È lecito a una donna affermare di saper riconoscere i segni delle molestie su un’altra donna?

E anche se lei per sua fortuna non ne ha fatto esperienza diretta sul proprio corpo, la sua testimonianza merita di essere presa in considerazione?

Pare proprio di no stando a quanto emerge dalla storia di Marta Camposano e Francesca Lucchetto raccontata da Nicoletta Dosio, tutte e tre attiviste Notav.

Dodici anni fa, durante una delle tante manifestazione in Val Susa contro il Tav la polizia blocca il grande corteo respingendolo con la forza, in prima linea soprattutto giovani; Marta, una di loro, subisce, oltre alle manganellate, molestie da parte di un uomo delle forze dell’ordine. Marta decide di non chiudersi nel silenzio e denunzia ma sarà ancora lei a subire, questa volta, un processo.

La testimonianza di Nicoletta, chiamata a deporre come teste, non viene giudicata attendibile, perché le viene contestato: come avrebbe potuto riconoscere i segni della violenza sulla giovane non avendone esperienza diretta? Contestazione a dir poco sconcertante, perché sembra azzerare le pratiche politiche delle donne dirette ad affermare il principio di inviolabilità del corpo femminile, che è la sorgente primaria  per realizzare una nuova civiltà.

Ma veniamo a Francesca che nel luglio del 2013, durante il processo a Marta assieme alle altre compagne Notav tenta di appendere uno striscione all’esterno del tribunale di Torino (“Se toccano una toccano tutte! Non un passo indietro, solidarietà a Marta”) e che per questa iniziativa negli scorsi giorni, a quasi 10 anni dai fatti, si trova in carcere: dovrà scontare 8 mesi di reclusione perché non le sono state concesse le misure alternative.

Dinanzi alla sproporzione della pena inflitta a Marta rispetto ai fatti contestati e più in generale di fronte al  perpetrarsi e al propagarsi di misure repressive in Italia che fanno come prime vittime le/i giovani dei movimenti, non è possibile non prendere posizione. Siamo tutte/i chiamati a esercitare pressione sul governo perché si attui una politica sensata e lungimirante nei confronti di chi manifesta per la salvaguardia di un territorio, nei confronti delle/dei giovani che esercitano il diritto di dissentire e si oppongono a piani di sviluppo più prossimi agli interessi delle multinazionali e degli apparati finanziari che alla preparazione di un futuro che metta al centro la vita.

NOI DONNE di UDIPALERMO che abbiamo a cuore libertà di espressione, di pensiero e di parola non vogliamo restarcene zitte dinanzi a una vicenda così inquietante!

Ribadiamo il nostro stare dalla parte delle/dei giovani che subiscono misure repressive perché rivendicano una scuola fuori dalle logiche dell’impresa, una maggiore giustizia sociale e il rispetto dell’ambiente.

NOI DONNE di UDIPALERMO invitiamo donne e uomini che credono nel valore della democrazia a chiedere per FRANCESCA, come abbiamo fatto in passato per Nicoletta Dosio e Dana Lauriola, l’ APPLICAZIONE IMMEDIATA di MISURE ALTERNATIVE AL CARCERE.

 

Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale – Udipalermo onlus
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