e isolatissimo distretto del Mustang. Qui si prende cura di una scuola dove vivono e studiano gratuitamente circa 150 bambini del villaggio e la sostiene e finanzia con le entrate del suo lavoro.

Ora il Lama Khempo Muri Rokaya si trova in gravissime difficoltà finanziarie: è rimasto vittima di una truffa e tutti i suoi risparmi, destinati alla scuola e al monastero, sono spariti. Chi  volesse aiutarlo con un bonifico può scrivere alla mail murigkhenpo@gmail.com

Assemblea del mattino alla scuola

Preghiere del mattino davanti allo stupa