Il sole si è svegliato presto questa mattina e ha tirato le tende del cielo, affacciandosi tra le nuvole di una fredda domenica di gennaio. Giusto per qualche ora, solo per l’occasione, il tempo di dare il benvenuto a chi come me è appena arrivato a Derry, per i tanti che ci vivono, per tutte le persone che nel pomeriggio hanno marciato per chiedere una giustizia che aspetta da 51 anni.

“An injustice to one is an injustice to all”, recitano i manifesti affissi per le strade; percorrendo le mura della città, avvicinandosi al Bogside, il quartiere repubblicano di Derry, sono sempre più frequenti. E’ lo slogan della 51 marcia annuale della Bloody Sunday, la domenica di sangue, come viene ricordata a causa del suo tragico passato.

Finiti i convenevoli, il sole è tornato a dormire dietro le nuvole, mentre la folla si è radunata, pronta a partire. Sono le 15, le bande in divisa si schierano appena dietro lo striscione principale, in testa 14 persone che reggono 14 croci bianche, ognuna per ogni vittima dei proiettili dell’esercito britannico che il 30 gennaio del 1972 sparò sulla folla inerme che manifestava per i diritti civili in Irlanda del Nord. Doveva essere una grande giornata per il movimento pacifista. Si mobilitarono da tutta l’Irlanda del Nord per partecipare alla marcia. Volevano manifestare in maniera pacifica per dire basta alle discriminazioni, agli arresti e alle detenzioni indiscriminate, alle violenze perpetrate ai danni degli irlandesi cattolici.

Quel giorno, il 30 gennaio, i paracadutisti britannici non uccisero a sangue freddo solo 14 persone indifese, non ne ferirono altre 26. Quel giorno decretarono la fine del movimento pacifista, regalando all’IRA una delle più grandi vittorie di sempre: rispondere alla violenza con la violenza.

La pioggia ha preso a cadere leggera sulla testa delle migliaia di persone che hanno iniziato a sfilare, a tratti fitta, a volte, quando sembrava che fosse finita, ricominciando da capo. Questa è l’Irlanda. La marcia si snoda fra salite e discese, lungo tornanti. Le mani reggono cartelli, striscioni, bandiere arcobaleno e della Palestina, in perfetta sintonia con lo slogan, “un’ingiustizia per uno è un ingiustizia per tutti”.

Si arriva davanti al Free Derry Corner, dove un camioncino ospita il palco dal quale si susseguono gli interventi. Alla fine i manifestanti intonano “We shall overcome” infreddoliti, bagnati, stanchi, ma presenti.

Dal comunicato degli organizzatori della “Bloody Sunday March 2023”

Allora, nessuno si aspettava che il viaggio verso la verità avrebbe richiesto così tanto tempo, ma è troppo tardi per fermarsi ora. Non possiamo lasciare incompiuta la storia della Bloody Sunday.

Se dovessimo fare come ci viene detto e smetterla di insistere per ottenere tutta la verità, i governanti britannici tirerebbero un enorme sospiro di sollievo, credendo di averla fatta franca con l’omicidio. Non possiamo vacillare adesso: lo dobbiamo alle vittime di Derry e alle vittime dell’imperialismo ovunque nel mondo.

Non è vero che la Bloody Sunday è stata perpetrata da un branco di bruti indisciplinati e poco rappresentativi in divisa del reggimento paracadutisti. La follia omicida fu ordinata e orchestrata dai vertici dell’esercito britannico in connivenza con il governo conservatore dell’epoca.

Nessuno ora oserebbe suggerire che il massacro a Sétif e Guelma in Algeria nel maggio 1945, o a My Lai in Vietnam nel marzo 1968, o a Bucha in Ucraina nel marzo dello scorso anno si possano attribuire  a membri fuori controllo dell’esercito francese, americano o russo. In tutti questi casi, come nella Bloody Sunday, gli uomini che hanno premuto il grilletto stavano facendo ciò che era stato loro ordinato dai loro capi politici e militari. Gli omicidi sono stati compiuti al servizio dello Stato.

Questa è la verità che la storia deve registrare. La classe dirigente britannica vuole dire al mondo che la Bloody Sunday è stata un evento terribile, ma che ora è tutto risolto e non c’è più bisogno di essere scortesi con i reali o il loro impero.

Il Bloody Sunday March Committee ha una visione diversa. Marciamo per tutti coloro che ovunque hanno perso la famiglia e gli amici e hanno avuto le speranze di felicità dei loro figli infrante dalle auto blindate, dai carri armati e dai cannoni degli eserciti imperiali.

Sarebbe un po’ forte dire che la verità ci renderà liberi, ma senza la verità sulla Bloody Sunday non saremo mai liberi dalla terribile eredità che il massacro ha lasciato a Derry e al mondo.

Video della canzone “Sunday Bloody Sunday” degli U2