È durata dieci ore l’udienza più lunga e accesa del processo Iuventa, in cui si è trattato il tema della qualità dell’interpretazione e della richiesta del governo di costituirsi parte civile.

Il Tribunale ha respinto l’obiezione degli avvocati della Iuventa secondo cui la qualità dell’interpretazione durante gli interrogatori era insufficiente. Il GUP ha ammesso che sono stati commessi molti errori, ma ha ritenuto che questi possano considerarsi “mere irregolarità” e che il significato complessivo delle parti tradotte sia stato sufficiente per una generale equità.

Con questa decisione, il tribunale è andato completamente contro il parere dei periti nominati proprio dallo stesso tribunale. Dopo aver esaminato il materiale audiovisivo dei tre interrogatori condotti fino a quel momento, il perito specificatamente nominato per effettuare la trascrizione dei dialoghi tradotti ha concluso che gli interpreti forniti dalle autorità di indagine non potevano ritenersi idonei, in quanto parti essenziali dell’interrogatorio non potevano essere comprese dall’imputato.

Kathrin Schmidt, imputata della Iuventa: “Il tribunale si rifiuta di garantire pienamente il nostro diritto alla difesa, di poter comprendere le accuse contro di noi, di assicurare una partecipazione effettiva e l’equità del processo. Questo accade in un caso che gode di grande attenzione da parte dell’opinione pubblica, per cui è facile immaginare le conseguenze devastanti nei numerosi casi contro persone migranti che invece non godono della nostra visibilità.

All’udienza del 10 febbraio si è altresì discusso a lungo della richiesta del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio della Presidenza del Consiglio dei Ministri di prendere parte al procedimento, al fine di citare gli imputati per danni.  Gli avvocati della difesa hanno presentato una richiesta di esclusione delle parti, sottolineando che l’atto presentato fosse pieno di errori, sia nella forma che nel contenuto.

Alcuni errori erano talmente gravi che gli avvocati della difesa hanno minacciato di presentare una controquerela per diffamazione, poiché l’istanza includeva reati per i quali gli imputati non sono nemmeno accusati, come l’appartenenza a un’organizzazione criminale transnazionale. Questo ha indotto l’avvocato dello stato rappresentante del governo a scusarsi e ad associarsi alla richiesta avanzata dalle difese di cancellare interi passaggi dall’atto. Il giudice pronuncerà la decisione sulla partecipazione del governo nella prossima udienza del 25 febbraio 2023.

Francesca Cancellaro, avvocata della difesa: “La costituzione di parte civile nelle parti di cui abbiamo chiesto la cancellazione non ha nulla a che vedere né con il capo d’imputazione né con gli atti di indagine, che sono invece la base fattuale e giuridica da cui deriva la legittimazione a chiedere il risarcimento del danno al Ministero dell’Interno. Si tratta piuttosto del frutto fantasioso di un ‘copia incolla’ mal concepito, forse tratto da un altro procedimento in cui il governo era precedentemente coinvolto. Una disattenzione nella redazione dell’atto che mostra scarso rispetto per gli imputati e per il tribunale“.

Salvo l’udienza di rinvio dello scorso 13 gennaio, quella di oggi è stata la prima udienza del 2023, cui seguiranno altre udienze a febbraio, marzo e aprile.